Nietzsche e l’elogio della follia

Dobbiamo, di tanto in tanto, riposarci dal peso di noi stessi, volgendo lo sguardo là in basso su di noi, ridendo e piangendo su noi stessi da una distanza di artisti: dobbiamo scoprire l’eroe e anche il giullare che si cela nella nostra passione della conoscenza, dobbiamo, qualche volta, rallegrarci della nostra follia per poter stare contenti della nostra saggezza.” 

Spesso ho cercato di dare una definizione di termini come saggezza, conoscenza, sapienza, morale. Credo che la riflessione di Nietzsche, che ho riportato integralmente, possa aprire un ulteriore terreno di analisi su ciò che si possa intendere per questi termini. Per Nietzsche l’uomo dovrebbe più spesso volgere lo sguardo a se stesso con occhio distaccato, da artista, riscoprire l’eroe ed il giullare celato in ogni individuo, abbandonare schemi, etichette, disfarsi della morale, scacciare l’etica ed elogiare la follia; rallegrarsi di questa follia per raggiungere saggezza e sapienza. E’ dunque la follia, l’abbandono degli schemi e della morale la via che può condurci alla saggezza?  Tutta la filosofia, fortemente influenzata da Schopenauer, di Nietzsche vede nell’abbandono della morale e nella consapevolezza della follia dell’essere la via per l’accesso alla saggezza. Caso volle che proprio la follia colpì il filosofo negli ultimi anni della sua vita, riducendolo ad uno stato catatonico, di vegetale. Ma cosa intende realmente Nietzsche?  Perchè vede nella follia e soprattutto nell’abbandono degli schemi imposti dalla morale la reale fonte di saggezza? Egli è fermamente convinto che la morale non esista o meglio che la morale non sia la base attraverso la quale le nostre azioni prendono corpo, bensì pensa che sia lo strumento ideato dai deboli per sfuggire dal caos, e sopraffare i più forti, il “superuomo”, colui cioè che riesce a vedere oltre, a vedere la vita e l’esistenza per quello che è: “caos”. Per il filosofo è stato il pensiero di Socrate e Platone, fortemente incentrato su razionalità e morale, ad allontanare l’individuo dalla verità, dalla reale percezione dell’esistente e dare il la alla nascita del Cristianesimo. L’uomo invece dovrebbe prendere atto della naturale casualità degli eventi e dell’esistenza, dell’assenza del “mondo delle idee” Platonico, capire che “Il rimedio è stato peggiore del male” ovvero la formulazione di rimedi metafisici per cercare di comprendere e dare una definizione del caos ha allontanato ancor più l’individuo dalla verità, dal reale che altro non è che caos allo stato puro, indeterminatezza, indefinibilità; combattere l’ignoto significa allontanarsi dalla vita. Chissà, forse è Nietzsche ad aver ragione, forse cercare di definire e di trovare una logicità nelle cose e negli eventi, definire e teorizzare la morale, altro non sono che un artifizio, tutto umano, per allontanare la paura dell’indefinito, di spiegare ciò che non è spiegabile, di ordinare il caos, far luce nel buio ed esorcizzare la morte! Ma non sono forse questi tentativi, per quanto futili, a darci una speranza, una parvenza di conoscenza e di saggezza?

Leonardo Comple

Foto: blog.lamiaombra.it 

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