Storie di emigrazione – Leonardo Sciascia: Il lungo viaggio

emigrazione sciasciaQuesto mese non sarà dedicato alla retrospettiva di un autore del Novecento, poiché analizzerò storie di emigrazione: un’altra emigrazione rispetto a quella che sta tanto facendo parlare di sé,ma caratterizzata da analoghi drammi individuali.

Epoca di migranti, la nostra. Forse è meglio dire che ogni epoca ha avuto i suoi. Tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento, ad esempio, gli italiani sognavano l’America. A differenza di quanto accade oggi in Europa, però, anche l’America, sognava gli italiani. Fu il Congresso Americano, infatti, a dare il via all’immigrazione, poiché gran parte di quel Continente era disabitato.

L’indotto di prevaricazione a carico del migrante, tuttavia, è rimasto uguale e non riguarda il Paese ospite, bensì i sui connazionali che lo depredano di tutto prima di caricarlo, come merce scaduta, nelle stive di una nave che rappresenta la speranza di un futuro migliore.

sciasciaIl breve racconto di Leonardo Sciascia, Il lungo viaggio, è l’amara voce di questa realtà. Fedele a quella sua peculiare cronaca storica realizzata attraverso episodi di fantasia, Sciascia scava a fondo nelle radici della sua terra con uno stile vicino al neorealismo appena finito, ma più lirico, più poetico ed, al contempo, più impegnato, che trasforma l’uomo siciliano in un’icona.

“Era una notte che pareva fatta apposta, un’oscurità cagliata che a muoversi quasi se ne sentiva il peso. E faceva spavento, respiro di belva che era il mondo, il suono del mare”.

I protagonisti sono in riva al mare, in Sicilia, la terra che stanno per abbandonare alla volta del “Nugiorsi”, dove si trova “Nuovaiorche”. Lì, ad attenderli, ci saranno i loro parenti, gli amici, il benessere, una nuova vita, dove la parola speranza cancella disperazione.

Eppure non è facile cancellare quella parte di se stessi adagiata sulla terra natia, su quella bella terra di Sicilia.

Il respiro del mare. Sciascia lo descrive in poche parole e riesce a renderlo vivo: un moto ondoso lento, gonfio; l’acqua scura; il soffiare della brezza sulla spruzzaglia. Non è solo mare, quel mare! E’ un pezzo d’anima, è un cuore gravato dall’incognita, colmo di dubbi, di paure.

Costa caro quel viaggio notturno affrontato nel silenzio della clandestinità. Costa tutto quel po’ che hanno. “Duecentocinquantamila lire: metà alla partenza, metà all’arrivo. Le tenevano, a modo di scapolari, tra la pelle e la camicia. Avevano venduto tutto quello che avevano da vendere, per racimolarle”.

Ogni volta che la disperazione della povertà spinge qualcuno ad emigrare c’è sempre qualcun altro che se ne approfitta, che si fa pagare senza ritegno, si fa dare tutto. Tutto. Nel barcone per l’America era il signor Melfa a minacciare botte per i furbi che non avessero avuto i soldi. Paura, umiliazione. I soldi ci sono. Eccoli. Soldi che pesano, perché contengono la casa, il mulo, le coperte, persino i ricordi …

Sciascia è un maestro nel rappresentare il mondo che il vile denaro annienta. Soldi. Rappresentazione di ciò che è stato e non è più. Volgare essenza di un nient’affatto volgare mondo, di una vita fatta di affetti e di ricordi, di amore per quella terra che l’economia, alla quale il mostro denaro è asservito, ha reso invivibile.

Intanto non si fa mai giorno. “E contavano le notti invece che i giorni”. Le notti sembrano più lunghe, sotto coperta, celati agli sguardi di tutti, persino di Dio. Nascosti.

La notte, del resto, è il paradigma del viaggio, sì, ma soprattutto delle loro esistenze. Strappati da un atto di coraggio alla povertà, hanno la notte dentro. Nell’oscurità è impossibile vedere con chiarezza, capire, pensare. Nell’oscurità si brancola, ci si appoggia l’un l’altro, ci si aiuta, ma spesso si affoga. E non è sempre il mare che sommerge le vite. No. A volte sono le speranze stesse, tradite, bastonate, calpestate, a rappresentare il mare nero in cui affogare.

Quando finalmente vedono le luci di una costa in lontananza, sembrano luci più brillanti di quelle siciliane, perché sono l’America; sembrano luci che illuminano paesi più grandi di quelli siciliani, perché sono in America. L’approdo timoroso, i primi passi, le considerazioni entusiastiche. Com’è diverso, qui. Tutto è diverso. Tutto è più bello perché vestito di speranza.

Niente è come sembra, invece. I personaggi di Sciascia si muovono sempre sul binario del Bene e su quello del Male; ebbene, in questo racconto le sue riflessioni sul mondo arricchiscono il tragitto, elevandosi a teorie universali.

Approdano a terra, i migranti siciliani; camminano verso la strada; si danno forza l’un l’altro attraverso le illusioni collettive, ammirando quel che ritengono straniero e, dunque, migliore di quel che hanno lasciato in Patria.

Lentamente, però, si rendono conto di una durissima realtà.

Leonardo Sciascia

Leonardo Sciascia

Non sono sbarcati in America; non sono nel Nugiorsi, sono ancora in Sicilia; non si sono mai mossi dalle acque italiane. Sono stati derubati, turlupinati, raggirati, portati per mare intorno all’isola affinché credessero d’essere in viaggio verso l’America; sono stati assassinati nell’anima, perché a morire è la speranza di un futuro migliore.

Un disincantato Sciascia, con la raffinatezza linguistica che lo contraddistingue e con la capacità di una sintesi quasi musicale, cantilenata al ritmo lento delle onde che, lunghe, muovono delicatamente l’alto mare, ci fa viaggiare a bordo di un piroscafo della speranza, affidati alle mani maledette di un uomo senza scrupoli. Ed un po’ di oscurità ci pervade, se leggiamo con il cuore oltre che con gli occhi, soprattutto al pensiero di altre barche, di altri migranti, di altri maledetti traghettatori senza scrupoli.

di Raffaella Bonsignori

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