L’importanza dell’ippoterapia per un disabile

2014-05-30 15.33.23Mi chiamo Alberto, ho 24 anni e una tetra paresi spastica ma sono in una posizione un po’ privilegiata, perché non essendo bisognoso ancora di assistenza esterna, ho potuto guardare con occhi estrinsechi il mondo del volontariato e in particolare il mondo dell’associazionismo legato all’area disabilità.

Da 4 anni vado a cavallo con Anffas Onlus Modena e mi piacerebbe spiegarvi, non in modo tecnico ma dal punto di vista di un disabile, perché è importante l’attività equestre per un disabile.

Per fare questo voglio raccontarvi come si svolge una passeggiata a cavallo: come spesso accade, nel nostro caso, l’attività non inizia nel momento in cui si inizia a cavalcare ma un po’ prima, ovvero nella preparazione del cavallo. Infatti come tutti sappiamo il cavallo va pulito, spazzolato, sellato ect.

Questo, all’inizio della lezione, viene fatto solitamente dagli istruttori, anche se molte volte si fanno aiutare dai ragazzi; perché conoscere il cavallo anche nel curare il suo corpo fa avere una maggiore interazione con l’animale.

Gli animali adibiti alle passeggiate solitamente sono molto mansueti, perché sono anziani e, invece di mandarli al macello, vengano addestrati per uso terapeutico e destinati alle varie associazioni.

Inoltre sono animali che tendenzialmente non hanno mai fatto gare ma utilizzati per usi privati, questo perché il cavallo che fa sport viene alimentato anche con erbe che inducono a prestazioni maggiori.

Dopo la preparazione e la sellatura del cavallo, c’è la parte più difficile, ovvero montare sul cavallo. Qui mi voglio soffermare un attimo, perché per una persona che sta sempre in una stessa posizione, fare un cambiamento così forte, comporta uno sfasamento totale dell’equilibrio sia fisco che emotivo e questo è lo scopo dell’ippoterapia. image001alberto

In una vita spesso dettata da consuetudini quotidiane (non da denigrare) il cavallo è una rottura di questo ritmo, perché è vivo e ha emozioni come un essere umano, ma non ha un ego e un super-ego che controllano gli istinti primitivi, quindi è puro istinto, è lì, a mio avviso, il bello del cavallo.

Una volta saliti in sella c’è la fase di adattamento con il corpo dell’animale ma anche con il tuo che ha assunto una nuova posizione, per questo la figura del fisioterapista è importante, perché ti aiuta a trovare l’equilibrio. Infatti anche la lunghezza delle staffe è importante, perché se sono troppo corte o troppo lunghe può scompensare il modo di essere precisi nel dare ordini al cavallo. Dopo pochi minuti i muscoli si distendono e inizia il vero piacere: cavalcare.

Le attività che si fanno sul cavallo sono tante, quella più difficile paradossalmente è stare fermi, soprattutto mentre mangia, perché se quando il cavallo passeggia il suo ondulare ti tiene in equilibrio, quando mangia sei tu che devi rimanere in equilibrio, poi chiaramente il terapista e gli istruttori ti danno un aiuto.

Inoltre è anche difficile tirare via il cavallo mentre rumina, perché lo stomaco del cavallo non è mai pieno!

Anche nell’ippoterapia c’è una parte più prestazionale. Perché anche noi, diversamente abili, eseguiamo percorsi con ostacoli, con birilli e barriere.
Gli istruttori inventano dei percorsi con delle tappe.

In più quando il tempo lo permette viene fatto tutto in aria aperta che per noi disabili, abituati a stare prevalentemente in locali chiusi, è davvero una boccata di ossigeno!

Insomma il cavallo non è solo terapia, ma anche armonia con noi stessi e gli altri.

di Alberto Gatti

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