Omicidio di Vasto: giustizialismo o giustizia?

vastoUna delle vicende di cronaca che ha scosso il nostro paese, negli ultimi anni, è entrata nel dibattimento processuale in questa prima metà di marzo; con un processo a porte chiuse per stampa e curiosi. La tragica vicenda comincia un pomeriggio di febbraio, a Vasto, quando il trentaquattrenne Fabio Di Lello uccide con tre colpi di pistola il ventiduenne Italo D’Elisa.

Il tutto sembra essersi consumato in pochi minuti; Italo D’Elisa era appena uscito dal bar, quando ha trovato il suo assassino ad attenderlo.

Fabio Di Lello chiedeva giustizia per sua moglie Gabriella, vittima di un incidente stradale causato dal ventiduenne, per il quale era stato rinviato a giudizio per la fine di febbraio 2017, con l’accusa di omicidio stradale. L’ossessione di vedere libero quel ragazzo era troppa; non si capacitava del fatto che un ragazzo di ventidue anni potesse essere in stato di libertà dopo avere causato la morte di sua moglie. Eppure, la notte dell’incidente Italo D’Elisa non era né ubriaco né drogato, non è scappato, ha prestato soccorso nel limite delle sue capacità, (aveva riportato delle ferite anche lui), la sua colpa, anche se non confermata, sembra essere stata quella di essere passato con il semaforo rosso. Il procuratore di Vasto ha dichiarato che il veicolo procedeva ad una velocità di 62 km/h dove il limite era di 50 km/h. Un’indagine rapida ed esaustiva condotta dalla procura di Vasto.

Purtroppo la conta ha come risultato: due morti e tre famiglie distrutte. Perché?

Qualcuno parla di giustizia, espressione di un valore etico-sociale per cui si riconoscono e si rispettano i diritti altrui come si vuole che siano riconosciuti e rispettati i propri; altri parlano di giustizialismo, che esprime la richiesta di una giustizia rapida, severa, e spesso sommaria, nei confronti di chi si è reso colpevole di particolari reati, specie quelli di natura politica, di criminalità organizzata e di disonestà nell’amministrazione della cosa pubblica.

In questa vicenda di cronaca la giustizia non sembra esserci. Il rispetto non c’è stato e i diritti sono stati negati.

Fabio Di Lello che gridava “Giustizia per Gabriella!” è stato il primo a negarla a Italo D’Elisa, freddandolo con tre colpi di pistola. Rimproverava a Italo di “non aver mai chiesto scusa”, di “girare libero”, ma ora dal carcere dove è detenuto con l’accusa di omicidio volontario premeditato non ha chiesto scusa e chiede una pena da non scontare in carcere.

Il giustizialismo neanche entra in questa vicenda, se non nell’espressione “giustizia sommaria”.

Nessuno ha cercato di perdonare e cogliere nel dolore immenso, che si prova quando si perde la persona amata, o si provoca un incidente che causa la morte di qualcuno, la possibilità di fare del bene, di dare amore in ricordo di una persona. Nessuno ha trovato il tempo per parlare, per aiutare chi ne aveva bisogno, da Fabio ad Italo, ma purtroppo il tempo per incitare all’odio si è trovato, dalle pagine sui social alle scritte contro Italo sui muri.

La verità comincia emergere con l’attività d’indagine e i dibattimenti processuali, durante i quali il procuratore di Vasto, Giampiero Di Florio, ha detto: “Non c’è una ricostruzione alternativa dei fatti, abbiamo dimostrato le prove evidenti sulla premeditazione”, arrivando a chiedere alla corte l’ergastolo per il brutale omicidio commesso. La stessa corte in precedenza aveva rigettato la richiesta di perizia psichiatrica presentata dai legali di Di Lello. Durante l’udienza tenutasi nei primi giorni di marzo, Di Lello in una dichiarazione spontanea ha ribadito il suo pentimento per il gesto commesso e la non premeditazione.

Qualunque sarà il verdetto della corte, la vicenda rimane una brutta immagine della nostra società e per la città di Vasto, prigioniera di un “Io” che supera il rispetto del prossimo e delle leggi, impedendoci di accettare la verità delle cose. Gli incidenti accadono, la morte esiste e non siamo eterni, le fatalità fanno parte della vita.

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