Simone Rocha: tra romanticismo, resilienza e inquietudine

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Allo scoccare della mezzanotte, lo scorso 11 marzo, il server del sito cinese di H&M è andato in tilt. Una lunga, lunghissima coda virtuale ha atteso per ben due ore prima di scoprire la linea di Simone Rocha, realizzata in collaborazione con il colosso del fast fashion. Successo riportato anche da Wwd che ha subito condiviso alcuni numeri generati dall’hashtag Simone Rocha x H&M registrando in meno di 24h quasi due milioni di impression.

Simone Rocha x H&M porta grandi risultati

Iniziate nel 2004 con Karl Lagerfeld, le collaborazioni con l’alta moda sono ormai strategie collaudate dell’azienda svedese, che ha permesso anche a brand di nicchia di farsi conoscere a livello globale. Matthew Williamson (2009), Sonia Rykiel (2010), Erdem (2017) sono solo alcuni esempi. Nonostante la pandemia stia accelerando il passo verso un’economia più circolare, mettendo in crisi retail e fast fashion, la capsule di Simone Rocha, composta da una linea uomo, donna e bambino porta grandi risultati per un marchio indipendente, celebrando anche il decennio dal suo lancio, avvenuto a Londra nel 2010, grazie al programma collettivo Fashion East, supportato dal British Fashion Council. “Quando mi sono resa conto che potevo fare la designer – spiega Rocha dal teaser della capsule – ho capito che potevo tradurre emozione, pensiero, prospettiva e storia attraverso i vestiti.”

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“Per il fatto di poter fare qualcosa, e condividerla con così tante persone di tutte le età, di tutte le taglie, di tutte le nazionalità – aggiunge poi – è importante per me raccontare di femminilità, forza e modernità.” Tra i pezzi più instagrammati dell’inedita collezione con H&M c’è il cappotto rosa dalla texture glitterata, in doppiopetto e maniche a sbuffo, insieme al pullover in cotone e alpaca con girocollo di perline in plastica. Entrambi sold out da giorni, sono da considerarsi pezzi iconici del vocabolario estetico del brand che si distingue per un romanticismo inquieto e per l’accattivante sperimentazione di materiali. Elementi stilistici spesso influenzati dalla storia dell’arte e in particolare, dal modello vestimentario rinascimentale, secondo una visione contemporanea della donna che attinge referenze creative anche dal background interetnico della designer: la mamma è irlandese, il papà è John Rocha, stilista di origini cino-portoghesi.

Tra purezza e provocazione: il debutto di Simone Rocha

Nata a Dublino nel 1986, e diplomatasi al Central St. Martin’s College, già dalla collezione debutto (Spring 2011), Simone Rocha mostra una certa dimestichezza nel combinare tulle vaporosi in balze, con insoliti ritagli sartoriali. Una parata in bianco, esaltata da gongolanti copricapo in stile minatore e da colletti argentati in PVC, che mette subito l’accento sull’abile impiego di tecniche stravaganti e sul desiderio di interpretare la femminilità secondo virtù contrastanti, tra purezza e provocazione, forza e tenerezza. Dualità che si confermano centrali, man mano che il modus operandi di Rocha diventa sempre più maturo, attirando già dagli esordi l’attenzione dei retailer più famosi; dai locali Dover Street Market e Matchesfashion, ai newyorkesi Saks Fifth Avenue e Bergdorf Goodman.

Con soltanto due linee l’anno, le sue creazioni sono una tavolozza di ispirazioni animate quasi sempre da figure femminili: dalla scena regale d’Inghilterra, con Anna Bolena e la figlia erede Elisabetta I, alla letteratura vittoriana con i lavori delle sorelle Bronte. Così, una rievocazione sibillina, a tratti dark, porta ai nostri giorni l’immagine della seconda moglie di Enrico VIII. Balze, pelle ed elaborati ricami artigianali plasmano la silhouette, con forme elisabettiane flebilmente esasperate (Fall 2014), mentre il tartan, richiamato con pannelli di lana sul tulle, è romantico e severo, e dipinge la donna Rocha con tocco retro e speciale rinnovamento.

Il design d’interni e gli amori di Simone Rocha

Premiata in diverse categorie dai British Fashion Awards, e da Harper’s Bazaar come Designer of Year nel 2016, dopo la collaborazione con lo statunitense J Brand, nell’agosto nel 2015, apre la sua eponima boutique a Londra in Mount Street, occupandosi anche dell’arredamento; avvalorando la convinzione secondo cui “concepire un abito, un mobile o un complemento d’arredo, alla fine non fa molta differenza”. 

Si tratta di un mondo magico costruito affinché tutto parli di lei. Una mescolanza di abiti e arte (con le opere di Ren Ri, Robert Rauschenberg e Louise Bourgeois) che nel 2017 Rocha replica negli Stati Uniti, con l’apertura a Soho, New York. Si definisce, infatti, una vera amante dell’arte, una passione che riecheggia altezzosa, progetto dopo progetto, e che ben si fonde con il suo amore per la natura, la famiglia, i rituali, Hong Kong, la Cina e l’Irlanda. Sono un omaggio all’artista Louise Bourgeois, infatti, gli arazzi in ciniglia su capispalla e completi sartoriali (Fall 2015). Prime uscite da cui, Rocha cattura l’effetto cangiante del materiale vellutato nei ricami floreali dei leggiadri abiti in organza. 

Tra incursioni in sfarzose epoche lontane e influenze orientali, filtrate da viaggi occasionali ed esperienze di vita – ma anche di morte -, la designer snocciola una forte adulazione per la fotografia contemporanea. È il lavoro di Nobuyoshi Araki, fotografo giapponese che ad esempio ispira la linea PE 2016. In un accattivante intreccio tra purezza e seduzione, sessualità e tenerezza, Simone Rocha gioca con le trasparenze di abiti con maniche a sbuffo, che nel design esasperano i kimono, e con la vegetazione rigogliosa del bambù stampata su gonne ariose in seta, abbinate alle forbite sperimentazioni reticolari di erotici corpetti in plastica.

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Lo stile poetico di Rocha tra forza e inquietudine

Nonostante il romanticismo e la foggia bambolesca, lo stile poetico della designer irlandese si colora spesso di inquietudine anche quando, alla prima esperienza da genitore – con la nascita di Valentine, figlia avuta da Eloin McLoughlin -, non disdegna un ampio ventaglio di sensazioni. Dalle più tenere e luminose alle più oscure; passando dal lavoro a maglia – “come fanno le donne quando aspettano un bambino” rivela a Vogue nel 2016 -, ai grembiuli delle infermiere con perline a semicerchio sul seno, e alle matrone nere che rivelano il lato oscuro del trauma postpartum, risvegliando i macabri ricordi degli ospedali vittoriani. 

C’è sempre qualcosa di crudo e pagano nelle rievocazioni secolari della Rocha, che si lascia guidare dall’istinto e dall’amore per la famiglia, anche quando dopo la visita ai nonni paterni al cimitero di Hong Kong trae ispirazione dalla ricorrenza Qingming (Spring 2019), l’equivalente cinese del giorno dei morti. Alcune protagoniste della dinastia Tang del XVI sono riprodotte a mano su abiti colorati in stile fiammingo che restano velati di funereo, come i copricapi appariscenti, latori di mestizia. Un dialogo tra vita terrena e aldilà, che la designer orchestra intorno all’idea più tradizionale di famiglia, per parlare di ritualità e di ciclicità naturali con gioie e dolori. 

Perché a reggere il vocabolario estetico di Simone, esiste una forza resiliente, pronta a irrobustire una femminilità inquieta e delicata, anche se le immagini si travestono di folclore, con la lana non sbiancata delle Isole Aran e le profezie nefaste di St. Malachy, santo patrone d’Irlanda (Fall 2020). Il bianco, il crema, il nero, il rosso, il blu e il celeste scandiscono i look che prendono religiosità dalle opere di Dorothy Cross. Mentre le reti dei pescatori si intrecciano con la lana e soffici intagli di tulle doppiato, esagerando il volume degli abiti e una serie di rievocazioni pastorali. Una collezione dove c’è di tutto “Processione, battesimo, nascita, vita e perdita” elenca Rocha, che alla fine ammette di avere anche un debole per il cattolicesimo. 

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In un momento precario e instabile come questo, infatti, sceglie la chiesa di St. John’s Hyde Park, e con la collaborazione del compagno Eloin Mclughlin, racconta di fragilità e ribellione.  La linea A/I 21 è opulenta, rock e graziosa, aggettivi che trovano equilibrio in The Winter Rose, plasmata con materiali che la stessa designer definisce “le tre grazie: raso, pelle e tulle”. I volti di porcellana sono ingenui e intensi; ricordano le bambole dell’infanzia e i visi sbiancati dell’aristocrazia rinascimentale, grazie alle trecce arruffate e ai riccioli tutti intorno, impreziositi da perle e orecchini cammeo.

Nella totale assenza di tattilità, visto l’emergenza e il confinamento, l’unico modo per ribellarsi secondo Rocha è con il lavoro, mentre “le tre grazie” hanno l’arduo compito di evocare stati d’animo contrastanti, dominati dai “fiori rampicanti e resistenti” che si caricano di dramma proteggendo le silhouette. Tra romanticismo, resilienza e inquietudine, come soffici nuvole di armature, marciano contro il vociare in sottofondo che soffia di calunnia, proprio come un venticello.

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