Mondiali Russia 2018 – Il calcio del balcani, tra talento e politica

I Campionati del mondo di calcio in Russia sono partiti con grande equilibrio tra le squadre ma anche sorprese clamorose come la sconfitta della nazionale argentina di Messi contro la Croazia. E proprio guardando le partite della nazionale di Modric e Rakitic, nonché quelle della Serbia contro la Svizzera dei tre “kossovari” Behrami, Xhaka e Shaqiri, sono arrivate riflessioni sul calcio balcanico.

La Jugoslavia

Storicamente rappresentato fino alla caduta del blocco comunista europeo dell’Est dalla Jugoslavia composta da sloveni, croati, serbi, macedoni, bosniaci e montenegrini, il calcio dei Balcani è stato storicamente una fucina di talenti incredibili. Negli anni ’60 la nazionale dei balcani arrivò in semifinale ai mondiali di Cile ’62 e sfiorò l’impresa ad Euro ’68 grazie a campioni come Osim e Džajić perdendo in finale contro l’Italia. La nazionale jugoslava era talmente forte da essere ammirata dal campione dei campioni, Pelè, che volle per la sua partita di addio alla nazionale brasiliana proprio la squadra dei balcani al Maracanà. Con l’inizio degli anni ’90 una nuova generazione di campionissimi fece nuovamente grande ed importante il calcio dei balcani. Ai Mondiali del 1990 campioni come Savičević, Jarni, Šuker, Prosinečki e Stojković fecero strabuzzare gli occhi ai tanti appassionati di calcio per il loro incredibile talento. Ma la Jugoslavia non andò oltre i quarti di finali, sconfitta ai rigori dall’Argentina. Ma la politica e le sommosse popolari presero il sopravvento e dopo l’esclusione dagli europei del 1992 per via della guerra, nacquero negli anni successivi le nazionali dei nuovi Stati nati dopo la fine della Jugoslavia.

Nazionali che rappresentano un popolo

Croazia, Slovenia, Bosnia-Herzegovina, Macedonia, Montenegro e, ovviamente, Serbia: queste le nazionali nate dagli anni ’90 in poi e che, oggi, rappresentano il calcio balcanico. Tra queste la Croazia è stata sempre la nazionale più forte che, grazie a talenti del calibro di Šuker, Prosinečki e Boban, è arrivata terza ai campionati del mondo di Francia ’98. La nazionale slovena si è qualificata ai mondiali del 2002 e del 2010 ottenendo anche buoni risultati: oggi può contare anche su campioni affermati come il portiere Oblak e l’atalantino Ilicic. Macedonia e Montenegro non sono riuscite a raggiungere in questi anni i risultati delle altre due nazionali ma hanno comunque potuto contare su talenti cristallini a cominciare da quel Savicevic che ha fatto innamorare di lui i tifosi del Milan fino ad arrivare ai nostri giorni con Jovetic.

E la Serbia? A Belgrado il calcio è sempre molto sentito e non è mai solo sport come testimonia l’accesa rivalità tra tifosi della Stella Rossa e del Partizan. E per chi affronta i serbi non è mai una partita come le altre. Lo dimostra l’esultanza dei kossovari Xhaka e Saquiri dopo aver segnato durante la partita vinta dalla Svizzera per 2 a 1. I genitori di questi ragazzi sono scappati dalla guerra del 1999 proprio nella confederazione elvetica insieme ai loro figli nati proprio in quella terra.

Dal punto di vista calcistico e non, quindi, il calcio balcanico è il primo vero grande protagonista di questo mondiale grazie soprattutto all’impresa croata contro l’Argentina. La Croazia può vantare un centrocampo di livello mondiale, ha una rosa completa e talentuosa, potrebbe davvero essere la sorpresa di questi campionati. La Serbia, dopo la vittoria nella prima partita del girone, si giocherà una difficile qualificazione contro il Brasile ma anche contro la Svizzera ha dimostrato di essere una buona squadra.

Il gioco – Se oggi ci fosse la Jugoslavia?

Che la situazione politica nei balcani non sia ancora del tutto pacifica si è visto anche per la reazione serba alle esultanze dei giocatori svizzeri/kossovari dopo aver segnato. Non è questa la sede per parlare di scenari politici ma, alla luce di quanto espresso oggi dal calcio slavo, ci chiediamo. E se oggi ci fosse una nazionale jugoslava? Sarebbe sicuramente una nazionale candidata al titolo di Campione del Mondo. E per gioco proviamo a metterla in campo.

Modulo: 4-3-1-2. Abbiamo scelto un centrocampo a rombo per sfruttare l’alto tasso di talento nel reparto mediano. Anche così un talento come Pjanic potrebbe restare fuori dalla formazione titolare.

Porta: Oblak (Slovenia). Il portiere dell’Atletico Madrid è tra gli estremi difensori più affidabili e bravi al mondo, tra i migliori cinque.

Difesa: da destra a sinistra indicando anche qualche alternativa. Vrsaliko (Croazia) o Ivanovic (Serbia) – Vida (Croazia) – Savic (Montenegro) o Milenkovic (Serbia) – Kolarov (Serbia).

Centrocampo: sicuramente il reparto più forte di una ipotetica nazionale jugoslava. Inseriamo il bosniaco Pjanic come alternativa nel rombo in due posizioni, playmaker o trequartista. Come playmaker scegliamo Matic (Serbia) con lo juventino alternativa; le due mezzali dalla nazionale croata sarebbero Modric e Rakitic; sulla trequarti il laziale Milinkovic-Savic (Serbia). Un centrocampo forte fisicamente ma soprattutto ricco di talento e tecnica grazie al duo croato i cui elementi sono fondamentali nelle loro squadre di club, il Real Madrid e il Barcellona. E non stiamo prendendo in considerazione un altro giocatore del Madrid, l’ex interista Mateo Kovacic.

Attacco: una coppia di attaccanti Dzeko (Bosnia) e Perisic (Croazia) garantirebbe talento, tecnica, gol e tanta forza fisica per un reparto che potrebbe annoverare anche il serbo Mitrovic o il croato Mandzukic. Una vera e propria corazzata.

Ma la storia è andata diversamente…

Nell’immagine di copertina Luka Modrić, centrocampista del Real Madrid e capitano della Nazionale croata.

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