Ospedale di Procida: metafora del Sud

ospedale procida

Procida: perla del Sud, metafora del Sud.

Procida – Le acque del mare dell’isola timidamente salita di recente alla ribalta nazionale si costellano di puntini bianchi. Così appaiono le decine di carene delle imbarcazioni impegnate nel corteo via mare che si è svolto stamattina nell’azzurro dell’Isola di Arturo. La motivazione è tristemente nota solo a coloro coinvolti da vicino nella paventata chiusura del presidio ospedaliero locale, o a chi ha avuto la fortuna di assistere alle poche trasmissioni che se ne sono occupate a livello nazionale. Già, perché il bel paese che per bocca delle istituzioni fa sfoggio delle bellezze nostrane, senza minimamente preoccuparsi della popolazione, quasi ignora il dramma che vivono i procidani. Come più volte sottolineato dal sindaco Ambrosino, la chiusura del presidio ospedaliero intitolato a Gaetanina Scotto di Perrotolo comporterebbe lasciare scoperti di garanzie di primo soccorso la popolazione isolana (Procida è l’isola più densamente popolata d’Europa) e i circa 250.000 turisti che ogni anno si riversano per le tranquille stradine procidane.

Paradossalmente Procida, paradossalmente Sud

procidaIl paradosso dell’isola partenopea parte da qui, già dal nome dell’ospedale: Gaetanina era una coraggiosa infermiera che perse la vita in un incidente occorso in occasione del trasporto di un bambino in eliambulanza. Il provvedimento della Regione Campania, il Nuovo Piano Ospedaliero, che segue le direttive del decreto ministeriale 70/2015, decreta “la soppressione del PSA h24 e la sua sostituzione con un Punto di Primo Intervento con 4 posti letto di osservazione breve (OBI), e un Ospedale di Comunità, gestito dai medici di famiglia”. Il Piano, che banalmente non tiene conto che il territorio di riferimento è un assembramento tufaceo di 3,4 km quadrati a 12 miglia nautiche da Napoli, sembra calcare la mano su una situazione che, a partire dall’ambito sanitario, sembra legata indissolubilmente all’aggettivo “vergognoso”. Come vergognosa è stata la necessità, qualche mese fa, sentita dai medici di Napoli e Bari, di rendere pubblica una campagna che denunciasse l’inesistenza di fondi statali al Sud. “HO UN TUMORE. In Norvegia sopravviverei di più” recitava il copy della campagna da brividi.

Ancora, vergognosa la chiusura di pochi giorni fa del reparto di Terapia del Dolore dell’Ospedale Cardarelli di Napoli. Pardon, non un ospedale, un’A.O.R.N.: Azienda Ospedaliera di Rilevanza Nazionale, il più grande da Roma in giù.

Il danno e la beffa

procida 2Colpo di grazia a un Sud devastato dagli sgambetti dello Stato: il silenzio. Il silenzio dei giornali nazionali che si sono occupati della vicenda solo tra qualche pagina locale. Silenzio dei media Tv che hanno relegato l’accaduto a 10 minuti in programmi d’approfondimento a orari improbabili. Silenzio del Parlamento sottoposto a interrogazione in merito due mesi fa. Silenzio.

Unica cassa di risonanza alla voce di un popolo che non ci sta è il solito, immancabile Facebook, che pure armato della voce di decine di Vip e centinaia di persone in giro per il mondo uniti dall’hashtag #lospedalenonsitocca, ha un’eco relativa. Proprio, dalle pagine e dai post del social network che partiamo per allargarne l’effetto di propagazione e ci uniamo alla lotta degli autoctoni in difesa dell’Ospedale di Procida

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