L’ultima verità di Neruda

imagesForse in Italia l’immagine più nitida che abbiamo di Pablo Neruda è quella che di lui ci ha dato “il postino” Massimo Troisi.

Lo vediamo camminare sulle sponde di Capri ed insegnare la bellezza delle metafore a Troisi, lo vediamo esiliato seguire da lontano le sorti dei “compagni” prima del ritorno in patria in seguito alla caduta della dittatura di Videla e la candidatura a nuovo presidente di Salvador Allende per il Partito Socialista.

Quella di Troisi fu una specie di dichiarazione di amore, poco prima di morire, con quell’intensità che solo lui sapeva dare alla schiettezza e semplicità, banalità quasi, di alcuni sentimenti, con la sua comicità intrisa di riflessione e malinconia. Neruda e Troisi non si parlano solo attraverso le metafore, ma anche attraverso gli ideali: il postino muore prima di poter rivedere il suo poeta in una manifestazione comunista, Neruda morì pochi giorni dopo il colpo di stato del generale Augusto Pinochet e la morte del suo amico Allende.

Anche i suoi funerali divennero una occasione di protesta, ce li raccontò Isabel Allende nella sua Casa degli spiriti: “Il piccolo corteo camminava in silenzio. D’improvviso qualcuno gridò rocamente il nome del Poeta e una sola voce a piena gola rispose “Presente! Ora e sempre!” Fu come se avessero aperto una valvola e tutto il dolore, la paura e la rabbia di quei giorni fossero usciti dai petti e circondassero la strada e salissero in un terribile clamore fino ai neri nuvoloni del cielo. Un altro gridò: “Compagno Presidente!” E tutti risposero in un lamento, pianto di uomo: “Presidente!” A poco a poco il funerale del Poeta si tramutò nell’atto simbolico di seppellire la libertà. La voce di tutti si levò in un canto e l’aria si riempì delle frasi proibite, gridando che el pueblo unido jamas serà vencido, fronteggiando le armi che tremavano nelle mani dei soldati”.

Negli ultimi giorni di vita più volte la sua casa venne perquisita dei militari, e le sue proprietà fatte in pezzi. Secondo fonti ufficiali fu un cancro alla prostata ad ucciderlo nella clinica Santa Maria, a Santiago.

Oggi anche il corpo del poeta diventa simbolo di protesta e sarà finalmente riesumato, come i comunisti cileni richiedono dal 2011, per chiarire le effettive cause della morte.

Era infatti il 2011 quando il suo autista, Manuel Araya, dichiarò: “Don Pablo è stato assassinato da agenti della dittatura. Nella clinica dove si stava spegnendo piangeva la morte del grande amico assieme ai coraggiosi che lo andavano a trovare. E gli hanno chiuso la bocca”. Così quella di Neruda è stata aggiunta ad altre 726 “morti incerte” seguite al golpe militare su cui il procuratore di Santiago del Cile, Mario Carrozza, indaga, prima tra tutte la morte di Allende, di cui lo stesso Neruda scriveva, negli ultimi appunti: “Bisognava colpirlo, mitragliarlo perché mai si sarebbe dimesso dalla carica che il popolo gli aveva assegnato”.

Neruda avrebbe lottato perché si sapesse la verità:

Chiederete: perché la tua poesia

Non ci parla del sogno, delle foglie,

Dei grandi vulcani del paese dove sei nato?

Venite a vedere il sangue per le strade,

Venite a vedere

Il sangue per le strade,

Venite a vedere il sangue

Per le strade!

Da “Spiego alcune cose” in “Spagna nel cuore” (1938)

di Claudia Durantini

foto: elciudadano.cl

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