Reddito di cittadinanza, più luci che ombre nonostante i molti detrattori

Reddito di cittadinanza. Il Premier Giuseppe Conte ha dichiarato in conferenza stampa di essere intenzionato a rivederlo, insieme a Quota 100. Non verrà abolito ma perfezionato, ritoccando i limiti e correggendo gli errori che negli ultimi 12 mesi non hanno permesso la corretta applicazione delle norme. O, al contrario, non ne hanno garantito la buona riuscita.

Conte ha fatto sapere che il suo intento è quello di migliorare la misura non tanto dal punto di vista assistenziale, ma dal punto di vista occupazionale. Lo scopo, ha spiegato, è quello di combattere la povertà garantendo percorsi di formazione e inserimento lavorativo ai beneficiari del sussidio. Ma, soprattutto, attribuendo più risorse ai centri per l’impiego.

Reddito di cittadinanza, cos’è

Il reddito di cittadinanza è stato uno dei cavalli di battaglia del M5S. Forse quello che, nel 2018, gli ha consentito di ottenere la maggioranza relativa in parlamento. Il suo fine era quello di riformare il sussidio di disoccupazione, integrandolo economicamente e aprendolo a tutta la platea dei disoccupati. Riservandolo non soltanto a chi ha perso il lavoro. Ciò, secondo i suoi ideatori, avrebbe aumentato la capacità di spesa delle categorie meno abbienti. Di conseguenza, un corrispondente ampliamento della base produttiva, con vantaggi per l’intera economia.

I detrattori, invece, hanno subito fatto notare che, il sussidio, per la sua esiguità, veniva considerato dai suoi percettori come uno stimolo per rientrare nel mercato del lavoro. Il reddito di cittadinanza, invece, avrebbe avuto effetti negativi sull’occupazione. Difficilmente, infatti, avrebbe indotto i beneficiari a rimboccarsi le maniche per cercare lavoro, visto che, in tal caso, non avrebbero più beneficiato di un discreto contributo.

Inoltre, le cassandre hanno subito fatto notare che la misura avrebbe ostacolato l’emersione del lavoro nero. Ad essa, infatti, possono accedere anche i lavoratori non contrattualizzati, non risultando statisticamente tra gli occupati. Il gran numero di richieste di Rdc nelle regioni meridionali, dove il lavoro nero è molto più esteso che nel resto della penisola, sembrava confermare tali supposizioni.

I dati che l’Anpal aveva diffuso il 21 ottobre avevano dato la stura alle più fosche previsioni. Probabilmente, è stato ciò ad indurre il premier Conte ad annunciare una revisione della norma in senso più favorevole all’aspetto occupazionale. Sicuramente, gli uffici deputati alla gestione della misura sono già stati sollecitati in tal senso. I nuovi dati, pubblicati a fine anno, infatti, sono risultati molto migliori. Esaminiamoli.

I “numeri” dei beneficiari del Reddito di cittadinanza nelle sue varie forme

Il numero dei beneficiari tenuti a sottoscrivere il “Patto per il lavoro” e, quindi, definiti “avviabili” al lavoro è di 791.351. Con la stipula del patto, il beneficiario si impegna ad accettare almeno una di tre offerte di lavoro definite “congrue”. Con tale definizione si intende quelle raggiungibili in almeno cento minuti da casa. Comunque devono essere localizzate almeno entro 100 km dalla propria residenza. In caso contrario si ha la perdita del beneficio.

Al 13 dicembre, ben 422.947 beneficiari sono stati convocati dai centri per l’impiego per la stipula del Patto. Poi, hanno partecipato alla fase preparatoria di ricerca per l’ottenimento di un offerta congrua. Il percorso è stato iniziato dal 78% (331.614) dei convocati. Il rimanente 22% è risultato composto in gran parte da esonerati (44.166). 15.016 non si sono presentati o comunque sono stati sanzionati.

Il 67% dei partecipanti alla fase preparatoria (220.430 beneficiari) è attualmente assistito per l’ottenimento di una congrua offerta. Ora, è vero che, a tutto il 10 dicembre, solo 28.763 persone hanno sottoscritto un contratto di lavoro, dopo aver beneficiato del rdc. Ma il percorso descritto sta solo progressivamente entrando a regime. Di questi 29mila circa, il 67,2% ha un contratto a tempo determinato, il 18% a tempo indeterminato, il 3,8% in apprendistato. Il 67,9% ha un’età inferiore ai 45 anni; il 58,6% sono uomini e il 41,4% sono donne.

L’incremento della funzionalità delle strutture pubbliche è comunque un ottimo risultato

Tutte queste cifre non comprendono i beneficiari di reddito di cittadinanza avviati ai comuni per la sottoscrizione del “Patto d’inclusione sociale”. Si tratta di coloro che rientrano delle categorie più svantaggiate o facenti parte di famiglie che versano in particolari situazioni di svantaggio sociale. La legge prevede che i comuni debbano valutare un ventaglio più ampio di interventi. Ciò al fine di integrare la proposta lavorativa, affinché sia loro garantito un percorso di fuoriuscita dalla povertà.

Secondo il Presidente dell’Anpal, Mimmo Parisi, la misura e l’attività dei centri per l’impiego, sta funzionando in tutto il territorio nazionale, compreso il Mezzogiorno. Il merito, secondo Parisi va distribuito in parti uguali ai circa 2800 navigator contrattualizzati dalle Regioni per l’operazione e ai circa 340 dipendenti dei Centri per l’Impiego. Non dimentichiamoci inoltre, dei tanti impiegati comunali, impegnati in tal senso. Sicuramente, a nostro parere, la misura sta contribuendo ad incrementare la funzionalità e l’efficacia delle strutture pubbliche di orientamento al lavoro e di sostegno sociale.

Fonte foto: Cgil-Fp

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