La voce del dovere non si spegne: parla un nuovo anno scolastico

primogiornoscuolaEd ecco che torna prepotentemente il trillo incessante di una sveglia che non si arrende finché non adempie completamente al suo dovere, tornano gli zaini e le borse (in spalla, a tracolla, sotto gli occhi) e le pile di libri e quaderni da acquistare, tornano le corse a perdifiato verso l’autobus, e i cancelli che fino a qualche giorno fa erano ancora serrati si spalancano: è l’inizio di un nuovo anno scolastico.

Per ogni ragazzo, tutto questo converge necessariamente verso il termine della spensieratezza e delle dolci sieste pomeridiane, addio salsedine e addio pranzo che sostituisce la colazione. Tutti siamo consapevoli di quanto sia arduo riprecipitare nel solito tran tran, e gli studenti lo sanno ancor meglio: la scuola viene percepita come stolta usurpatrice, colei si appropria illegalmente di ore che, ne sono convinti, sarebbero molto più fruttuose se affrancate dal vincolo del dovere.

Abbiamo centrato il punto: i ragazzi credono fermamente di perdere il loro tempo in quel dedalo di vie, si aggirano come spettri per le aule o siedono col volto perennemente volto verso l’orologio da parete: sembrano degli stoici condannati a morte che ricambiano lo sguardo del loro boia perché no, anche un po’ sadico.

E a proposito di tempo e di stoicismo, permettiamoci di interrogarci su quanto breve sia effettivamente la nostra vita. Gli adulti si comportano tanto diversamente dallo studente medio?

La complicata architettura della natura è capace di risvegliare nell’uomo l’immancabile desiderio del benessere. Talora l’individuo si muove come un errante volto a ignorare l’intima tempesta che lo consuma, creando un tramestio d’emozioni contrastanti. Si spegne. Impedisce ai ricordi di rammentargli che lui non è altro che una sbiadita sfumatura tracciata dall’inchiostro fuoriuscito dalla penna impugnata dall’immortalità. Compie errori fatali, e tra questi rientra l’assurda convinzione di ‘cominciare a vivere proprio quando si dovrebbe smettere’.

Citando il “De Brevitate Vitae” di Lucio Anneo Seneca, ecco che si crea spontaneamente una linea diretta che unisce vita lavorativa e vita spesa tra le pareti di scuola. Rimandare compiti, affidare i propri doveri al caso, cullarsi nell’incoerente certezza di aver il diritto di posticipare ciò che dovrebbe essere consumato al momento. Perché l’esistenza è la somma di tutti gli istanti che abbiamo appagato, di tutte le attese consumate, ma anche di tutto quello da cui ci siamo sottratti, forse per pigrizia, per eccesso di libertà.

Il tenore di vita dell’individuo può anche aver subito un prolungamento sbalorditivo, ma il significato intrinseco della stessa non è cambiato: essa proseguirà lungo la sua strada senza lanciare segnali in grado di sottolineare la sua durata e i suoi cambiamenti direzionali. Lo farà senza rumore, con passo felpato, e si compirà mentre l’uomo sarà affaccendato nel compilare la sua lunga lista di programmi.

Vita è tutto ciò che non pianifichiamo, tutto ciò sfugge dal desiderio di prigionia. Liberatevi dalle catene di cui rivestite la scuola. Studiate come se sentiste una storia, il racconto che i vostri genitori solevano leggervi prima di coricarvi. Allora sì, sarà la più bella che avrete mai ascoltato, perché solo l’inizio ne vedrete tracciato; sarà la più bella di tutte perché semplicemente sarete voi a scriverla.

di Beatrice Michelazzi 

3 Risposte

  1. Chiara

    Davvero un bellissimo articolo, che fa riflettere ed ha un significato molto forte!
    Complimenti

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  2. Juri

    Davvero un bell’articolo, veritiero e calzante alla realtá ma soprattutto che offre importanti spunti di riflessione.

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  3. Jan Miguel

    Articolo impressionante! Senza ombra di dubbio, un’acuta e accattivante osservazione del caotico e disperato microcosmo di chi si sveglia la mattina per andare a scuola. Complimenti!

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