Le Olimpiadi più politicizzate della storia: Berlino 1936

olimpiadi-di-rio-20161-744x445Tra poco più di una settimana avranno inizio, a Rio de Janeiro, i Giochi della XXXI Olimpiade. Il fatto che siano le prime ad essere organizzate in Sudamerica, le rende già un evento senza precedenti. Tuttavia, il sospetto che la politica con la P maiuscola stia operando dietro le quinte per mettere in cattiva luce questo o quel sistema politico e favorirne altri, spianando la strada alla vittoria di questo o quell’altro atleta, non manca neanche stavolta. A farne le spese sono gli atleti russi che, a cominciare da quelli dell’atletica leggera, in parte sono già stati esclusi e in parte rischiano di non partecipare, con l’accusa di doping di Stato, non accertato tecnologicamente ma – sembra – abbastanza conclamato.

Stessa storia, Olimpiade diversa

Sommerolympiade, Siegerehrung Weitsprung

La strumentazione dei giochi olimpici a scopo politico non è nuova. Risale esattamente a ottant’anni fa l’esempio più eclatante, quello delle Olimpiadi di Berlino, che furono inaugurate con una cerimonia senza precedenti dal dittatore Adolf Hitler, esattamente il 1° agosto 1936. Fu quella la prima volta che, dopo un viaggio di mano in mano per 3.075 chilometri,  un tedoforo con la fiaccola olimpica fece ingresso nel magnifico Olympiastadion e accese l’apposito tripode con la fiamma ottenuta grazie agli specchi ustori nell’antica città greca di Olimpia.

Una formidabile propaganda

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Con l’organizzazione dei giochi, Hitler mise in cantiere una formidabile macchina propagandistica dell’ideologia nazista, con l’intenzione, in particolare, di magnificare, su tutte le altre, la razza ariana. Oltre alla realizzazione di gigantesche -per l’epoca- strutture sportive e alla preparazione perfetta degli atleti tedeschi, i giochi furono celebrati da una pellicola assolutamente eccezionale, che taluni critici ritengono ancora oggi l’espressione più significativa di tutta la cinematografia: “Il trionfo della volontà”, per la regia della fotografa di regime Leni Riefenstahl. La Riefenstahl utilizzò tecniche straordinariamente innovative, come i carrelli per muovere le camere, l’uso del teleobbiettivo e delle riprese aeree o sui dirigibili, riprese al livello del terreno o mediante un elevatore al di sopra del podio,  piattaforme mobili. Il risultato fu un’incredibile celebrazione in bianco e nero dei corpi e delle prestazioni degli atleti, indipendentemente dalla loro origine razziale. Il führer, infatti, non sembra che sia rimasto particolarmente soddisfatto del risultato, nonostante che la regista – si dice – fosse una delle sue amanti segrete.

Owens e lo smacco alla Germania

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Pur classificandosi al primo posto nel medagliere, con 89 podi, contro i 56 degli Stati Uniti, la Germania nazista, infatti, subì uno smacco profondo in alcune specialità tradizionalmente ritenute “di riferimento”. E’ il caso delle gare di atletica leggera, dove trionfò lo statunitense di colore Jesse Owens, con 4 medaglie d’oro in quattro discipline diverse. Owens vinse i 100 metri, uguagliando il suo record del mondo in semifinale (anche se grazie al vento) e “passeggiando” in finale. Si ripetè sui 200 metri, risultando il primo atleta della storia a scendere al di sotto dei 21 secondi netti (20”8) e poi si accinse a competere nel salto in lungo. In tale gara, il  führer e lo staff tecnico germanico puntavano sulla vittoria del primatista europeo Luz Long, un campione di sportività più unica che rara. Owens, infatti, aveva fallito i primi due salti e, con un terzo salto “nullo”, sarebbe stato eliminato, spianando la vittoria al tedesco. Fu Long a suggerire ad Owens di allungare la rincorsa, data la ventosità della giornata e lo statunitense, ottenne così la misura di 8.06 metri che gli permise di vincere la sua terza medaglia d’oro. Owens non doveva partecipare alla staffetta 4×100 ma due dei componenti della squadra americana erano di religione ebraica. Non si sa bene cosa sia accaduto, fatto sta che all’ultimo momento i due atleti furono rimpiazzati da Owens e da Ralph Metcalfe, argento sui 100 metri, entrambi di colore. Naturalmente il risultato fu un’altra vittoria per gli statunitensi, con un tempo, anche in questo caso, per la prima volta al di sotto di un “muro psicologico”, quello dei 40 secondi netti (39”8).

Maffei, Valla onore italiano

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In quella stessa gara l’italiano Arturo Maffei giunse quarto, con il record italiano di 7.73, sia pur ventoso, che rimase imbattuto per ben 32 anni (all’epoca non si teneva conto dei limiti di vento). Mentre Luz Long accompagnava il vincitore nel giro di campo, il führer ebbe un attacco di bile e lasciò la tribuna, per non stringere la mano e consegnare la medaglia all’esponente di una razza che il nazismo riteneva inferiore. Long fu poi “spedito” in prima linea, durante la seconda guerra mondiale e trovò la morte in Sicilia, combattendo proprio contro gli americani. Ebbene, l’Italia, in quelle Olimpiadi, si comportò egregiamente. L’ostacolista Trebisonda “Ondina” Valla, sconfisse al fotofinish degli 80 hs le sue più accreditate avversarie e fu la prima atleta donna italiana a vincere una medaglia d’oro olimpica. Gli schermidori fecero man bassa di medaglie (9, di cui 4 d’oro) e, soprattutto, la nazionale olimpica di calcio, di fronte al tifo contrario di tutto l’Olympiastadion, ottenne la vittoria contro la favorita Austria, ai tempi supplementari. Fu di buon auspicio per il titolo mondiale che avrebbero conseguito gli azzurri, esattamente settant’anni dopo (nel 2006), nello stesso stadio.

 

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