Leonardo a Parigi: una mostra da dimenticare

Il 2019 celebra i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, avvenuta in Francia nel 1519 e, ammesso che questo sia un traguardo da festeggiare, in tutto il mondo si sono organizzate mostre in onore del genio toscano.

Hanno iniziato i Musei Vaticani i quali, con estrema generosità, hanno gratuitamente esposto per tre mesi nel colonnato di Piazza San Pietro, l’unico quadro di Leonardo in loro possesso, il San Girolamo

Chi lo abbia scoperto solo ora sappia che ha perso un’occasione eccezionale per ammirare l’opera in totale solitudine: la sala dedicata alla esposizione era sempre deserta. È stato bello vedere l’entusiasmo con cui i romani hanno risposto alla mostra! D’altra parte è pure un po’ colpa di Leonardo, che avrebbe potuto impegnarsi di più e terminare quel benedetto quadro invece di lasciarcelo incompiuto, ma ormai è tardi per recriminare e ce lo teniamo così.

Il colonnato di San Pietro è stata la prima tappa di una lunghissima tournée che ha portato San Girolamo in giro per il mondo.

Al Metropolitan Museum di New York, per tutti i quasi tre mesi della sua esposizione, è stato ammirato da una folla acclamante.

San Girolamo non può essere definito un quadro di facilissima decifrazione e non solo per via del fatto che non è stato terminato: i suoi colori cupi ed i disegni a volte solo abbozzati non permettono di definire “bello” questo quadro. La magnificenza di quest’opera, però, sta anche in questo incompiuto: nei tratti disegnati ancora a matita che raccontano il percorso creativo di Leonardo, nell’espressione del volto e nelle pieghe del collo del santo, dove si scorge tutta la tensione della sofferenza. 

Le immagini in infrarosso permettono di leggere la storia del suo ritrovamento: alla morte di Leonardo il quadro scomparve e venne ritrovato solo anni dopo, in pezzi. Sembra che una parte della tavola fosse addirittura utilizzata da un ciabattino come sgabello. Romanzato o meno che sia, questo racconto pare trovare conferma dai tagli che le indagini con gli infrarossi hanno rilevato nella tavola.

Terminata la mostra al Metropolitan, San Girolamo è partito per l’ultima tappa del suo viaggio ed è arrivato in Francia, a Parigi, dove il Louvre ha organizzato una mostra imponente in onore di Leonardo, pubblicizzata ovunque ed attesa come l’evento clou di questo cinquecentenario.

I fortunati francesi possiedono un numero straordinario delle opere di Leonardo a cominciare dalla celeberrima Gioconda. Era quindi comprensibile che fosse il Louvre a celebrare Leonardo con l’esibizione più completa. Quello che non è comprensibile è il modo in cui la mostra è stata organizzata. O meglio: disorganizzata.

I biglietti, ormai quasi tutti esauriti, (la mostra terminerà il 24 febbraio 2020) hanno il costo accessibile di 17,50 euro e consentono l’accesso sia alla mostra di Leonardo che a tutto il Louvre. Nell’acquistarli si sceglie il giorno e l’ora dell’ingresso, il che farebbe credere ad accessi contingentati. Invece è tutto un disastro. 

Una piantina sul biglietto avrebbe potuto evitare le difficoltà nel trovare l’ingresso della mostra  – si entra da un accesso secondario che i navigatori non conoscono e, peggio, confondono con altra strada – ma, dopo aver sbagliato un paio di volte e ricevuto dichiarazioni fuorvianti, si trova. 

Superata la coda, più o meno lunga a seconda delle ore, si entra nel museo e lì, davanti ai manifesti della mostra, ti viene da ridere: scopri che stai andando a vedere Léonard de Vinci… LÉONARD DE VINCI? Ma chi è? In tutto il mondo, TUTTO, a nessuno è venuto in mente di tradurre il nome di Leonardo, chiunque, anche il meno dotto degli uomini, lo conosce, ma per i francesi è “Léonard de Vinci”, come se questo lo rendesse meglio comprensibile. O più francese. Ma per favore! Ci dispiace, vicini d’oltralpe, ma Leonardo, da voi, ci è venuto solo a morire, chè dopo un paio di anni in Francia ha reso l’anima al Signore e chissà non fosse anche perchè vivere in Francia non gli piaceva (tiè!).

Se poi, dall’alto, si è affacciato a vedere come avete organizzato la sua mostra, allora davvero vi starà odiando: apprezzare i quadri richiede un po’ di tempo, spazio e   silenzio e in questa mostra manca tutto.

L’esposizione è relegata in spazi troppo stretti e, ad onta delle prenotazioni orarie, è così affollata da rendere il visitatore parte di un lunghissimo e rumoroso serpentone umano.

Tanto era genio Leonardo, tanto il curatore della esibizione gli fa da contraltare avendo scelto di collocare le spettrografie distanti dal quadro di riferimento, così da vanificare ogni speranza di confrontare e comprendere. 

Manca qualsiasi indicazione accanto ai quadri, a parte il titolo, rigorosamente tradotto in francese. 

Se, varcando muri umani, riuscirete ad arrivare davanti all’uomo di Vitruvio (del quale dovrete chiedere perchè è così nascosto in un angolino da essere invisibile), rimarrete sconcertati nel vedere gente che scatta foto – il che già infastidisce – con il flash. Alla faccia di tutte le accortezze con cui il disegno verrebbe usualmente trattato, almeno secondo quello che Alberto Angela ha spiegato nel documentario recentemente andato in onda. Viene il dubbio che l’Accademia abbia inviato una copia.

La Gioconda non è stata spostata dalla sua sede ordinaria e, forse, è stata la sola scelta corretta: la coda per vederla da vicino è talmente lunga da ricordare quelle che si fanno all’immigration americana una volta sbarcati. 

Alle spalle del quadro si apre una immensa galleria di tesori del 500 e 600 italiano ed è deserta: per i più l’arte si riduce alla Gioconda. Gran peccato non ammirare Caravaggio, Correggio, Carracci, Guercino, e peccato pure che qui siano Caravage, Corrège, Carrache, Guerchin… ma, francesi, non vi sembra ridicolo?

Pessime traduzioni a parte, la mostra di Leonardo è come il nome che le è stato dato, “Lèonard de Vinci”: tutta sbagliata ed adatta solo a chi pensa che l’arte italiana sia limitata alla Gioconda.

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