Serendipità ed etica: le creazioni di āim/handmade in Italy

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C’è Olivia, primogenita indiscussa. E poi Sofia, Alice, Mina, Leo. Hanno nomi di persona le creazioni handmade di Annamaria Mongillo, designer di origini campane con un passato e una quotidianità ritmata dal lavoro di consulente freelance. Michael Kors, Coccinelle, Kate Spade, sono solo alcuni dei brand – italiani e internazionali – con cui la creativa collabora per tanti anni, prima di sentire sulla propria pelle quella cortina di serendipità che le permette di visualizzare in chiaro il suo scopo. “Aim (tradotto dall’inglese significa mira, scopo ndr) è nato un po’ per caso” racconta infatti la Mongillo dagli spazi di Showcase. “Passeggiando in un mercatino vintage a Napoli avevo trovato una borsa anni 70 che mi era piaciuta molto, ma al momento di utilizzarla non avevo in mente un cliente per cui potesse essere adatta, quindi l’ho portata in fabbrica e ho detto: proviamo a farla con degli aggiustamenti? Alla fine quella borsa l’ho indossata, e la gente mi chiedeva dove l’avessi presa, così ho capito che c’era qualcosa e ho deciso di farne un progetto”. 

Una laurea in Economia, i disegni, la moda e il lockdown

Una laurea in Economia e la passione per i disegni e la moda portano la creativa a una piena consapevolezza del prodotto, realizzato senza avere i piedi in aria e una visione commerciale piena. E di quella passeggiata in mercatino è il manico che accende la sua attenzione, il resto lo fa l’esperienza ventennale e il lockdown, un periodo surreale che le permette di avere tutto il tempo necessario per lavorare sulla parte della comunicazione digitale; componente essenziale che in altri momenti, a detta sua, avrebbe tranquillamente trascurato. Dal profilo Instagram, infatti, le borse āim campeggiano in un cromatismo essenziale, e si distinguono subito per la geometria accattivante e per quel desiderio di tattilità che sembrano volerti stuzzicare. Caratteri che, traslati dal vivo, confermano la necessità di quell’approccio fisico avvezzo nel rivelare dettagli, dietro una tangibile selezione di materiali pregiati.

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A Roma Fashion Week: le creazioni di Annamaria Mongillo

Durante l’ultima edizione di Roma Fashion Week, Annamaria Mongillo ha un abito verde brillante e la mascherina sul volto, e sottotitola le sue creazioni libere di esibirsi davanti i nostri occhi in una consonanza di morbidezza e rigidità. Si tratta di una ricerca di equilibrio, per cercare di trasmettere un’idea di bellezza nata dall’armonia tra maschile e femminile. “Una sorta di integrazione – chiosa -, perché il mio obiettivo è voler riunire entrambi i generi, o meglio i loro aspetti; il manico è rigido e possiede quell’energia maschile, adatta a sostenere il corpo della borsa che invece è simbolo del femminile, dell’accoglienza”. Olivia, nelle versioni large e mini, si fa portavoce di tutto ciò, mentre il design geometrico è un po’ l’ossessione della Mongillo, forse perché in un’altra vita avrebbe dovuto fare l’architetto, dice sorridendo. 

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Oltre all’ideale estetico, la serendipità è leitmotiv del progetto āim, secondo quel principio di casualità che bandisce ogni pianificazione, lasciando la sua impronta anche nei colori e nella selezione dei pellami, che si fanno quasi trovare dalla designer. “Io non faccio produrre nulla. Non mi interessa avere quel punto di rosso o una lavorazione specifica. Vado in fabbrica e chiedo: che c’è? Quali colori ci sono? Poi, se vengono fuori solo dieci borse, pazienza”. Serendipità e moda sostenibile dunque, ma procedendo in maniera reale e pragmatica, grazie a borse senza tempo e puntando a prodotti di pregio che restano fuori dal mordi e fuggi stagionale. E questo vale anche per l’iconico manico, perché non finisce mica qui la sua opera. A suggerirlo c’è Leo, nato dallo scarto del suo taglio. La mini pochette da portare al collo o come casetta per nascondere piccoli tesori nella borsa, recita la didascalia ufficiale. 

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La designer, infatti, persevera nell’artigianalità e nella messa in atto di un approccio sempre meno impattante, che trova cassa di risonanza anche nell’utilizzo della vera pelle, da sempre materiale di scarto, destinato a un processo di riciclo. “Un’attenzione particolare invece, si dovrebbe dare alle concerie; in Italia ci sono molte realtà attente a non consumare troppa acqua, inquinando il meno possibile con sistemi di depurazione che sono davvero efficienti. Io sono vegetariana da tanti anni – conclude -, e fin quando ci sarà gente che mangia carne, la pelle dell’animale ci sarà sempre.” 

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