L’artista della settimana: M come MINA

476a0ac9-760a-46bc-aac0-26e636c6f975Credo si possa tranquillamente dire che per capacità vocali, repertorio e carisma, Anna Mazzini, in arte Mina, sia stata la primadonna della canzone italiana.

A 19 anni, il suo primo successo “Nessuno”, aveva già reso bene l’idea. Allora si faceva chiamare Baby Gate, ma era già fenomeno vero. E fenomeno che va al di là della musica. Qualcosa di simile era accaduto negli States per Elvis e in Inghilterra per i Beatles.

In Italia, un intero paese rimane estasiato, affascinato e sconcertato da un fenomeno (e non a caso utilizzo nuovamente questo termine) difficile da spiegare ad un giovane d’oggi. A partire dai primi 45 giri, stilisticamente leggeri come “Tintarella di luna” e “Una zebra a pois”, per passare al capolavoro di quel momento e sempre in voga, “Il cielo in una stanza”, scritto da uno sconosciuto (allora) Gino Paoli.

<<Fenomeno>> al punto che la Rai (unica televisione esistente a differenza di oggi) le apre le porte della prima serata. Già perché oltre che cantante (e che cantante), Mina è anche eccellente intrattenitrice. Al punto che gli show che conduce sono più di uno: “Studio Uno”, “Teatro 10” e la memorabile “Canzonissima” (1968).

Altro particolare non indifferente: Mina non è cantautrice, ma da sempre eccellente interprete. Ma <<la tigre di Cremona>>, anche in questo, fa la differenza. Ridefinisce il concetto di interprete, scegliendo accuratamente le canzoni da incidere. Si affida ad autori di rango, ma rilancia anche canzoni perdenti di Sanremo, come “L’immensità”, “La voce del silenzio”.

Fonda la sua casa discografica, la PDU e collabora con Artisti con la <<A>> maiuscola come lei. Prima Fabrizio De André, poi Lucio Battisti. Con quest’ultimo la stima è immensa e molte sono le apparizioni televisive dei 2 insieme. Alcuni brani: “Io e te da soli”, “Insieme”, “Amor mio”. E poi c’è il noto “MinaCantaLucio”, interamente dedicato al grande Battisti. Mina concederà l’onore nella sua carriera anche a Renato Zero, Franco Califano, Enzo Jannacci.

Anche gli anni 70 la vedono protagonista assoluta e ogni suo 45 giri scala i vertici delle hit parade. “Parole parole parole”, “Non gioco più”, “Grande grande grande” e “L’importante è finire” sono solo alcuni esempi. Poi, come accaduto per Battisti (altra analogia), l’essere personaggio pubblico inizia a non piacerle più. Cresce la stanchezza verso quel tipo di vita, i riflettori, i successi pubblici.

Il suo ultimo concerto è del 1978 alla Bussola di Viareggio, con contestuale ultima apparizione televisiva e di questo live esiste anche il disco (“Mina live”). Il resto è storia nota: comincia a sottrarsi ai media e all’Italia tutta e la sua scelta fa <<rumore>> e sensazione.

Dalla fine degli anni 70 (1979 per l’esattezza) Mina comunica solo con i dischi che, con l’ausilio del figlio Massimiliano Pani, ogni anno vengono prodotti. Però è come se qualcosa si rompesse e se gli ingranaggi di un meccanismo perfetto cominciassero a scricchiolare e non funzionare più come prima.

Gli anni che verranno la vedranno sì protagonista (anche se in modo diverso), divenendo nel tempo, per alcuni aspetti però, anche stucchevole e ripetitiva.

Dal 1979 al 1995 (per ben 16 anni) ogni anno Mina pubblicherà un CD doppio: “Attila”, “Kyrie”, “Salomè”, “Italiana”, “Catene”, “Finalmente ho conosciuto il conte Dracula”, “Sì buana”, “Rane supreme”, “Ridi pagliaccio”, “Uiallalla”, “Ti conosco mascherina”, “Caterpillar”, “Sorelle Lumiere”, “Lochness”, “Canarino mannaro”, “Pappa di latte”. Tutti doppi e uno l’anno, in mezzo ai quali escono anche “MinaCantaIBeatles” e un altro “MazziniCantaBattisti”. I primi sono sicuramente dischi di qualità, dove emerge la solita vena eclettica dell’artista che pesca in ogni genere musicale e da ogni autore possibile. Da citare il duetto con Riccardo Cocciante (“Questione di feeling”) e la canzone “Ma chi è quello lì”. Ma non solo. Molti degli album citati sono album di cover d’élite (tra queste “Io vorrei non vorrei ma se vuoi”, Are you lomesone tonight?”, “Sarà per te”, “Caruso”, “Billie Jean”).

Poi c’è l’incontro con gli Audio 2, da qualcuno definiti i discepoli di Battisti, con i quali Mina collaborerà molto (il duo sembra perfetto per colmare il vuoto lasciato da Lucio), chiamandoli spesso a comporre per lei.

Alla lunga però i tanti album di cover diventano troppi e ripetitivi. Mina non sembra capirlo, ma per lo meno la formula del doppio LP, dopo 16 anni cambia.

La diva torna al CD singolo, anche se le idee dei tempi migliori sono ormai un lontano ricordo. Ciò che la tiene in auge è qualche trovata commerciale, come ad esempio l’incontro con Adriano Celentano. “MinaCelentano” è un disco che riscuote un discreto successo, dal quale emerge il brano “Acqua e sale”, ma evidentemente non è la cura.

Il gioco comincia a mostrare la corda, anche perché il fatto che ad interpretare questa canzoni sia la divina Mina, non vuole necessariamente dire sicuro successo. Si cominciano a riscontrare banalità e idee raccapriccianti; ma non solo. Spesso i brani reinterpretati, appaiono svuotati del tipico pathos degli interpeti originali, come nel caso di “Numero Zero”, album monotematico dedicato a Renato Zero.

Però che dire. Mina è Mina.

E’ l’artista che ancora oggi canta, pubblica, collabora con autentici pezzi da 90 nazionali e non, e, soprattutto, viene riconosciuta come l’icona della musica italiana al femminile.

E allora … chapeau!

di Riccardo Fiori

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