Mapplethorpe: film-documentario del genio e sregolatezza

Il mondo ora contiene più fotografie che mattoni e sono, sorprendentemente, tutte diverse.
(John Szarkowski)

È uscito ieri, 24 ottobre, esce  un film-documentario senza tabù. Con la partecipazione speciale di Patti Smith, “Mapplethorpe” di Fenton Bailey e Randy Barbato, è il primo documentario in assoluto  sul celebre e notissimo fotografo, morto di Aids nel 1989, noto al grande pubblico soprattutto per le sue foto di uomini nudi e fiori che ricordano organi genitali.

Accusato di realizzare “oscenità travestite da arte” prima della sua piena consacrazione (da morti, gli artisti ascendono al cielo),  “tutti ti amano quando sei 2 metri sotto terra”, diceva John Lennon; esce da oggi nelle sale un film-documentario particolarmente interessante.

In uscita da lunedì 24 ottobre 2016, la vita appassionante ed anche borderline del celebre fotografo americano, che  rilasciava ai giornalisti queste dichiarazioni “Voglio vedere quanto riesco ad avvicinarmi alla pornografia attraverso le mie foto”.

Robert Mapplethorpe è sempre stato interessato dagli ideali classici del corpo umano e dalla bellezza delle sue forme: voleva diventare infatti uno scultore. Probabilmente l’essenza e la sostanza della fotografia come sublimazione dell’ideale della bellezza classica, soprattutto greca.

Inizi e censura politica

La sua colpa maggiore? Aver realizzato scatti molto espliciti, che lasciavano ben poco all’immaginazione, permeati da divertenti provocazioni, trasudando  sensualità anche nei ritratti conturbanti e nelle apparentemente innocenti foto di fiori. Scatti che sarebbe però riduttivo definire “pornografici”, perché uniscono (osservandoli anche ai nostri giorni)  alla provocazione,  la perfezione della composizione e della forma, il senso dell’umorismo, del gioco, dello stupore.

Le fotografie sono meno importanti della vita che si sta vivendo”, diceva Mapplethorpe.  Nel 1970 comprò la sua prima Polaroid , con l’unico vero obiettivo di sconvolgere, provocare ma anche vivere in una vita senza censura,  indugiando sull’armonia completa tra natura ed uomo;  venne introdotto nella comunità sadomaso newyorchese, sia come osservatore che come partecipante.

Genio e sregolatezza

Da quella esperienza nel mondo sadomaso (sex&magic) , nel 1978 nacque l’X portfolio, una serie di scatti rivoluzionari per l’epoca, in perfetta unione tra natura, nudo e rigore professionale.  La famosissima rivista Vogue lo ha spesso definito “la perfezione nella forma“, lui stesso durante le conferenze stampa, rilasciava dichiarazioni come “se fossi nato cento o duecento anni fa, avrei potuto fare lo scultore, ma la fotografia è un mezzo molto veloce per vedere e per fare scultura”.

il-piacere-della-formaL’archivio fotografico di Mapplethorpe comprende 120 mila negativi e più di 3.000 Polaroid, tra cui gli studi sulle nature morte e i primi piani sui fiori;  immagini di uomini che ballano nudi indossando corone, e le fotografie scattate a Patti Smith, Andy Warhol e la bodybuilder androgina Lisa Lyon.

Mapplethorpe fotografò uomini gay nudi “quando era sconveniente farlo” e, come disse Smith, lo fece senza cercare scuse “investendo l’omosessualità di mascolinità, grandezza e nobiltà”.  Mapplethorpe era molto più sofisticato di quanto si creda. Era un artista che “comprese  il valore della propria intuizione e del suo occhio“.  Al di là delle polemiche suscitate, il suo lavoro è molto complesso e creativo, le sue foto sono delle vere opere d’arte.

Certamente non tutti amano queste forme d’arte, ma riteniamo doveroso abbracciare l’arte nelle sue sfumature più complete, perchè la cultura, la creatività, aprono le porte del cielo, ci permettono di guardare la vita a 360″.

Una fotografia non è né catturata né presa con la forza. Essa si offre. È la foto che ti cattura.
(Henri Cartier-Bresson)

Robert Mapplethorpe, come accennato all’inizio del nostro articolo,  morì  per Aids il 9 marzo 1989. Nello stesso anno, in una galleria d’arte di Washington fu cancellata una mostra dedicata a lui, a causa del contenuto di alcune fotografie. Il documentario in uscita da oggi, 24 ottobre, raccoglie moltissime  testimonianze di colleghi, amici, familiari, numerose testimonianze ed aneddoti di modelle, collaboratori; imperdibile  la partecipazione straordinaria di Patti Smith, la “poetessa del rock”, figura non convenzionale, atipica, donna rivoluzionaria nel rock degli anni settanta, ricordiamo  tra le grandi protagoniste del proto-punk e della New wave.

La Smith compirà settant’anni a dicembre, un’età ingombrante e “strana”  per il rock’n’roll.  Non per lei, non per una donna fuori dagli schemi e dai binari pre-costituiti.  La sua scrittura, la sua poesia, è stata disciplina quotidiana.

Le immagini  sono originali dell’epoca, provenienti dall’archivio della Mapplethorpe Foundation.

Si ringrazia:

www.mapplethorpe.org/

di Alessandra Paparelli

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