Renato Guttuso, il maggiore pittore italiano della seconda metà del XX secolo

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Renato Guttuso. È stato, probabilmente, il maggior pittore italiano della seconda metà del XX secolo. Sicuramente, l’unico “gigante” rimasto fedele alla pittura figurativa in un’arte ormai dominata dall’astrattismo e dal dadaismo. Il figurativo di Guttuso rientra nel più ampio campo del realismo che dominò in Italia nel secondo dopoguerra. Oltre che nella pittura anche in letteratura e nella cinematografia. Alcuni hanno anche denominato “realismo socialista” l’arte di Guttuso, in coerenza con la sua mai rinnegata ideologia politica.

Come sempre le etichette, nel loro semplificare, non esprimono mai il fenomeno complesso che si vuole descrivere. Accanto al realismo della tematica pittorica, infatti, non si può negare in Guttuso un evidente espressionismo della rappresentazione. L’espressione delle sue figure, infatti, è dilatata per suscitare emozione nell’osservatore. Nei suoi quadri, anche la frutta è imperfetta, marcia. I volti sono scavati o comunque irregolari. I suoi cavalli, pur riportati alla figurazione delle forme, recepiscono le espressioni adottate da Picasso in Guernica. Esaminiamo le opere più rappresentative del maestro siciliano.

Il realismo socialista di Renato Guttuso

Il cosiddetto “realismo socialista” appare già quando, appena ventenne, Guttuso dipinge una straordinaria Fucilazione in campagna. È un’opera di denuncia della barbaria della Guerra civile spagnola, in piena dittatura fascista. Nel 1939 il maestro è tra i fondatori di “Corrente”, una rivista culturale di ispirazione antifascista. Nel 1940 prende la tessera del PCI clandestino. Nello stesso anno Guttuso dipinge un’eccezionale Crocifissione che desta polemiche nella critica e la reazione delle gerarchie ecclesiastiche.

Le tre croci del Calvario sono affrontate e il volto di Cristo è nascosto da quello di uno dei due ladroni. Tutti i personaggi della scena sono nudi. Una Maddalena (o una Veronica) nuda tenta di coprire Gesù con un lenzuolo che pende da un braccio della croce. Si intravede un’altra donna disperata a braccia aperte (Maria?) ma con il volto nascosto. Nudi sono anche due soldati a cavallo. Gli animali ricordano il terrore di quelli picassiani di Guernica. I colori del quadro quelli del fauvismo di Matisse.

L’impegno civile di Renato Guttuso

Nel dopoguerra, Guttuso fonda Il “Fronte Nuovo delle Arti”, con il quale tenta di arginare l’avanzata dell’arte non figurativa. Firma il “Manifesto della nuova secessione artistica italiana”. Un’area che cerca di coniugare l’esperienza del cubismo con quella dell’espressionismo.

Segue il periodo di maggiore impegno civile del maestro. Nel 1947 dipinge Occupazione delle terre, Portella della Ginestra e Marsigliese contadina. Tre quadri dedicati alle battaglie politico-sindacali dei contadini siciliani. Del 1972 sono I funerali di Togliatti, un’opera probabilmente concepita già nell’immediatezza del grave evento (1964). In mezzo a un tripudio di bandiere rosse, i volti della folla sono rigorosamente tracciati in nero. In essa spiccano i grandi del comunismo: Lenin, Gramsci, Berlinguer, Longo, Amendola, Pajetta, Ingrao. Ma anche papà Cervi e importanti donne come Nilde Jotti – compagna dello scomparso – Dolores Ibarruri e Angela Davis.

Renato Guttuso, Marta Marzotto e la Vuccirìa

Nel 1967 Guttuso incontra Marta Marzotto, che sarà per un ventennio la sua modella e musa ispiratrice. I quadri successivi traboccano di nudi femminili rappresentanti la sua amante. I volti sono spesso senza alcun tratto di riconoscimento. Denunciano un avvicinamento del maestro siciliano all’espressionismo di Modigliani.

Del 1974 è il suo quadro forse più importante: la Vuccirìa. È ambientato nel più popolare mercato palermitano. I colori ricoprono quasi tutta la superficie lasciando pochi spazi bianchi. Soltanto le uova, qualche mattonella e alcuni indumenti dei presenti. I pochi personaggi rappresentati sono sommersi dalle merci in vendita sui banchi. Le verdure sono in primo piano mentre in fondo sono posti i banchi della frutta vivacemente colorata.

In alto a sinistra sono appesi un quarto di bue e un coniglio spellato. A destra vi sono i banchi del pesce, tra cui spicca un enorme testa di pesce spada. Le povere bestie sembrano urlare il loro terrore nell’attimo dell’uccisione. Nel 1980 Guttuso dedica un acquerello alla strage di Bologna, dal titolo Il sonno della ragione genera mostri, ripreso a un’opera di Goya.

La morte e la sua asserita conversione

Al termine della sua vita, Guttuso si riavvicina a sua moglie Mimise, gravemente malata. È particolarmente colpito dalla sua morte, pur avendola ripetutamente tradita. Lo ha fatto, oltre che con Marta Marzotto anche che con l’olbiese Carla Piro, moglie di un notabile democristiano.

Seguendo probabilmente i consigli della moglie moribonda, Guttuso adotta il critico d’arte Fabio Carapezza e lo nomina erede universale. Dopo pochi mesi viene meno. È commemorato con una cerimonia pubblica e una religiosa, in un’atmosfera da funerali di Stato. Durante l’omelia il celebrante, monsignor Angelini, dà testimonianza della conversione religiosa del maestro scomparso.

Le cause per l’eredità di Renato Guttuso

Dopo la morte, un altro colpo di scena. Carla Piro sostiene di aver avuto da Guttuso suo figlio Antonello Cuzzaniti. Ne nasce una causa per l’eredità che termina solo dopo cinque anni con la rinuncia dello stesso Cuzzaniti. Un’altra causa sorge tra il figlio adottivo Carapezza e la contessa Marzotto. La nobildonna si riteneva autorizzata ad autenticare le opere di Guttuso rimaste in suo possesso.

La Cassazione sancisce la titolarità di Fabio Carapezza, unico erede del maestro scomparso, a conferire l’autenticazione alle opere in circolazione. Carapezza fonda gli Archivi Guttuso, cui destina lo studio di Piazza del Grillo del padre adottivo. Sino ad oggi ha oggettivamente difeso e salvaguardato egregiamente l’opera e la memoria del grande artista.

Fonte foto: katarte.it

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