Scoperto il fossile più antico della Terra

foss1E’ di pochi giorni fa il ritrovamento nella Groenlandia occidentale, da parte di un gruppo di ricercatori australiani, di un fossile di organismi unicellulari che vivevano in un antico fondale marino (batteri e alghe microscopiche), rimasti intrappolati in formazioni rocciose sottoposte a temperature e pressioni elevate.

D’altre parte, fino a mezzo miliardo di anni fa, le uniche forme di vita esistenti erano di tipo microbico e il ritrovamento è stato possibile per via della parziale fusione di un ghiacciaio che ha esposto le formazioni rocciose sottostanti.

L’aspetto rilevante della scoperta sta nello spostamento all’indietro dell’orologio che indica la comparsa della vita sulla terra. A questo punto parliamo di circa 200 milioni di anni prima rispetto alle formazioni più antiche fino a quel momento ritrovate. I ricercatori hanno infatti estratto dalle rocce campioni di sedimenti (cosiddetti stromatoliti) sottoponendoli alla datazione assoluta per mezzo dell’analisi degli strati di cenere vulcanica in cui erano inglobati. E’ risultata una datazione di 3,7 miliardi di anni, in un Precambriano ancora più lontano, durante il quale la Terra era bombardata dagli asteroidi e l’atmosfera, priva di sufficiente ossigeno, oscurava il Sole.

Non solo. La complessità delle strutture scoperte e del loro ambiente, ha portato i ricercatori a concludere che queste forme di vita abbiano alle spalle già una “preistoria” e che la vita avrebbe avuto inizio ben prima di 4 miliardi di anni fa, precisamente nell’Adeano (il primo dei tre eoni del Precambriano). Questa considerazione chiama direttamente in gioco l’esobiologia, ovvero quel campo della biologia interessato alle forme di vita su altri pianeti e Marte, considerando che abbia potuto attraversare condizioni di abitabilità simili al nostro pianeta, è il primo candidato ad essere studiato ancora più approfonditamente in questo senso.

di Alessandro Gabriele

Fonte: La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, si deve al gruppo di Allen Nutman, dell’Università australiana di Wollongong.

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