Le fasce più a rischio ai tempi del coronavirus: strumenti operativi a tutela delle vittime

“Occorre evitare che il principio della tutela della vita umana, alla base delle ordinanze di restrizione, venga meno o si rovesci, al contrario, in una maggiore esposizione alla violenza per le donne e i loro figli, spesso minorenni, condannati a subire o ad assistere alla violenza”.

È uno stralcio della lettera arrivata nelle mani del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ad altri ministri competenti, a firma di 126 donne. Un appello che assume i connotati di un vero e proprio allarme quello della “violenza intramuraria”, che il ministro Elena Bonetti – in tempi di emergenza nazionale sanitaria – definisce “un’emergenza nell’emergenza”. Dopo l’inevitabile ed ormai attesa dichiarazione dello stato di pandemia, l’11 marzo scorso, da parte dell’OMS, in merito alla diffusione del nuovo coronavirus (COVID-19), i Paesi più colpiti hanno messo in atto misure restrittive necessarie per la salvaguardia della popolazione dal rapido contagio del COVID-19.

In Italia, tali restrizioni hanno preso il via attraverso l’adozione di una serie di misure urgenti da parte del Governo (DPCM del 8-11-23 febbraio 2020), che hanno riguardato, prima le regioni del nord-Italia più colpite, per poi interessare tutto il Paese. Si tratta di restrizioni che hanno gradualmente limitato la libertà di circolazione delle persone per qualunque motivo e con qualunque mezzo, “salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute” (lett. b art.1. del DPCM del 22 marzo 2020). Sono misure importanti quelle introdotte dal Governo, che si propongono lo scopo di contrastare la diffusione del COVID-19, ma che allo stesso tempo, possono rivelarsi “un’arma a doppio taglio”, per quelle fasce considerate più deboli e più a rischio, come donne e minori, vittime di quel fenomeno diffuso e assai sommerso noto come “violenza domestica”. Il 26 marzo 2020, il Servizio Analisi Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale della Polizia Criminale, ha pubblicato – in merito alla crisi emergenziale epidemologica in corso – un Report “sulla delittuosità in Italia” prendendo in esame il periodo che va dall’1 al 22 marzo 2020. Lo studio evidenzia come, le misure restrittive adottate, hanno ampiamente influito sull’andamento dei crimini, registrando una netta diminuzione del trend sul territorio nazionale (-64,2%). Sono 52.596 i delitti commessi a fronte dei 146.762 dello stesso periodo dell’anno scorso. In particolare i dati mostrano una diminuzione più rilevante per alcune tipologie di reato quali: lo sfruttamento della prostituzione (-77%), le violenze sessuali (-69,9%), i furti in genere (-67,4%), i furti in abitazione (-72,5%), i furti con destrezza (-75,8%), le rapine in uffici postali (-73,7%) ed una diminuzione meno rilevante per altri reati quali le rapine (-54,4%) e quelli riguardanti agli 2 stupefacenti (-46%) .

Lo stesso Report analizza inoltre, come nel periodo in esame, comparandolo con l’ intervallo di tempo dell’anno precedente, ci sia una diminuzione anche dei maltrattamenti in famiglia (-43,6%)Un dato che si basa sulla diminuzione delle denunce ma che certamente non è rappresentativo della realtà e che invece fa paura. Un allarme, quello dei centri antiviolenza, che attribuiscono la diminuzione delle richieste di aiuto a causa proprio delle misure urgenti nazionali in corso.

Tali restrizioni che impongono la limitazione della libertà personale con la conseguente relativa convivenza forzata con compagni o mariti violenti e spesso in presenza dei figli, ed ancor di più, tenuto conto dell’instabilità ed incertezza economica di questo delicato momento, ne aumentano esponenzialmente il rischio di subire o di assistere ad episodi di violenza. Del resto, nella maggior parte dei casi, quando una vittima di violenza, riesce a prender consapevolezza del proprio status di “vittima” ed ha intenzione di denunciare, lo realizza da sola o accompagnata da qualcuno, nei momenti di assenza del proprio maltrattante o comunque in un momento di libertà.

Ed è proprio per tale ragione che D.i.Re. (Donne in Rete contro la violenza), suggerisce di “utilizzare le uscite consentite” come per esempio: andare a fare la spesa, buttare l’immondizia, uscire per far fare i bisogni fisiologici al proprio cane o recarsi in farmacia “per chiamare il centro antiviolenza più vicino”. A proposito di ciò, un articolo de “La Stampa”, recentemente ha pubblicato un progetto spagnolo nato dalla collaborazione del Governo delle isole Canarie con l’associazione delle farmacie, che prevede la possibilità di sfruttare le uscite consentite (come in Italia) per recarsi presso una qualunque farmacia con l’escamotage di acquistare un medicinale. Basterà riferire al farmacista: “Mascherina-19”. Un parola in codice funzionale a denunciare abusi e violenze tra le mura di casa. Si attiverà immediatamente un protocollo che impegnerà il farmacista ad avvisare la polizia – attraverso il Numero Unico Europeo di Emergenza il “112” – la quale a sua volta, informerà la sezione che si occupa dei crimini di “violenza di genere” per avviare il sistema di protezione.

Anche in Italia, è arrivata una proposta simile, che prevede appunto il medesimo protocollo. Cambia però la parola in codice: “Mascherina-1522”, il numero nazionale delle emergenze. Un servizio pubblico e gratuito attivo 24h su 24, promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a sostegno delle vittime di violenza e stalking. Facendo sempre riferimento al servizio 1522, è importante segnalare inoltre, che è attiva un’App denominata “1522 Anti Violenza e Stalking” (valido per i sistemi operativi IOS e Android) scaricabile con il proprio Smartphone, che permette di rivolgersi direttamente alle operatrici tramite un’apposita chat. Per fornire una maggiore sicurezza “tutti i messaggi saranno cancellati” una volta chiusa la chat. L’App ha anche altre opzioni come: l’accensione di emergenza di luce e segnali sonori, un decalogo per la propria sicurezza nonché la possibilità di effettuare una chiamata veloce al 1522. È ottimo strumento in questo particolare momento storico per segnalare una richiesta d’aiuto, senza necessariamente parlare al telefono e quindi senza correre il rischio di esser ascoltate.

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