La prima donna laureata al mondo: la difficile battaglia per l’istruzione vinta da un’italiana

Elena-Lucrezia-Cornaro-Web-readyÈ stata un’italiana la prima laureata del gentil sesso. Una veneziana, per la precisione, di nome Elena Lucrezia Corner, laureatasi in filosofia presso l’Università di Padova il 25 giugno 1678, a 32 anni.

Donna di grandissima cultura, a 22 anni parlava già molte lingue, tra cui il latino, il greco, il francese, l’inglese e lo spagnolo, conosceva la matematica e la filosofia. Figlia di Giovanni Battista, Procuratore di San Marco, la seconda carica per importanza dopo quella di doge, e una popolana originaria del Bresciano, se non addirittura una prostituta, come gli altri suoi fratelli non poté far parte del patriziato.

Il padre, per recuperare la sua autorevolezza sociale, comprerà la nobiltà per i maschi e imporrà a Lucrezia, coltissima, ma assolutamente disinteressata al riconoscimento accademico, di laurearsi per dare lustro alla famiglia. A diciannove anni prese i voti come oblata benedettina. Ormai nota agli studiosi del tempo, a partire dal 1669 fu accolta in alcune delle principali accademie dell’epoca.  Addirittura Luigi XIV fece fermare a Padova sulla via di Roma il cardinale César d’Estrées perché verificasse se quanto si diceva della donna corrispondesse a verità. Questi, accompagnato da due dottori della Sorbona, conversò con lei, le fece commentare testi in greco ed ebraico, parlò in francese, spagnolo e latino; alla fine Elena diede anche un saggio musicale.

Quando il padre chiese che Elena potesse laurearsi in teologia all’Università di Padova, il cardinale Gregorio Barbarigo si oppose duramente in quanto riteneva “uno sproposito” che una donna potesse diventare “dottore”. Si arrivò così nel 1678 affinché Elena potesse ottenere la sua laurea. Gliela concessero, però, in filosofia, non in teologia. La Chiesa è persuasa dell’inferiorità della donna rispetto all’uomo, la ritiene incapace di ragionamenti difficili, tanto più sulle verità della fede, le viene quindi vietato ogni insegnamento di grado superiore, secondo quanto scritto da San Paolo nella Prima epistola a Timoteo: «Non permetto alla donna d’insegnare, né d’usare autorità sul marito, ma stia in silenzio».

La laurea della prima donna della storia fu un avvenimento epocale; l’aula del Collegio, dove normalmente avvenivano le lauree, è gremita all’inverosimile, tanto che si decide di spostare la dissertazione nella vicina cattedrale. La folla che si è radunata è immensa: fonti parlano di 30 mila persone.

Ma la vita della giovane è destinata a cessare di lì a poco. La donna, anche a causa dello studio, si è gravemente ammalata, e ben presto le condizioni diventano critiche. Elena Lucrezia muore trentottenne, il 26 luglio 1684. Il padre Giovanni Battista vuole che la memoria della figlia (e della famiglia) sia celebrata nei secoli e chiede di erigere un monumento sepolcrale. Non con pochi ostacoli il monumento viene eretto, ma solo 38 anni dopo, la stessa età della giovane defunta, il fratello ultimo rampollo della famiglia cederà alle pressioni dei frati che vogliono eliminare il monumento in cambio di denaro. Il patrizio ha bisogno di soldi e in tal modo può vendersi le statue della sorella.

Elena Lucrezia non fu la sola italiana a rompere le barriere della acculturamento femminile. Infatti, anche le altre prime tre donne della storia a laurearsi sono state italiane. La seconda donna del mondo a laurearsi è Laura Bassi Verati, nel 1732, a Bologna; si laurea in storia naturale e medicina e diventa la prima donna docente universitaria. La terza è una rodigina, Cristina Roccati che il 5 maggio 1751 si laurea in filosofia e fisica sempre all’Università di Bologna. La quarta, italiana è Maria Pellegrina Amoretti, laureata a Pavia in giurisprudenza, il 25 giugno 1777.

L’Italia portò alta la bandiera della cultura ed, in particolare, quella della cultura femminile, della lotta ai propri diritti e ai pregiudizi sociali e sessuali. Elena Lucrezia, inconsapevolmente, col suo gesto aprì la strada a milioni di studentesse che da quel momento in poi ebbero il diritto di diventare “dottoresse”.

di Arianna Orlando

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