La società del rischio

La Società del Rischio – Risk Society in inglese, Risikogesellschaft in lingua originale – è il concetto più che mai attuale, partorito dal sociologo tedesco Ulrich Beck (1944-2015), comprendente un resoconto sociologico della società contemporanea. Nel nostro mondo sempre più globalizzato, definito da Beck come un periodo di seconda modernità, i rischi critici associati allo sviluppo tecnologico, insieme a un’intera panoplia di minacce globali, sono al centro dell’attenzione.

Giochiamo a Risiko!?

Probabilmente la prima parte dell’espressione tedesca suonerà a molti familiare: Risiko!, italianizzazione dell’originale inglese Risk!, è infatti uno dei più conosciuti e praticati giochi da tavolo di strategia che simula un incontro-scontro tra eserciti nemici. Non sembra vi siano relazioni tra la teoria sociologica e il noto passatempo, sebbene, così come nel gioco, la ricerca di una tempestiva risposta al rischio, di un deterrente efficace, di un continuo bilanciamento tra attacco e difesa – traducendosi di fatto in una costante asimmetria tra potenze interessate, similmente alla realtà – è quanto di più vero e presente vi sia nelle società contemporanee. Non a caso, il gioco si chiude quando gli eserciti in attacco o in difesa terminano, ovvero quando le minacce verrebbero così meno.

Secondo il filosofo e docente Giacomo Marramao, il concetto sarebbe da ricondurre ad una metafora marittima, dalla radice latina “resecare”, secondo la quale “lo scoglio tagliente sommerso costituisce un grande rischio per la navigazione”.

Una nuova modernità

“Risk society: towards a new modernity” – “La società del rischio: verso una nuova modernità” – fu pubblicato nel 1992, qualche anno dopo il disastro di Chernobyl, avvenuto nel 1986. Beck, tra i più influenti studiosi della globalizzazione e delle scienze sociali contemporanee, intende il rischio come un’entità che non si inquadra nel significato più tradizionale di rischio né di pericolo, ma che piuttosto si pone come via di mezzo, a cui egli si riferisce in qualità di disastri causati dall’uomo e nuovi rischi, ovvero rischi portati dalla stessa modernità. I sistemi umani generano rischi che condizionano la maggior parte delle vite.

La società del rischio, data dal processo di modernizzazione, costituisce pertanto una conditio-humana, radicalmente diversa dal passato, in cui contingenze, complessità, incertezze e rischi fondamentalmente ambivalenti – taluni ancora da concettualizzare – richiedono nuove categorie e prospettive in grado di distinguerli dalle precedenti fasi dell’evoluzione sociale, in cui la scarsità era precuppazione comune e da superare. Beck prosegue affermando che la portata di questi rischi illimitati, geograficamente e temporalmente, che minacciano in vario modo l’annientamento globale, sta minando la capacità degli stati-nazione, delle loro istituzioni e della società industriale di scandagliare “l’abisso dell’insicurezza ontologica” che li attende (Beck 2009).

Rischi artefatti

Beck fa risalire l’emergere di nuove relazioni sociali ed economiche a un “rischio fabbricato”, che si distingue da qualsiasi altro rischio naturale, proprio perché frutto della società, pertanto artificio sociale. Il rischio sistemico comprende rischi multipli con interdipendenze, circuiti di feedback ed effetti a catena, che si verificano su scala globale e derivano dai risultati socio-tecnici della modernità.

Le conseguenze del rischio si estendono ad ogni settore: nei domini agricoli, caratterizzati da pratiche moderne come costitutive di un paradigma industriale contemporaneo, e pieno per sua natura di rischi complessi e di vasta portata; nuove malattie, causate da prioni emergenti nel bestiame dei ruminanti; tossine minacciose presenti nel suolo; pericoli legati al nucleare e ad altre forze distruttive come la guerra, ormai strumento prediletto di gestione, risoluzione dei conflitti e accaparramento di risorse.

I processi globalizzati, le lunghe catene di approvvigionamento e i fagocitanti sviluppi tecnologici genererebbero pertanto incertezze e interruzioni; questi richiedono a loro volta un incessante aggiornamento per stare al passo delle crisi, delle rotture, e saper porre rimedio ai cortocircuiti che nel tempo inevitabilmente ne derivano.

Ignorata interdipendenza

Solipsismo, alienazione, idividualismo e individualizzazione sono i caratteri e i processi dominanti della seconda modernità. Le persone, sempre più sole ed egocentriche, si muovono disorientate tra contenitori sociali, dove elementi virtuosi come quelli di organizzazione cooperativa, sentimento di appartenenza ad un luogo e senso di una comunità, diminuiscono significativamente.

Ma il distacco è tutt’altro che sintomo di emancipazione e responsabilizzazione. E pur consapevoli di essere parte di una società glocale, per sua natura interdipendente, ricerchiamo un’autonomia esclusivamente individuale, parlando indistintamente di indipendenza, dipendenza ed interdipendenza. Viviamo nell’illusione di poter sviluppare incuranti degli altri e dell’ambiente circostante, prossimi o distanti che questi siano.

Foto di 5598375 da Pixabay

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