La zattera della Medusa: intrecci di umanità (e disumanità)

Gericault,Theodore (1791-1824)Intrecci di umanità. Il quadro di questo mese “La zattera della Medusa” (Le Radeau de la Méduse) , di Théodore Géricault, realizzato nel 1818-19, conservato al Louvre di Parigi.

Il celebre dipinto rappresenta in maniera forte e cruda, un momento preciso degli avvenimenti successivi al naufragio della fregata francese Méduse, avvenuto il 5 luglio 1816 davanti alle coste dell’attuale Mauritania, un fatto di cronaca di quel tempo; ciò che accade alla nave e il tentativo di sopravvivere , generato a causa di negligenze e superficialità da parte del comandante Hugues Duroy de Chaumareys. L’unico eroe in questa toccante storia è “l’umanità” .

Non esaminiamo il dipinto dal punto di vista cromatico e tecnico, nè le influenze che la pittura successiva ed alcuni artisti ne hanno ricevuto. Vogliamo osservarlo dal punto di vista umano ed umanitario, confrontandolo e focalizzandolo con i tragici fatti attuali, le spaventose ondate migratorie di profughi e migranti che cercano di arrivare sulle nostre coste, le morti in mare, il tentativo di fuggire morte e guerra, le contraddizioni e le speculazioni che la politica bottegaia , perfettamente trasversale, mostra.

Questo notissimo quadro mostra con reale crudezza e verità l’umanità ma anche la disumanità, riportandoci ferocemente ai nostri giorni. Barcone migranti 2L’artista ha voluto mostrare la falsità , l’inganno della speranza e della sofferenza inutile, e nel peggiore dei casi, l’istinto umano basilare di sopravvivere. Dopo due settimane di deriva, i naufraghi scorgono una nave, l’Argus, che tenterà di salvarli ed accoglierli. La zattera è popolata dai sopravvissuti al tragico incidente; in una sorta di piramide umana, i corpi si ammassano, distinguendosi, in un corpo unico dove il panico, la disperazione, prendono il sopravvento. Un uomo anziano in primo piano regge sulle ginocchia le spoglie del figlio morto, un altro nel pieno di un pianto senza freni, in uno sfogo di paura e terrore, sgomento. Un ammasso di corpi dai volti pallidi e bianchi occupa la parte inferiore del dipinto, persone sfinite e morte in attesa di essere trasportate via dalla corrente. Gli uomini al centro, invece, hanno appena scorto la Argus e quindi cercano di attirarne l’attenzione.

Le scialuppe di salvataggio erano poche e molte persone persero la vita, in un groviglio umano di corpi, molti morti, alcuni mangiati dagli stessi naufraghi per sopravvivere, un groviglio di disperazione, crudeltà e disperato bisogno di farcela.

Il dipinto manca volutamente di un eroe, non ci sono eroi da celebrare o mostrare, qui il punto nevralgico e doloroso è rappresentato da persone comuni e l’unica motivazione che muove i naufraghi è la sopravvivenza.

Il difficile equilibrio tra umanità e sopravvivenza, la vulnerabilità della condizione umana, tra inermità e sopravvivenza; “laggiù” è un luogo che , abbiamo visto, può succedere ovunque e ovunque può succedere quello che è successo “laggiù”.

di Alessandra Paparelli

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