L’Europa e i migranti africani

Migranti Giorni fa ero in udienza ed ho avuto modo di assistere al processo di tre ragazzi ghanesi. Tre splendidi, atletici, giovani ragazzi color cioccolato, che parlavano un perfetto inglese, oltre, ovviamente, ad almeno una delle loro 47 lingue locali. Avevano l’aria intelligente. Li avrei visti bene con indosso la toga e non con le manette ai polsi, rei confessi di spaccio di droga.

Quella triste scena mi ha fatto riflettere molto. Il Ghana è una terra ricca di risorse naturali; caffè, cioccolato ed, oggi, anche petrolio sono tra le voci di esportazione più importanti; una terra con un passato politico variegato, dal colonialismo ai regimi militari, ma che finalmente è giunta alla repubblica; una terra che accoglie diverse religioni; una terra che, pur tra mille difficoltà, sta crescendo. Tuttavia ha un sistema scolastico che, pur arrivando fino all’università, non assicura una preparazione idonea a migliorare le risorse personali e del Paese; ha un sistema sanitario totalmente deficitario, un controllo delle nascite inesistente ed una mortalità altissima, soprattutto infantile. L’aspettativa di vita, in media, non supera i sessant’anni. E’ un Paese con enormi problemi, ma anche con potenzialità enormi, il cui sfruttamento noi occidentali dovremmo aiutare. Non certo colonizzandolo, come in passato, né rubandogli le risorse, bensì istruendo le giovani generazioni, affinché possano trovare in quella terra, chiamata non a caso la Costa d’Oro, un futuro vero.

Invece cosa facciamo? Insieme a tantissimi altri migranti, per i quali, in parte, valgono le stesse considerazioni, li “accogliamo” quando ormai sono stati costretti a fuggire dal paese natio, depredati dagli scafisti torturatori prima di salire sui gommoni della speranza. Anche i tedeschi, i francesi, gli spagnoli, i maltesi, i norvegesi, gli olandesi e chi più ne ha più ne metta hanno navi adibite al recupero dei migranti in difficoltà nel Mediterraneo, ma loro non li accolgono. No. Grazie agli accordi di Amburgo e di Montego Bay sul Search and Rescue (SAR), in Italia vengono sbarcati anche i migranti recuperati dalle navi straniere.

Ho sentito tante voci levarsi contro i “muri” di Trump, ma niente sulla Francia, che, dopo decenni e decenni di colonialismo, durante i quali ha sfruttato in lungo ed in largo l’Africa, ha innalzato un muro nei pressi di Ventimiglia, presidiato dalle nostre Forze dell’Ordine, impiegate a tutelare – udite, udite – i confini francesi. A quale gioco stiamo giocando? Navi francesi sbarcano migranti in Italia ed al confine francese gli italiani devono usare ogni mezzo, anche la violenza, per impedire a quegli stessi migranti di sconfinare in Francia. Macron, il presidente banchiere, l’innamorato fanciullo, li ha definiti “migranti economici”. Nel suo perenne far di conto, forse, ha perso di vista la differenza tra numeri, soldi ed esseri umani.

Ora, poi, anche l’Austria ha sbarrato le frontiere e la Spagna ha chiuso i propri porti ai migranti. L’unico Paese europeo che, a parole, sta mostrando un po’ di apertura è la Germania, ma solo perché la Merckel ha l’obiettivo di vincere le elezioni di settembre e, per farlo, è disposta anche a dire quello che non pensa.

Sento parlare ovunque di “accoglienza”. Noi stiamo “accogliendo” i migranti; noi li ospitiamo nei centri di “accoglienza”. Di sicuro salviamo loro la vita. Ed è eroico, soprattutto considerata l’indifferenza dell’Europa cosiddetta unita. Però, dopo averli salvati dal mare, li riversiamo sulle nostre coste e lasciamo che anche l’Europa lo faccia, che il mondo intero lo faccia, in un numero che non possiamo controllare e ci dimentichiamo di loro, lasciandoli in mano alla criminalità organizzata che li sfrutta. Forse è impossibile fare diversamente, dato l’altissimo numero di migranti che ogni giorno sbarcano nel nostro Paese, ma è proprio questa considerazione che ci dovrebbe convincere ad un’inversione di rotta.

Erano incensurati, quei ragazzi ghanesi; tutti e tre.

Tre giovani ragazzi che avremmo potuto aiutare, nella loro terra d’origine, a diventare medici, ingegneri, artigiani, operai, contadini. Invece, in nome di “aiuti umanitari”, che rovesciano sulle coste italiane non uomini ma carne umana da macello, li abbiamo fatti finire in galera.

Non ci trovo niente di umanitario, in tutto questo.

Se non porremo un limite alla migrazione, snatureremo la parola “accoglienza“, e lo faremo sulla pelle della povera gente, quella che viene dal mare e quella che vive in Italia, perché, evitando di raccontarci menzogne, la vita non è facile per nessuno con la migrazione incontrollata degli ultimi anni. Vogliamo davvero prestare “aiuti umanitari”? Non servono muri, né porti chiusi, bensì un’attenzione concretamente focalizzata sull’Africa; servono aiuti veri. Sia negli Stati in cui si può lavorare con i governi locali; sia in quelli dilaniati dalle guerre, ancora più bisognosi di una stabilità che, forse, le forze di pace potrebbero dare, sebbene l’ONU sembri più attento a controllare che sbarchino tutti in Italia, piuttosto che muoversi per offrire a quei popoli una vita migliore. Dovremmo costruire ospedali, strade, scuole, acquedotti, università; inviare medici, docenti. Soprattutto evitare di pensare ai guadagni, ai soldi, perché questo carosello dell’accoglienza ne muove parecchi e non arrivano certo in mano ai migranti bisognosi. Se quegli stessi soldi potessimo investirli là dove c’è bisogno! L’Europa sta promettendo stanziamenti generosi per l’Italia. Si parla di 35 milioni di euro. Scusate il mio populismo, di cui vado fiera: chi li intascherà? Non sarebbe più fruttuoso accertarsi che vadano direttamente in Africa, investiti in strutture necessarie per rendere migliore la vita degli africani? Se veramente vogliamo aiutare, evitiamo di trasformare la tragedia di una migrazione tanto massiccia in un affaire vantaggioso per chi gestisce la logistica degli arrivi; e, soprattutto, non sediamo le coscienze ammucchiando corpi sulla sabbia, indifferenti a quel che andranno a fare per vivere, anzi per sopravvivere.

L’Africa è un continente vastissimo. Anche un bambino delle elementari che ha appena studiato gli insiemi capirebbe che non può entrare in un piccolo Stato come l’Italia. Se, poi, consideriamo che i migranti non arrivano più solo dall’Africa, i conti si fanno ancora più semplici e, nella loro semplicità, più allarmanti, più drammatici. Attualmente, a tutti coloro che ci fregiamo di “accogliere” siamo in grado di offrire solo povertà, malattia, prostituzione, delinquenza, disperazione.

Quando, tra sei mesi (perché questa è stata la pena detentiva comminata), usciranno dal carcere, quei tre ragazzi ghanesi saranno delinquenti per sempre: viste le pene ridicole che si comminano in Italia, mettendosi in proprio, potranno guadagnare bene con la droga, sicuramente meglio che studiando da ingegneri o da medici, o lavorando come artigiani, operai, contadini; perderanno il senso della dignità. E, tra quello che avrebbero avuto la chance di diventare e quel che saranno, ci sarà solo l’umanitarismo egoista che infarcisce la retorica dei benpensanti.

di Raffaella Bonsignori

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