Mondiali di atletica. Salwa Eid Naser, tatuata e senza velo, batte anche i moralisti islamici

Mondiali di atletica. Si sono tenuti a Doha, capitale del Qatar, i 17mi campionati mondiali di atletica leggera. Il paese, nel quale affluiscono fiumi di petrodollari, è retto da una monarchia accusata di appoggiare il terrorismo islamico e che governa con la shariah. Le premiazioni sono state effettuate da personaggi in lunghe vesti bianche e il capo coperto da un telo dello stesso colore annodato alla fronte da un cordone nero. Le medaglie erano portate da donne in abbigliamento rigorosamente lungo, nero e con l’immancabile chador.

In tale ambiente, il momento clou è stato quando è scesa in pista la nigeriana con passaporto del vicino Bahrein Saiwa Eid Naser, per correre i 400 metri. C’erano molti stranieri sugli spalti ma gli spettatori locali sono rimasti sconcertati quando hanno visto il look dell’atleta di religione islamica. Eid Naser, che ai mondiali juniores di alcuni anni fa aveva corso in nijab ora ha cambiato abbigliamento. Si è presentata a capo e ventre scoperto, le treccine, una serie di piercing e un gran numero di tatuaggi.

Noncurante dello scandalo, ha conquistato la medaglia d’oro della sua specialità con il tempo di 48.14 che rappresenta virtualmente il nuovo record mondiale. I due tempi e che la precedono nella graduatoria all time, infatti, sono stati ottenuti prima della caduta del muro di Berlino da due atlete dell’Europa dell’est. All’epoca il doping di stato era una pratica comune, oggi ampiamente penalizzata. Il tempo di esultare per la vittoria e poi Saiwa si è presentata sul podio a ricevere la medaglia d’oro da un imbarazzatissimo funzionario qatariota.

Un’altra atleta ha dimostrato ai moralisti islamici che si può essere musulmani praticanti anche senza seguire le disposizioni fondamentaliste della shariah. Stiamo parlando di Dalilah Muhammad, ostacolista statunitense di origini giamaicane. Dalilah, nella canonica divisa delle atlete USA, in slip e canottiera, con capo e ventre rigorosamente scoperti, ha trionfato nei 400 ostacoli, battendo il record del mondo.

Alyson Felix, plurivincitrice di medaglie ai Mondiali di atletica

Ma, forse, l’impresa più incredibile di questi campionati del mondo, l’ha compiuta la statunitense Alyson Felix. Cristiana di confessione battista osservante e praticante, trentatrenne e neo mamma. La Felix ha vinto nelle staffette 4×400 e 4×400 mista battendo il record del maggior numero di medaglie d’oro vinte da un singolo atleta ai campionati del mondo. Ben 13! Dietro di lei, un certo Usain Bolt si è fermato a 11. Vince medaglie ai mondiali dal lontano 2003: sedici anni di vittorie. Felix è già in possesso del record per l’atletica femminile alle Olimpiadi: 6 vittorie, più altre medaglie “minori”. Un monumento.

Un’altra mamma continua a farsi onore ai mondiali di atletica, la giamaicana Shelly-Ann Fraser-Price. Con un tempo di valore assoluto (10.71) ha vinto per la quarta volta il titolo nei 100 metri piani. E’ giunta così così a ben nove successi, comprensivi di staffette e dell’oro dei 200 metri nel 2013. La giamaicana vanta anche 2 medaglie d’oro alle Olimpiadi. La Felix è avvertita.

Per quanto riguarda gli altri risultati, si è assistito a una grandissima gara nel lancio del peso. Le medaglie, infatti, si sono giocate in un solo centimetro. Alla fine ha vinto lo statunitense Kovacs con una misura (22.92) che non si raggiungeva dai tempi dell’era doping. Altrettanto si potrebbe dire per il 7.30 con il quale la tedesca di origini tanzaniane Malaika Mihambo ha vinto la medaglia d’oro nel salto in lungo. Grande misura anche il 15.37 con cui la colombiana Julimar Rojas si è laureata campionessa del mondo nel salto triplo. A noi è piaciuto il salto in lungo “mondiale” di 8.69 del giamaicano Tajay Gayle.

I risultati degli italiani

L’Italia ha vinto una sola medaglia di bronzo, grazie alla marciatrice Eleonora Giorgi, nei 50 km. Abbiamo così evitato il record negativo di Pechino 2015 (zero medaglie), ripetendo la prestazione del 2005 e del 2017. Così sarebbe successo anche nel 2009, se poi non si fosse provveduto a squalificare per doping un’altista russa, consentendo alla nostra Antonietta Di Martino di conquistare un altro bronzo. La cerimonia “riparatoria” si è avuta proprio in questa edizione dei mondiali di atletica.

Nelle gare individuali, i nostri atleti hanno raggiunto la finale in quattro occasioni. Nei 100 metri, Filippo Tortu è giunto settimo in 10.07. Lo stesso tempo ottenuto in batteria da Marcell Jacobs, poi eliminato in semifinale. Per la cronaca, un italiano non raggiungeva la finale “mondiale” nei 100, da 32 anni. Ottavo posto per Crippa nei 10.000 metri, battendo il vetusto record italiano di Salvatore Antibo, risalente al 1989. Nono Tamberi nel salto in alto e ottavo e Stecchi nel salto con l’asta. Primi dei non ammessi, Davide Re nei 400 metri e il pesista Leonardo Fabbri.

Nelle staffette abbiamo conseguito i migliori risultati, piazzandone in finale due su quattro. Le altre due lo sarebbero state ugualmente se fossero stati accolti i ricorsi per cambio irregolare di due squadre classificate davanti. La 4×100 femminile è giunta settima, battendo il record italiano in semifinale. Settimo posto anche per la 4×400 maschile, che il record italiano lo ha sfiorato. Nuovo primato italiano anche per la 4×100 maschile, pur fermandosi in semifinale.

La buona prestazione degli staffettisti dimostra che finalmente siamo tornati a curare i cambi. Una nostra specialità del passato che per anni avevamo trascurato. Nel complesso, pur confermando una situazione non particolarmente esaltante, questi mondiali hanno evidenziato, per la nostra atletica leggera, alcuni segnali che potrebbero farla uscire da un tunnel ormai ultradecennale.

Fonte foto 1): Sport Sky. Foto 2): The Herald. Foto 3): Pedersen, Getty images

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