Libia, quale può essere la soluzione negoziata per arrivare alla pace

Libia, la guerra civile continua (Fonte foto: La Presse)

Libia. Dopo sette anni e mezzo dall’uccisione del dittatore libico Muammar Gheddafi, la situazione in Libia è precipitata. Con circa 800.000 rifugiati provenienti da mezza Africa pronti a imbarcarsi per l’Europa, costi quel che costi. L’avanzata del generale Haftar verso Tripoli è stata, per il momento, fermata dai governativi fedeli ad Al Sarraj. Parafrasando un famoso proclama, tuttavia, “la guerra civile continua”.

Il governo legittimamente riconosciuto, quello di Al Sarraj, non lo è mai stato oltre i confini della Tripolitania. Ora lo è soltanto dei dintorni di Tripoli e di Misurata. Con la sua avanzata dei giorni scorsi, infatti, il suo avversario, il generale cirenaico Khalifa Haftar, oltre a controllare tutta la Cirenaica e il Fezzan, è riuscito a conquistare un corridoio che spezza in due la Tripolitania di Al Sarraj.

Haftar, ha lavorato molto bene nei mesi scorsi. Approfittando di una tregua più o meno sostanziale, ha acquisito armi e appoggi da Egitto, Arabia Saudita ed Emirati. Forse anche da Francia e Russia. L’Italia, invece, ha puntato sul governo di Tripoli, proprio per arrestare il flusso di migranti. Che si sono accampati in Tripolitania o imprigionati nei lager di Al Sarraj.

L’isolato Qatar e l’inaffidabile presidente turco Erdogan sono gli unici Stati, oltre all’Italia, che supportano ancora il governo di Tripoli. Il resto di quelli che contano o si disinteressano della questione (Gran Bretagna e Germania) o hanno delegato l’Italia a risolvere questo pasticcio (gli Stati Uniti). Per quanto riguarda la praticabilità di una soluzione negoziata, a nostro parere, bisogna guardare il passato, essendo la storia la vera ed unica “maestra di vita”.

Non vi è mai stata una Libia unita sino all’avvento del fascismo

Le tre componenti dello Stato afro-mediterraneo (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan) sono sempre state delle entità separate. Solo nel 1934, il fascismo le riunì in un governatorato unico. Fu uno dei tanti errori della politica africana del nostro paese che ci portiamo appresso da più di cent’anni. Quando, nel 1912 l’Italia s’impossessò della Libia, Tripolitania e Cirenaica erano due province autonome dell’Impero Ottomano. Il Fezzan, invece, una landa desertica in preda, come ora, alle bande tribali e solo formalmente dipendente dalla Tripolitania.

A rigore, la guerra di Libia del 1911-12 si concluse con un trattato che riconosceva all’Italia il solo protettorato sulle due province. Una soluzione normalmente finalizzata a “veicolare” l’indipendenza dello Stato “protetto”. In tal senso avevano e avrebbero operato nell’Africa settentrionale le altre grandi potenze europee: la Gran Bretagna in Egitto (1882); la Francia, in Tunisia (1881) e in Marocco (1913). Così pure si mosse un governo italiano prefascista (quello di Ivanoe Bonomi) nei confronti delle tribù del Fezzan, alle quali riconobbe l’autonomia, nell’ambito del protettorato italiano.

La trasformazione del protettorato in colonia, operato già dai governi dell’Italia liberarle ma poi perseguita con le armi dal fascismo, fu l’errore politico che fruttò tutti nostri problemi con Gheddafi, nella seconda parte del XX secolo e il primo decennio del XXI. L’altro è stato quello di voler cocciutamente mantenere una Libia unita, preferendo un interlocutore unico (tradizionalmente: Tripoli).

Solo separando le tre componenti “storiche” del paese potrà tornare la pace

Caduto e barbaramente ucciso Gheddafi, le tre entità libiche sono tornate a separarsi. A Tripoli si è insediato il governo riconosciuto dall’ONU (Al Sarraj). Nella Cirenaica ha preso il potere il generale Haftar. Il Fezzan è tornato ad essere preda delle tribù del deserto, foraggiate dai pedaggi che impongono ai profughi per raggiungere la Tripolitania.

Pensare che le parti in causa, con tutti gli interessi petroliferi in gioco, depongano le armi e si mettano d’accordo è un puro esercizio di fantapolitica. Ritenere che il generale Haftar, dopo aver guadagnato territori, le deponga per consegnare la Cirenaica al suo avversario, ci pare pura follia. L’unica soluzione accettabile, a nostro parere, è separare gli avversari e convincerli ad accontentarsi del territorio che ora rispettivamente controllano: ad Al Sarraj, la Tripolitania; ad Haftar, la Cirenaica.

Si riparerebbe, così, ad una delle tante conseguenze negative dell’inapplicabile principio di autodeterminazione dei popoli: quello della costruzione di nazionalità artificiali. Non è mai esistito il popolo libico, così come non è mai esistito il popolo cecoslovacco o quello jugoslavo od un unico popolo sudanese. Se vogliamo trovare la pace, in Libia, dobbiamo risuscitare le nazionalità reali e separare il tripolino dal cireneo.

In tal modo, Al Sarraj potrebbe governare pacificamente la Tripolitania e sarebbe la prima volta da quando è al potere. Haftar troverebbe un riconoscimento internazionale come leader della Cirenaica. La soluzione per il Fezzan potrebbe essere demandata all’accordo tra le parti (Tripoli, Bengasi e le tribù locali) ma sempre finalizzata a qualche forma di autonomia locale. Negli ultimi cinquant’anni, gli unici trattati di pace o armistizi che hanno retto, sono stati quelli in cui si è tracciata una linea di separazione tra i contendenti (Bosnia, Kosovo, Cipro, Sud Sudan). Lanciamo un appello al Presidente Giuseppe Conte: facciamo anche in Libia così.

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