Omnia Venalia (Tutto in vendita)

Maccari-CiceroPer chi ama Roma viverci richiede capacità di sopportazione fuori dal comune. Osservare il malcostume dei romani, il comportamento di amministratori e politici, le malefatte di delinquenti comuni e criminalità organizzata mette a dura prova le resistenze dei più inossidabili estimatori delle bellezze della città eterna, ricca come nessun’altra al mondo di storia e di cultura. Ricca, tuttavia, anche di corrotti e di corruttori, di disonesti e malandrini di ogni specie. Non di loro si parlerà in questo articolo.

Non di mafia capitale, né di sindaci inetti nè dei loro salati conti al ristorante, né di funerali con banda e cocchio a sei cavalli racconteremo. Ma di storia, quella con la esse maiuscola. La storia che da piccoli leggevamo nei libri di scuola e che personalmente ho avuto il privilegio di apprendere dall’enciclopedia dei ragazzi “Il Tesoro”, che un bel giorno fece la sua apparizione in casa. Avevo più o meno dieci anni e negli otto pesanti volumi di quell’enciclopedia avrei trovato di che soddisfare la mia curiosità e anche, permettetemelo, la mia sete di sapere.

Allora non c’era internet (che bello!) e la TV in bianco e nero aveva due soli programmi e trasmissioni razionate. Anche i giocattoli erano scarsi. Così quegli otto libroni diventarono amici generosi, discreti, fedeli. Volentieri trascorrevo le ore sfogliando quelle pagine, fantasticando e imparando al tempo stesso. Vicende, personaggi, nomi, luoghi e date della storia delle grandi civiltà: Fenici, Egizi, Assiro Babilonesi. E poi la civiltà minoica e poi ancora quella greca e quella romana. Fu così che compresi cosa significasse il termine “culla della civiltà” o anche “mare nostrum” dato al Mar Mediterraneo.

Vivendo nel meridione a pochi chilometri da quel mare, era per me motivo di orgoglio trovarmi geograficamente al “centro” della storia. Pensate, duemila anni fa non c’era un solo metro della costa del Mediterraneo che non fosse sotto Roma. Ma impossessarsene era costato anni ed anni di lunghissime lotte tra le sponde di quel mare. Le guerre puniche, ad esempio, si combatterono per oltre un secolo e terminarono nel 146 a.C. con la distruzione di Cartagine.

Oggi vorrei ricordare un personaggio che colpì la mia attenzione durante quelle letture. Il personaggio in questione si chiamava Giugurta e visse in Africa, 2150 anni fa, nella Numidia, ma morì a Roma. A quel tempo la Numidia era abitata da una popolazione berbera e, a seguito delle guerre puniche, era in parte divenuta provincia romana. Il suo territorio corrispondeva all’attuale Algeria orientale e si estendeva fino ai confini con le odierne Tunisia e Libia.

Giugurta non aveva sangue blu. Egli era soltanto un nipote, peraltro illegittimo, del re numida Massinissa, alleato dei Romani durante le guerre puniche. A Massinissa successe Micipsa che inviò Giugurta in Spagna a combattere con i Romani al fianco di Publio Cornelio Scipione l’Emiliano. In Spagna Giugurta si distinse e per questo motivo, prima di morire, Micipsa lasciò il vasto territorio del regno anche a lui oltre che ai propri figli Aderbale e Iempsale. Ma commise l’errore di non definirne la divisione.

Giugurta_monetaIn breve nacquero dispute e Giugurta si diede subito da fare per eliminare i suoi contendenti. Ci riuscì con l’astuzia, la menzogna e l’inganno, diventando così padrone e sovrano dell’intera Numidia. Mentre combatteva contro i due fratelli, si tenne buoni i Romani più influenti inviando loro ricchi doni. Ciò non bastò ad evitare che Roma mandasse in Numidia il proprio esercito per controllare ciò che stava accadendo. Ma sia il pretore Lucio Opimio prima, sia il console Lucio Calpurnio Bestia dopo, furono corrotti.

Fu a questo punto che il Senato romano decise di convocare il re numida per sottoporlo ad un interrogatorio. Ricevute rassicurazioni sulla propria incolumità, Giugurta si recò a Roma dove corruppe il tribuno Caio Bebio che pose il veto sull’interrogatorio. In pratica, una sorta di legge “ad personam” ante litteram. Il processo fu interrotto e Giugurta fuggì.

La storia narra che tornato in Numidia egli abbia affermato “Omnia Romae venalia sunt” – “A Roma tutto è in vendita” – una frase destinata a diventare celebre. Pensava di averla fatta franca, ma ormai le sue malefatte erano state smascherate. L’esercito fu nuovamente inviato in Africa. La guerra fu combattuta a più riprese e vi presero parte i consoli Quinto Cecilio Metello e Caio Mario. Alla fine Giugurta fu catturato e portato a Roma. Qui fu gettato nelle carceri sotterranee del Foro Romano dove morì di fame. Alla sua morte il Senato decise di istituire un tribunale speciale che doveva processare tutti coloro che si erano fatti corrompere.

Le gesta di Giugurta sono giunte a noi grazie allo storico romano Sallustio che visse alcuni anni in Nord Africa. Sicuramente Giugurta non fu il primo uomo a fare uso della corruzione, tuttavia egli lo fece sistematicamente, alla luce del sole, usando metodi spudoratamente sfacciati. Ciò, naturalmente, nulla toglie alle colpe di coloro che si fecero comprare. La frase “Omnia Romae venalia sunt” forse fu solo un’espressione forte usata da Sallustio allo scopo di descrivere in modo inequivocabile il dilagante malcostume nella Roma repubblicana, peraltro afflitta da numerose lotte intestine, complotti e congiure.

21 secoli dopo le cose non sembrano esser molto cambiate.

di Pasquale Episcopo

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