Musica folk a Roma, dal canto a braccio al rap una specie in via di… evoluzione

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Musica folk. Sono millenni che esistono i cantori e gli stornellatori a braccio. Musicisti improvvisati che nei raduni pastorali attorno al fuoco mettevano in musica e in versi le loro storie. Si accompagnavano quasi sempre con la zampogna e l’organetto, senza trascurare l’immancabile sorso di vino. Spesso quelle personali strofe erano delle prese in giro degli amici di bevuta, che a loro volta rispondevano.

Si accendevano allora delle vere e proprie sfide in rima che andavano avanti per ore. I versi, oltre ad essere estemporanei, dovevano essere elaborati secondo rigide regole poetiche e musicali. Fortunatamente, a Roma e nel Lazio, il canto a braccio sopravvive alle mode e agli eventi. Si è affermato come arte specifica e vengono a lui dedicati festival e rassegne di livello internazionale.

Festival di musica folk, Bacugno e Borbona

A Bacugno, presso Amatrice, ogni 3 agosto, da oltre 30 anni, si tiene la “Rassegna dei poeti a braccio”. La manifestazione è nata per volontà di artisti locali come Pietro e Donato De Acutis, Dante Valentini e Marco Calabrese. Oltre ai cantori laziali, non mancano mai quelli provenienti dalla Toscana. Molti di essi conoscono a memoria le rime dell’Orlando Furioso dell’Ariosto.

Il “Festival Regionale di Canto a braccio” ha luogo dal 2006 a Borbona, altro paese in provincia di Rieti, nel mese di settembre. È una maratona di tre giorni a partire dal venerdì sera sino alla domenica pomeriggio. La gara-esibizione si conclude il sabato sera mentre la premiazione è prevista per il giorno dopo. Il grande successo ottenuto ha spinto il Comune a promuovere una “scuola di improvvisazione poetica” diretta dal maestro Mauro Chechi.

Cosa rimane invece a Roma della musica folk, cioè della canzone in romanesco? I mostri sacri della canzone romana come i grandissimi Claudio Villa, Alvaro Amici, Lando Fiorini e Gabriella Ferri non ci sono più. È recentemente scomparsa anche la grande Erika Grassi, che si era ritirata in Costa Rica. Il genere è però ancora robustamente interpretato da Sara Modigliani ed Elena Bonelli.

Sara Modigliani ed Elena Bonelli

Sara Modigliani canta e suona dal 1971, essendo stata voce femminile e flautista nella prima formazione del “Canzoniere del Lazio”. A questo gruppo si deve la riscoperta della musica folk regionale degli anni settanta. Centrale il ruolo di Sara come ricercatrice ed interprete del repertorio della canzone romanesca. Il suo scopo è quello di rivalutarne l’immagine meno conosciuta e gli aspetti più raffinati. Successivamente, Modigliani ha collaborato come flautista con altri colleghi. Ha poi contribuito alla nascita e allo sviluppo della “Scuola popolare di musica di Testaccio”.

Tra le altre canzoni da lei incise, la mitica “Barcarolo romano”, accompagnata dalla chitarrista svizzera Sonia Maurer (2001). Nel 2009 ha creato, nel quartiere periferico Casilino 23, il “Coro Multietnico Romolo Balzani”. Recentemente ha dato vita al quintetto “Canzoniere di Roma”, con l’intento di ripercorrere la storia della canzone tradizionale della città eterna.

Più recente l’esperienza musicale di Elena Bonelli, dopo i suoi esordi da attrice. Nel 2005 ha partecipato al progetto Roma in the World, per il rilancio della canzone romana in Italia e nel mondo. Bonelli ha voluto riproporre la tradizione, dandole una veste sinfonica e facendola entrare nei teatri nei 5 continenti. Tra questi la Carnegie Hall di New York. Nel 2015 ha lanciato il progetto Dallo Stornello al Rap, interessante esempio di contaminazione musicale. In tale ambito si è segnalato il calabrese di Roma Emilio Stella, il cantore delle periferie.

Musica folk e contaminazione

A un simile prodotto, ma in senso inverso, è giunto anche un gruppo di musicisti riconducibili al collettivo Rome Zoo, sorto nel 1996. Questi artisti sono partiti dal rap e dall’hip-hop. Sono poi giunti a interpretare canzoni di ambientazione romana, in molti casi utilizzando il dialetto. Fatta esperienza nelle cantine dei centri sociali occupati, non rappresentano più la voce della vecchia Roma ma quella delle sue sterminate periferie .

Album emblematico di questa nuova scena romana fu la compilation La banda der trucido, del 1997. In esso appaiono tutti gli artisti di questa nuova generazione fusion. Tra costoro ha inizialmente spopolato Piotta (Tommaso Zanello), dopo la sua esperienza nel gruppo Colle der fomento. Piotta ha riportato la canzone in dialetto romano (di periferia) in vetta alle classifiche con “Supercafone” (1999). A sua volta i Colle der fomento hanno scritto (in italiano) “Il cielo su Roma”. Con tale hit, nel 2006, sono stati invitati dal sindaco Veltroni a rappresentare la Capitale nel meeting “Roma incontra Milano”. Molto interessante è anche l’esperienza musicale di Sparo Manero (Pietro Clemente). Si è espresso con i Restafestagangsta e poi, soprattutto, con i Gente de borgata. Con tale band, Manero ha inciso ben sette album, di cui tre intitolati “Benvenuti in borgata” (1-2-3).

Non si può terminare dimenticando Alessandro Mannarino. Già nel suo primo disco “Bar della rabbia” (2009), ha alternato testi in italiano e in romanesco, ispirati alla vita notturna dei quartieri popolari e alle poesie di Trilussa. Il suo quarto album, “Apriti cielo”, che si apre con il pezzo “Roma”, ha ottenuto il disco di platino. Nel 2019 gli è stato conferito il Premio Gabriella Ferri dalla Fondazione Musica per Roma. Nella motivazione si legge: “a lui si deve il rinnovato interesse – soprattutto tra i giovani – verso la grande tradizione della musica popolare romana”.

Foto di Malachi Witt da Pixabay

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