Massimo Carminati, dal “Nero” di Romanzo criminale al “Samurai” di Suburra

carminatiMassimo Carminati è uno dei protagonisti a cui si ispira il film Suburra, nelle sale cinematografiche questi giorni, tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo.

Il titolo prende il nome di un vasto e popoloso quartiere dell’antica Roma situato sulle pendici dei colli Quirinale e Viminale fino alle propaggini dell’Esquilino. Protagonisti sono il politico corrotto Filippo Malgradi, il PR Sebastiano, il boss erede della banda della Magliana Samurai, il criminale di Ostia Numero 8, la sua compagna Viola e la escort Sabrina.

“Samurai” è il soprannome del boss romano Massimo Carminati. Quest’ultimo non è nuovo nella scena dei film ispirati alla criminalità romana degli ultimi 40 anni. È stato, infatti, uno dei personaggi chiave della serie di Romanzo criminale: il “Nero”, colui che ucciderà il “Libanese”, uno dei capi della banda della Magliana. Ma vediamo chi è stato e chi è realmente Massimo Carminati.

57 anni, nato a Milano, ma cresciuto a Roma è un criminale italiano, esponente del gruppo eversivo d’ispirazione neofascista Nuclei Armati Rivoluzionari e affiliato all’organizzazione malavitosa romana Banda della Magliana.

Il legame con quest’ultima, così come raccontato nella serie, inizia a seguito della rapina ai danni della filiale della Chase Manhattan Bank di piazzale Marconi all’EUR, avvenuta il 27 novembre 1979, quando Carminati aveva solo 21 anni.

Sempre nel 1979, si attivò per la liberazione di Paolo Aleandri, un giovane neofascista orbitante nella galassia dei NAR, rapito dalla Banda per non aver riconsegnato un borsone pieno di armi utilizzate da vari esponenti della destra eversiva.

È stato rinominato da molti “l’intoccabile” per la lunga serie di delitti in cui sembrerebbe coinvolto, ma per i quali è sempre stato assolto; tra questi la strage di Bologna, ripresa anche nel film Romanzo Criminale.

Fu incriminato ma poi assolto, anche per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli; secondo un pentito della Magliana “fu Massimo Carminati a sparare […] per favorire la crescita del gruppo, con  entrature negli ambienti giudiziari, finanziari romani, ossia negli ambienti che detenevano il potere.”

Ma anche in questo caso Carminati la passò liscia.

massimo_carminati_anni_80Il suo primo arresto, avvenuto il 20 aprile 1981 a 23 anni, porta sul corpo del boss una traccia indelebile. Venne catturato nel tentativo di fuggire all’estero, con 25 milioni di lire e tre diamanti nella sua auto; fu colpito da un proiettile che trapassò il parabrezza infilandosi nell’orecchio fino a raggiungere l’occhio sinistro di cui ne perse l’uso. Da lì venne soprannominato “er cecato”.

Arrestato più volte, Carminati ha però passato indenne la tempesta giudiziaria zigzagando tra le ipotesi investigative, venendo ogni volta fuori dall’occhio del ciclone, fino a Mafia Capitale.

Ed è qui che entra in scena il “Samurai” di Suburra. 65a5d085ee3356a74ade4f0c1646817d-1998-kmCF-U1040761464191xDG-640x360@LaStampa.itIl 2 dicembre 2014 Massimo Carminati viene arrestato dai Carabinieri del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) insieme ad altre 36 persone, con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata, trasferimento fraudolento di valori, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni nell’ambito dell’inchiesta Mondo di Mezzo della procura di Roma riguardante le infiltrazioni mafiose, chiamata dagli inquirenti Mafia Capitale, nel tessuto imprenditoriale, politico ed istituzionale della città, attraverso un sistema corruttivo finalizzato ad ottenere l’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici dal Comune di Roma e dalle aziende municipalizzate, con interessi anche nella gestione dei centri di accoglienza degli immigrati e nel finanziamento di cene e campagne elettorali.

La sua zona era quella di Corso Francia dove, sempre secondo gli investigatori, grazie alla sua impunità e al suo sangue freddo, era riuscito ad essere l’uomo cardine per gli affari criminali in città. “A Roma anche la ’ndrangheta e la camorra dovevano sentire il parere di Carminati per i loro affari”, questo il parere di un inquirente. Così come era stato capace di costruire e di gestire un fiorente traffico di videopoker: affari per milioni di euro. La Distrettuale Antimafia ne aveva monitorato anche i rapporti con Michele Senese boss della camorra che ha spadroneggiato a Roma e ora recluso in carcere con l’ergastolo. Su di lui erano caduti i sospetti su alcuni recenti omicidi accaduti a Roma.

L’attività del Samurai si spingeva anche nell’individuare e “reclutare imprenditori” ai quali forniva protezione, manteneva i rapporti con gli esponenti delle altre organizzazioni criminali che operano su Roma “nonché con esponenti del mondo politico, istituzionale, finanziario e con appartenenti alle forze dell’ordine e ai servizi segreti”.

Ed è proprio Carminati a spiegare la sua filosofia di vita: “È la teoria del mondo di mezzo – dice in una intercettazione – dove tutto si incontra…tutto si mischia…perché anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non le può fare nessuno…”.

di Arianna Orlando

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