La porchetta di Ariccia: anche Gadda ne tesseva le lodi

La Porchetta di Ariccia è un prodotto a base di carne suina (femmina) che dal 14 giugno 2011, ha ottenuto, a livello europeo, il riconoscimento di indicazione geografica protetta (IGP).

Localizzazione  

Si tratta di un prodotto nato tra Ariccia ed il suo “nemus Aricinum”  nei Castelli Romani.

Dal punto di vista iconografico e storico, la porchetta ha avuto dei natali illustri.

La sua storia affonda infatti le radici in epoca precedente alla conquista romana, in epoca etrusca e sono state trovate persino delle statue raffiguranti divinità recanti un maialino nel palmo della mano.

Pare che i sacerdoti di Ariccia, dopo aver lavorato e preparato le carni suine, le offrissero in sacrificio nel tempio di Giove Laziale sul Monte Cavo, sito nelle vicinanze.

Anche l’imperatore di turno andava matto per questa pietanza e ne faceva largo consumo nei banchetti luculliani.

Si ritiene altresì che la maestranza nel preparare tale piatto si sia sviluppata per volere della nobiltà romana, che durante il periodo estivo, o semplicemente per organizzare delle battute di caccia, si trasferiva ad Ariccia.

La prima “Sagra della Porchetta” 

Venne allestita nel 1950 dai porchettari di Ariccia guidati dal proprio sindaco, per onorare questo amatissimo prodotto culinario.

Da allora, la manifestazione si svolge con cadenza annuale e per l’occasione la porchetta viene adagiata su banchi addobbati a festa da venditori vestiti con gli abiti tradizionali ariccini. Il suino ha solitamente meno di un anno, è esclusivamente di sesso femminile, dal peso di 70-80 chilogrammi massimo.

La tradizione della “verga”

Prende none dalla verga metallina su cui erano incise le iniziali del “porchettaro”, che  “vergava” l’animale mentre veniva condotto al macello vivo, insieme alle altre decine  di maiali.

Durante la “processione” il “porchettaro” valutava il maiale e lo colpiva appunto con un colpo di verga assicurandosi così la priorità della bestia, proprio come in una asta ancestrale.

Una volta  macellato il maiale nel vecchio mattatoio, di Ariccia, si separava il capo completamente dissanguato. Poi grazie ad un sistema di carrucole  l’animale veniva immerso in una vasca colma di acqua bollente, per consentire la caduta del  pelo, e la rasatura de suino.

Non appena depilato, l’animale veniva messo a testa in giù, pronto per la disossatura e la lavorazione.

Tale procedura è giunta fino ai nostri giorni.

Testimonianza dell’importanza secolare della Porchetta, si trova nell’Estratto dal Registro degli atti della Giunta Comunale, del 14 settembre 1962, relativo al contributo per la festa della Patrona S. Apollonia e della Sagra della Porchetta”.

Il nome

Il nome “porchetta” ha un suono di per sé casereccio e trae origine dalle carcasse lavorate, (il maiale viene disossato dal suo interno), che sono unicamente di genere femminile, visto che la carne è molto più magra e saporita, dal colore fra il bianco ed il rosa.

La preparazione 

Per quanto riguarda la sua preparazione, nel 1974, Giulio Cesare Gerlini, scrive sul libro “Ariccia Storia-Arte-Folclore”,  che: “l’arte di preparare i porcellini destinati a diventare “porchetta”, si può dire che è una esclusività di poche famiglie ariccine i cui componenti si tramandano di padre in figlio.” 

Poi spiega come venne l’idea di istituire la manifestazione  “l’idea della Sagra venne perché si desiderava far conoscere che il prodotto ariccino si era affermato a tal punto che persino all’estero viene spedita ad imbandire tavoli di conosciuti ristoranti e locali alla moda”. 

Una tradizione immutata

I produttori della “Porchetta di Ariccia” I.G.P. hanno da sempre mantenuto invariata la tradizione artigiana della preparazione della porchetta, che viene tramandata di generazione in generazione, che riguarda il modo di condire, aromatizzare con rosmarino, pepe e aglio, legare e cuocere, rigorosamente al forno, cosa he garantisce la croccantezza della crosta per giorni.

Anche il poeta Carlo Emilio Gadda nel 1957 porta in trionfo la porchetta nel romanzo “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, dove riporta fedelmente la descrizione di come veniva venduta la porchetta di Ariccia a Rom: “La porca, la porca! Ciavemo la porchetta signori! La bella porca del’Ariccia co un bosco de rosmarino in de la panza! Co le patatine de staggione!… Carne fina e delicata, pe li signori proprio! Assaggiatela e proverete, v’oo dico io, sore spose: carne fina e saporita!… Porchetta arrosto cor rosmarino! e co le patate de stagione…”

Intera o a tronchetto 

La “Porchetta di Ariccia” IGP si può trovare in commercio sia nella tipologia intera o in tronchetto, a fette.

Ricetta 

Ingredienti per 10 persone

Un maialino da latte 4 o 6 kg

Un decilitro di olio extravergine d’oliva 

10-15 rametti di finocchio selvatico 

4/5 spicchi d’aglio 

sale e pepe

Procuratevi il maialino, chiedendo al macellaio di ripulirlo sia dalle interiora che dalle parti esterne, quindi delle setole della cotenna e tutte le interiora all’interno.

Non appena è ben pulito, strofinate per bene il maialino con abbondante sale pepe e olio extravergine d’oliva sia dalla parte interna che dalla parte esterna.

Aggiungete i rami del finocchio selvatico e gli spicchi dell’aglio interi precedentemente sbucciati e schiacciati, quindi dopo averlo cosparso con tutti gli aromi sia all’ esterno sia all’interno, cucite il maialino con dello spago da cucina.

Il maialino adesso è pronto per la cottura al forno (preferibilmente forno a legna o ancora più adatto un forno da spiedo).

I tempi della cottura ovviamente cambiano in base alla stazza dell’animale: occorrono per un maialino di 4 kg circa tre ore di cottura.

In ogni caso,  la cottura è ultimata quando la carne interna si presenta non troppo asciutta ma soda, mentre nella parte esterna, la pelle dove c’è la cotenna si deve presentare uniformemente dorata e  molto croccante.

Il piatto si può servire sia caldo che freddo facendo i famosi panini.

Grazie e buon appetito

Fonte: Giulio Cesare Gerlini, libro “Ariccia Storia-Arte-Folclore”

Porchettadoc.com

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