Ogm: molti vantaggi, tanti dubbi. Quando il Progresso divide le coscienze

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Ogm sì, Ogm no. Di quando in quando l’annosa questione torna alla ribalta. E, nonostante la ricerca e la legislazione in materia si facciano via via più cospicue, il tema continua a dividere.

L’ultima occasione in ordine di tempo è stata la settimana scorsa, quando il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera in cui dichiarava di non escludere “alcune possibili applicazioni” in quanto “dobbiamo uscire fuori dalla crociata aprioristica contro gli Ogm”. E tuttavia precisando che la sua posizione è contraria all’utilizzo di Ogm in campo alimentare.
Meno possibilista invece il ministro dell’Agricoltura Mario Catania: “Sono contrario all’uso di Ogm in agricoltura, l’Italia non ne sente assolutamente il bisogno

Di certo entrambe le parti, quella dei pro e quella dei contro, hanno le loro buone ragioni. Forse la verità è che non possediamo ancora elementi di valutazione sufficienti perché si possa schierarsi con l’una o con l’altra privi di dubbi. Molti degli effetti a lungo termine dell’utilizzo degli Ogm, sia sul nostro fisico, sia sull’ambiente, si vedranno solo tra diversi anni e solo allora potremo davvero fugare ogni dubbio. Nel frattempo possiamo però cercare di fare un po’ di chiarezza sull’uso degli organismi geneticamente modificati. Dove si trovano? Li ingeriamo insieme ai cibi senza saperlo? Quali benefici e quali rischi comportano secondo chi li difende e chi li demonizza?

Un organismo geneticamente modificato è un essere vivente a cui, attraverso l’aggiunta, l’eliminazione o la modifica dei geni con tecniche di ingegneria genetica, è stato modificato il patrimonio genetico. Non sono considerati Ogm tutti quegli organismi il cui patrimonio genetico ha subito modifiche spontanee in natura e nemmeno gli organismi transgenici, quelli, cioè, nel cui genoma sono stati inseriti geni provenienti da un organismo di specie diversa.
Uno dei maggiori produttori sono gli Stati Uniti, che contribuiscono per buona parte a quei 160 di ettari di coltivazioni Ogm che si contavano a fine 2011 nel mondo. Tra i loro fautori troviamo anche molti Paesi in via di sviluppo.

E l’Italia? La loro coltivazione è proibita, ma non la loro importazione. Gran parte degli alimenti industriali che consumiamo abitualmente (merendine, lecitina di soia, salse), li contengono, anche se in quantità talmente esigua da non dover nemmeno essere dichiarati nella lista degli ingredienti. Inoltre negli allevamenti industriali i mangimi contengono non di rado cereali Ogm, più nutrienti, più facilmente coltivabili e quindi meno costosi nel lungo periodo. Con il risultato che non possiamo fare una scelta davvero cosciente riguardo al consumarli o evitarli e magari ne facciamo uso tutti i giorni senza saperlo.
I principali usi degli Ogm sono quello agricolo, per migliorare le caratteristiche del suolo, per rendere le piante e le colture più forti alle condizioni ambientali, ma anche agli erbicidi e ad alcuni insetti; in alimentazione, per migliorare le proprietà nutrizionali ed organolettiche dei cibi, come frutta, verdura, latte ad alto contenuto di caseina oppure senza lattosio.

Ambiti meno conosciuti sono la medicina e l’industria: produzione di insulina e biomedicine, batteri Ogm che degradano gli idrocarburi o migliorano le caratteristiche di alcune materie prime. In questo caso il loro utilizzo apre anche a riflessioni di carattere morale a cui è difficile sottrarsi: si pensi alla creazione ad hoc di topi geneticamente modificati per utilizzarli come cavie per la ricerca sul cancro ed altre malattie genetiche.

Non è però il caso di tralasciare anche questioni più immediate. Uno studio del Ministero austriaco per l’agricoltura e la salute sostiene che potrebbero causare reazioni allergiche e danni al sistema riproduttivo, nostro e degli animali da allevamento di cui ci nutriamo, cambiamenti nel valore nutritivo degli alimenti e trasferimento di resistenza agli antibiotici. Tra l’altro le piante geneticamente modificate, resistenti a parassiti e piccoli cambiamenti climatici, non più soggette alla cosiddetta selezione naturale della specie, potrebbero diventare infestanti e distruggere l’ambiente circostante.

Poiché non è nostra intenzione schierarci, occorre ricordare che uno scenario così grigio è caratterizzato anche da diversi sprazzi di luce. La ricerca medica sta facendo passi da gigante nelle terapie per curare e sconfiggere le malattie genetiche, tra cui alcuni tumori, ridando concrete speranze a chi da tempo aspetta risposte. Inoltre per il momento non vi è alcun rischio comprovato per la salute umana e dell’ambiente, ma solo ipotesi che vanno soppesate con il beneficio del dubbio. Per alcune popolazioni dei Paesi del terzo mondo afflitte da desertificazioni, alluvioni, condizioni di povertà estrema, sovrappopolazione, il rafforzamento delle colture potrebbe essere l’unica alternativa concreta alla fame e alla morte.

Ancora una volta la risposta sembra dunque essere la moderazione, ovvero un utilizzo il più possibile consapevole e limitato alla reale necessità. In Italia possiamo ancora vantare una biodiversità e un patrimonio agricolo, soprattutto in certe regioni, da difendere e valorizzare. La ricerca scientifica finalizzata al Sapere però, se condotta con senso etico,  andrebbe sempre incoraggiata e mai esecrata.

Eleonora Alice Fornara

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