Ninfomania: da “furor uterino” a ipersessualità

La ninfomania è definita come “un aumento morboso del desiderio sessuale”. In passato era considerata come una grave condizione medica che colpiva particolarmente le donne, alle quali venivano spesso somministrate cure dannose per curarle.  

Origine del termine Ninfomania

Ninfomania deriverebbe dalle parole “ninfa” e “mania”.

Sul significato ci sono diverse spiegazioni.

Significato etimologico 

  • Ninfa deriva dal greco νύμφη che può significare “sposa” e “velata” (una giovane donna da marito);
  • dal latino nubere (sposare);
  • dal tedesco knospe con il senso di “gonfiore” (della vulva); 
  • secondo il grammatico Esichio di Alessandria (5 sec. d.C.) uno dei significati di νύμφη è “bocciolo di rosa” altro nome della vulva.

 Significato mitologico

  • Le ninfe erano divinità promiscue della mitologia. Ninfa era anche il nome dato alle piccole labbra della vulva
  • Mania significa follia in latino. Di conseguenza la ninfomania veniva indicata come la “follia delle ninfe”

Nella mitologia greca c’erano Ninfe Celesti, Ninfe Acquatiche, Ninfe Terrestri, Ninfe Vegetali e Ninfe Inferi

Erano spiriti divini che animavano la natura e venivano raffigurate come giovani e belle fanciulle intente a ballare e cantare.

Vivevano in montagne, boschi, vicino a sorgenti e fiumi, ma anche negli alberi, nelle valli e nelle grotte. Non morivano di vecchiaia o malattia, anche se non erano immortali.

Alcune di queste giovani fanciulle erano associate a un dio, come Dioniso, Hermes o Pan, o a una dea, generalmente la cacciatrice Artemide.

Poiché queste ninfe mitologiche si accoppiavano con uomini o donne di propria volontà, sfuggendo al controllo maschile, in un tempo in cui la mentalità era fortemente patricentrica, il termine è stato utilizzato per indicare donne che si comportavano alla stessa maniera degli uomini.

Significato naturalistico

Il termine ninfa si usa per descrivere gli insetti che subiscono una metamorfosi incompleta, come cavallette, termiti, zecche e scarafaggi.

In questo caso, la parola ninfomania lascia intendere il senso dell’insaziabile sessualità delle donne, che in passato erano viste come divoratrici di uomini, depravate, malate. 

Identikit della ninfomane del passato

Prima dell’invenzione della parola “ninfomania“, le donne sessualmente aperte erano etichettate come “possedute dal demonio“.

Dunque la “follia della ninfa”, ovvero il forte desiderio sessuale di una donna per il marito o, peggio ancora per un uomo con cui non era sposata, era indicativo di malattia. 

In passato i medici diagnosticavano come ninfomani le donne che:

  • Commettevano adulterio;
  • Flirtavano facilmente;
  • Erano divorziate;
  • Si sentivano più appassionate dei loro mariti;
  • Avevano un grande clitoride;
  • Bevevano alcolici;
  • Leggevano troppi libri.

L’evoluzione della ninfomania

Prima del XVIII secolo, la ninfomania era una malattia praticamente sconosciuta.

Nell’antica Grecia il profeta Tiresia sosteneva che le donne fossero in grado di provare un piacere nove volte maggiore di un uomo.

Sulle malattie delle giovani donne, Ippocrate descrisse la “malinconica follia” che poteva consumare le giovani ragazze e raccomandò il matrimonio come cura.

Il medico greco del II secolo Galeno credeva che il “furor uterino” si manifestasse in particolare tra le giovani vedove, che private anzitempo del piacere sessuale, rischiavano di impazzire.

Il medico olandese Pieter van Forest (1521), sosteneva che il “furore uterino” fosse causato dall”immaginazione corrotta” e risiedesse nel cervello.

Fu il medico italiano Girolamo Mercuriale, uno dei principali contributori agli studi ginecologici del XVI secolo, a definire in maniera abbastanza puntigliosa le caratteristiche di questa strana “malattia”.

Secondo lui, il “furor uterino” consisteva in un “bruciore smodato” della zona genitale della femmina, “causato dall’aumento di vapore caldo, che provoca l’erezione del clitoride”. Si pensava che questo improvviso calore rendesse pazze le donne.

Il medico francese del diciassettesimo secolo Jacques Ferrand disse che struggimento d’amore e furia sessuale (o sessualità patologica) fossero due aspetti della stessa patologia. 

Ferrand sosteneva inoltre che il mal d’amore in tutte le sue manifestazioni colpisse le donne perché erano meno razionali, più “maniacali” e più libidinose nel loro amore.

Orgasmo femminile uguale a quello maschile?

A partire dal diciottesimo secolo, alcuni medici iniziarono a chiedersi se l’orgasmo femminile fosse necessario per la gravidanza o se si trattasse di un piacere fine a se stesso, equiparabile a quello degli uomini. La risposta non venne mai.

Nel diciannovesimo secolo si stabilì saldamente l’ideologia secondo cui le donne, per natura, fossero sessualmente meno desiderose degli uomini. 

Il “merito” si deve alle teorie di Charles Darwin.

Si iniziò infatti a credere che la selezione naturale avesse modificato l’indole della donna, il cui unico desiderio sarebbe stato quello di approdare a un matrimonio rispettabile e avere dei bambini.

Da quel momento, complice anche l’educazione cattolica, la società occidentale iniziò a glorificare le donne sottomesse e fedeli. 

Alla fine del XIX secolo, i medici iniziarono a raggruppare tutte le donne sessualizzate in ninfomani, lesbiche e prostitute.  

Le ninfomani venivano spinte alla prostituzione per soddisfare i loro desideri. Pare tra l’altro che le prostitute fossero spesso lesbiche.

Iniziò così la “caccia alle streghe”.

Eccitabilità e follia 

L’assunto di fondo che le donne fossero dominate dai loro organi riproduttivi, portò alcuni medici a ricondurre praticamente tutte le malattie e i disturbi femminili, a disfunzioni di questi organi. 

In pratica si sosteneva che “l’irritazione” degli organi sessuali, che procurava eccessiva “eccitabilità nervosa”, potesse influenzare il cervello e portare alla follia. Sintomi e trattamenti spesso si sovrapponevano a quelli dell’erotomania, dell’isteria, dell’isteroepilessia e dell’ovariomania.

Da qui, la necessita di intervenire con delle cure singolari.

Cure per la ninfomania 

Nel corso dei secoli, il trattamento della ninfomania ha assunto dei connotati inquietanti.

I medici rinascimentali, operando nell’ambito della “medicina umorale”, trattavano il “furor uterino con dei metodi allucinanti.

A detta degli esperti, il sanguinamento avrebbe eliminato gli umori nocivi ed eccessivi o rimosso l’“ostruzione” causata dal troppo sangue. 

Di conseguenza provocavano “emorragie purificanti”. 

Altri metodi erano: le purghe, gli emetici, l’uso di erbe medicinali.

Si ricorreva altresì a diete, farmaci, salassi, bagni freddi, sanguisughe vaginali, clisteri e persino applicazione di cocaina.

I medici raccomandavano anche di rinunciare all’alcol, alla lettura e passare a una dieta vegetariana.

Dulcis in fundo, le donne si affidavano alle ”cure morali” dei neurologi o degli alienisti (psichiatri).

Se tutto quanto sopra non avesse funzionato, le sfortunate ninfomani venivano rinchiuse in manicomio.

Nel 1775 il medico francese, J. D. T. de Bienville, affermava che troppo piacere, salse ricche e carne speziata rendevano il “sangue troppo abbondante” e quindi le donne lussuriose e goderecce avevano molte più probabilità di soccombere alla malattia dell’amore folle.

L’avvento della ginecologia diede vita a trattamenti nuovi e controversi per la cura di questa “malattia”. Si passò alla chirurgia ginecologica.

Poiché alcuni di essi sostenevano che i disturbi mentali fossero collegati alle mestruazioni, fermare l’emorragia rimuovendo le ovaie avrebbe curato la patologia.  

Oltre alla ovariotomia o ovariectomia (la rimozione di ovaie non malate), in presenza di desiderio sessuale eccessivo, i ginecologi raccomandavano anche altri interventi chirurgici, tra cui l‘escissione del clitoride e/o delle labbra.

Cosa che, secondo il ginecologo Isaac Baker Brown, avrebbe “rimosso l’anormale eccitazione periferica del nervo pudico”, che “altrimenti avrebbe probabilmente portato alla follia e alla morte” (1866-70).

Nel XX secolo la ninfomania cessa di essere una malattia

Dopo la seconda guerra mondiale, il rigido mondo della repressione sessuale iniziò a incrinarsi.

Nel XX secolo, eminenti sessuologi come Magnus Hirschfeld, Marie Stopes e Masters e Johnson affermarono che il desiderio sessuale femminile era una parte normale della sessualità umana.

La rivoluzione sessuale che investì il mondo a partire dagli anni ’60 e fino agli anni ’80, portò alla normalizzazione della pornografia, della contraccezione, dell’omosessualità e della sessualità femminile

Fu così che nel 1980 la ninfomania venne rimossa dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) dell’American Psychiatric Association

L’Associazione sosteneva infatti che etichettare gli impulsi sessuali come “estremi” avrebbe finito per stigmatizzare le persone che non si conformano alle norme della loro cultura o gruppo di pari.

Da quel momento, non si parlò più di ninfomania bensì di dipendenza dal sesso o di ipersessualità.

Ipersessualità: da cosa dipende? 

Oggi, sebbene si ritenga che l‘ipersessualità possa essere causata da alcune condizioni mediche o dall’assunzione di farmaci, nella maggior parte dei casi la sua causa è sconosciuta. 

La Classificazione Internazionale delle Malattie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità include l’”Eccessivo impulso sessuale” e ninfomania come termini per le donne che ne soffrono.  

Ninfomani famose 

Paolina Bonaparte (1780-1825), la sorella minore di Napoleone, Caterina la Grande (1729-1796), l’imperatrice russa e Maria Antonietta (1755-1793), l’ultima regina di Francia prima della rivoluzione francese, furono accusate di essere ninfomani.

Cosa vuole dire oggi “ninfomane” 

Oggi, il termine “ninfomane” è usato con una connotazione dispregiativa.

In alternativa si usa anche la parola “ninfetta”, che identifica una ragazza sessualmente precoce. Il termine è stato reso popolare nel romanzo Lolita di Vladimir Nabokov.

Foto di Mihai Paraschiv da Pixabay

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