La poesia oggi, un genere dimenticato

Entre lineasDa sempre la poesia ha svolto un ruolo di egemonia nel campo letterario. Sin dall’antichità, infatti, la scrittura poetica veniva considerata la forma d’espressione letteraria per eccellenza, i più antichi componimenti sono, per la maggior parte, in versi, e già nella civiltà greca essa ricopriva un ruolo centrale nell’attività erudita dei letterati.

Alla poesia dei primordi, infatti, veniva riconosciuto il merito di portare l’ascoltatore – nella Grecia antica la poesia veniva, infatti, recitata da cantori o aedi, con sottofondo musicale – allo straniamento, alla contemplazione di gesta eroiche (basti pensare ai poemi epici di Omero) e aveva il compito di veicolare valori, conoscenze e nobiltà di sentimenti.

Successivamente, quando l’attività poetica passò dalla modalità orale a quella scritta, la poesia andò raffinandosi fino a giungere alla formulazione di forme poetiche molteplici e differenti. Ognuna di esse possedeva un suo stile specifico di forma metrica e compositiva che la differenziava dalle altre ed ad ognuna di esse venne affidata una tematica ben precisa: era nata la divisione in generi poetici.

Accanto alla più raffinata poesia d’amore si trovava, allora, la pungente poesia satirica, accanto al mitico poema epico venivano a formarsi i primi poemetti didascalici di stampo erudito, accanto ai componimenti religiosi venivano prodotti i volgarissimi giambi, poesie d’attacco, con forte carica invettiva e caratterizzate dall’uso del turpiloquio, che i poeti ideavano per infamare nemici o detrattori.

C’è da ricordare poi che in Grecia la poesia era anche l’elemento fondativo delle rappresentazioni teatrali e, quindi, di tragedie e commedie. L’importanza che il mondo greco diede alla poesia portò all’affermazione di quest’ultima anche nella latinità, e quindi, anche nell’Impero romano, la poesia mantenne il suo primato, con la produzione di opere poetiche raffinatissime, su emulazione del modello greco.

Anche in epoche a noi più vicine, la poesia conservò il suo ruolo edificante, il suo primato nella cultura, tornando a fiorire dopo il cupo periodo culturale dell’alto medioevo grazie alle produzioni della Scuola Siciliana, alle opere di Dante e Petrarca, svolgendo un ruolo fondamentale nel Rinascimento e nei secoli successivi fino a giungere alla propria sublimazione, nell’800, con il Romanticismo.

Seppure modificata in forma, stile, metrica e linguaggio la poesia ha, quindi, mantenuto intatto, nel corso dei secoli, il suo aspetto più importante: quello comunicativo, rafforzatosi con l’ampliarsi del numero di fruitori (grazie all’invenzione della stampa, prima, e all’aumento di possibili lettori, poi) , che da sempre la rende un mezzo espressivo potentissimo.

Fino al secolo scorso, essa era il luogo in cui rifugiarsi, il mezzo attraverso cui evadere dalla realtà – molto più della narrativa e dei romanzi- per analizzarla con occhio critico ed analitico, la dimensione in cui immergersi per partire alla riscoperta di sé, il posto dove poter comprendere i propri sentimenti attraverso l’immedesimazione in sentimenti altrui che si rivelano, però, universali, il pozzo da cui attingere per una conoscenza più vera di se stessi e del reale; è stata lo strumento di denuncia verso una società disumana per gli autori che hanno descritto gli orrori della guerra, è stata esaltazione dell’Io del poeta, è stata scrittura intimista di anime messe a nudo.

“È stata” perché, oggi, non è più. Il genere poetico, per secoli ai vertici, oggi, è pressoché dimenticato. Nessuno legge più i grandi poeti, nessuno – o quasi- scrive ancora poesie e chi ne scrive lo fa in silenzio, per se stesso, senza neanche pensare di essere letto. Si conosce poco o niente di questo genere letterario che, nei secoli, ha avuto tanto da raccontare e potrebbe, ancora, trasmettere molto se solo riuscisse a tornare in auge. In una società in cui il numero di romanzi letti è decisamente modesto – e non accenna ad aumentare significativamente- in cui non si è più abituati alla lettura, sembra non esserci posto per la poesia. Ma dove non c’è poesia non c’è più tempo per fuggire altrove, non c’è più spazio per i sentimenti, non c’è più voglia di provare profonde emozioni.

La poesia andrebbe riscoperta come “cura” alla crisi di valori che nella società di oggi imperversa, per recuperare e fare nostre le memorie di epoche lontane di cui ormai si è dimentichi, per ritrovare, nascoste tra versi raffinatissimi, l’umanità e la sensibilità di cui, troppo spesso, si è privi.

di Noemi Cinti

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.