Mexico 70, cinquant’anni fa il mondiale più bello

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Mexico 70. Tra il 31 maggio e il 21 giugno di mezzo secolo fa, in terra messicana, si svolsero i IX Campionati mondiali di calcio. Furono di gran lunga i più belli. Non solo perché, esattamente cinquant’anni fa, il 17 giugno 1970, la semifinale Italia-Germania fu giudicata la “partita del secolo”. Ma anche perché altre partite si conclusero con incredibili rimonte e per alcuni gol e giocate di qualità eccezionale. Non è secondario puntualizzare che fu proprio a Mexico 70 che venne aggiudicata definitivamente la Coppa Rimet, vinta dal Brasile di Pelé. Né che la sigla delle trasmissioni (I say a little prayer) fosse cantata da una certa Aretha Franklin.

E’ un grande onore per l’Italia essere giunta in finale, dopo avere vinto la “partita del secolo”. Così come non fu una vergogna aver ceduto soltanto a una squadra di grandi fuoriclasse, da molti ritenuta la più forte nazionale di tutti i tempi. Il cronista, che all’epoca aveva sedici anni e si vide tutte le partite di quella manifestazione davanti a un televisore in bianco e nero, la pensa diversamente. Ancora oggi ritiene che gli undici giocatori più forti di quella grande manifestazione di cinquant’anni fa fossero quelli che vestivano la maglia azzurra. Nel prosieguo si vedrà il perché.

Mexico 70, la prima grande partita fu Brasile-Cecoslovacchia 4-1

Al primo turno, il Brasile mostrò di che pasta era fatto battendo la Cecoslovacchia per 4-1. Di quella partita vi fu un gol eccezionale di Jairzinho, forse il più bello di tutto il mondiale. Scattato sul filo del fuorigioco, su un magnifico cross di Gerson, Jairzinho si ritrovò davanti al portiere, uscito per contrastarlo. Per nulla intimorito, il n. 7 della seleçao superò l’avversario con un pallonetto al volo; poi “stoppò” la palla di petto e, dopo avergli fatto toccare terra, la mandò in gol con un destro micidiale.

Al secondo turno il Brasile dovette giocare contro l’Inghilterra campione del mondo uscente. Al 15esimo minuto, su un cross dalla destra di Jairzinho, Pelé si alzò in volo e schiacciò la palla di testa all’angolo opposto al portiere inglese Banks. Questi fece un paio di passetti e poi con un incredibile colpo di reni riuscì a toccare la sfera e a mandarla oltre la traversa. Fu definita la “parata del secolo“. Gli inglesi furono sfortunati. Condussero il gioco per quasi sessanta minuti. Poi si rifece vivo Pelé. Con un magico tocco in area liberò ancora Jairzinho che, sull’uscita disperata di Banks, infilò in maniera imparabile.

Nel quarto girone si disputò un’altra grandissima partita: Perù-Bulgaria 3-2. I bulgari, grazie a due punizioni di eccezionale tecnica e fattura, al cinquantesimo minuto erano in vantaggio 2-0. Poi, in 22 minuti, i peruviani, abituati a giocare in altura, ne fecero tre. Il primo con un’azione manovrata conclusa dall’ex cagliaritano Gallardo con un tiro da lontano. Il secondo ancora su punizione. Per la prima volta si videro i giocatori della squadra che batte posizionarsi sulla barriera, per poi allontanarsi e lasciare un varco per il tiro del proprio compagno. Il terzo fu uno svarione della difesa bulgara, ormai frastornata.

Mexico 70, un grandissimo quarto di finale tra Germania e Inghilterra

L’Italia vinse il girone nonostante due gol regolarissimi annullati a Riva e a De Sisti contro Israele. Gli improperi in diretta contro il guardialinee etiopico costarono il posto al telecronista Nicolò Carosio. Nei quarti incontrammo i padroni di casa messicani e gli facemmo quattro gol. Fu quella la prima partita della “staffetta” Mazzola-Rivera. Tra inglesi e tedeschi si giocò un altro incredibile match appena al di sotto, per emozioni, alla “partita del secolo”.

Gli inglesi furono costretti a schierare in porta Peter Bonetti, di chiara origine italica, al posto dell’infortunato Banks. Nonostante ciò, sino al 60′ conducevano 2-0. Poi una papera di Bonetti permise a Beckenbauer di portarsi sull’1-2 con un diagonale da destra. Un’incredibile gol di nuca del centravanti tedesco Seeler infilò con un pallo netto lo sconcertante Bonetti portando il match ai supplementari. Infine fu un gol di Gerd Müller a consentire ai tedeschi l’accesso alla semifinale.

Prima di parlare della semifinale tra Italia e Germania, non è superfluo citare due “chicche” di Pelé nella semifinale Brasile-Uruguay. Nella prima riprese al volo da quaranta metri la rimessa dal fondo del portiere Mazurkiewicz mandando la palla sopra la traversa. Nella seconda fece scorrere la palla lungo la sinistra di Mazurkiewicz senza toccarla, poi lo aggirò e andò a riprendersela, per sfiorare il palo.

Italia-Germania 4-3, la partita del secolo

Nella mitica semifinale Italia-Germania Ovest, l’allenatore Ferruccio Valcareggi ripropose la “staffetta” Mazzola al primo tempo e Rivera al secondo. Dopo una decina di minuti ci portò in vantaggio Boninsegna. Poi ci furono 80 minuti di calvario. Ci fu anche un fallo in area sul tedesco Seeler che oggi sarebbe stato punito con il calcio di rigore ma, all’epoca, gli arbitri preferivano evitare di influire troppo sull’andamento della gara. Anche i minuti di recupero erano inusuali: quella volta, invece, dopo due minuti di recupero, la partita proseguì. Il portiere Albertosi stava già pensando a togliersi i guanti, quando fu infilato dal milanista Schnellinger, spuntato fuori all’improvviso da destra: 1-1. Tempi supplementari.

Non passò un minuto del primo supplementare che Müller strusciò un pallone che si mise a rotolare lentamente tra Poletti e Albertosi. I due si guardarono: “la prendo io o la prendi tu?” e il pallone finì in rete. 2-1 per la Germania. Poi esplose il genio calcistico di Gianni Rivera. Su punizione, il golden boy fece carambolare la palla sul petto del tedesco Vogts e il terzino Burgnich – che non era mai entrato in area di rigore avversaria, prima di allora – se la trovò tra i piedi, davanti alla porta: rete! 2-2.

Il 3-2, come, detto lo segnò Gigi Riva, ma non era ancora finita. All’inizio del secondo supplementare, Gerd Müller spizzò nuovamente la palla di testa che si andò ad infilare tra palo e Gianni Rivera che, forse, pensava che fosse finita fuori: 3-3. Rivera che si diresse frastornato sul dischetto di centrocampo. Palla a Boninsegna, che si impegnò in una lunga cavalcata sulla sinistra e rimise al centro verso il golden boy, giunto per un incredibile disegno del destino al posto giusto e al momento giusto. Quella finta che gli permise di spiazzare il portiere Maier e di siglare il 4-3 finale fa ancora parte dell’immaginario collettivo del popolo italiano.

Mexico 70, i più forti eravamo noi

Il risultato della finale di Mexico 70 è apparentemente inappellabile per l’Italia: 4-1 in favore del Brasile. Come detto in premessa, chi scrive continua a ritenere che, se schierati con criterio, gli azzurri si sarebbero dimostrati più forti dei brasiliani. Quattro sono stati gli errori tattici del nostro CT Ferruccio Valcareggi. Il primo, la presunta incompatibilità di due fuoriclasse come Mazzola e Rivera. L’allenatore del Brasile era riuscito a schierare contemporaneamente quattro numeri dieci (Pelé, Jairzinho, Tostão e Rivellino) ma Valcareggi non seppe far giocare assieme un trequartista (Rivera) con una mezza punta (Mazzola). Tra i due, poi, decise di non schierare in finale proprio il Pallone d’Oro in carica, cioè Rivera.

Incompatibili, invece, erano Riva e Boninsegna. Non per nulla il Cagliari, per vincere lo scudetto aveva venduto il secondo per valorizzare il primo. Entrambi infatti erano due mancini che preferivano giocare al centro dell’area. In Messico quando giocava uno stava fermo l’altro e si sono spesso scontrati fisicamente, come nell’azione dell’unico gol segnato dall’Italia in finale. Un altro fuoriclasse schierato fuori ruolo fu Giacinto Facchetti, il primo terzino “moderno” della storia del calcio. Fu sacrificato a fare il marcatore. In finale fu messo sulla prima punta Jairzinho, lasciando praterie al terzino brasiliano Carlos Alberto. Che, infatti, ci fece il gol del 4-1.

Valcareggi sbagliò anche le altre marcature. Mise il centrocampista Bertini sulla seconda punta Pelé lo stopper Rosato sul “falso nueve” Tostão. Poi, dopo soli 18 minuti ci ripensò e chiese a Burgnich di spostarsi su Pelé, lasciando Rivellino a Bertini. Fu proprio nell’attimo dello scambio di ruoli che Pelé ci fece il primo gol azzeccando il colpo di testa che l’inglese Banks gli aveva parato nel turno eliminatorio. Fu un gran gol. Così come fu un grandissima azione quella del 4-1 finale, realizzato da Carlos Alberto.

Foto di Christian Dorn da Pixabay

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