La Nuova Zelanda ha messo in ginocchio il Coronavirus in due settimane

Il Paese insulare a sud-est dell’Australia si sta dimostrando uno dei più virtuosi esempi al mondo nella lotta contro la diffusione del contagio, sia dal punto di vista organizzativo che da quello politico. Infatti, dopo solamente poco più di due settimane dall’inizio della quarantena (partita il 25 Marzo) imposta ai cittadini, già da alcuni giorni il numero dei nuovi positivi è in forte diminuzione, dopo aver raggiunto il picco di 98 nuovi contagi giornalieri il 2 Aprile. Anche il tasso di mortalità è decisamente basso, con solamente 4 decessi accertati a fronte di un totale di circa 1300 individui positivi.

Certo, a primo impatto verrebbe da pensare che questi rapidissimi miglioramenti siano dovuti semplicemente alla posizione geografica favorevole e ad una popolazione non particolarmente numerosa, intorno ai 5 milioni di abitanti. Entrando però nel merito della gestione dell’emergenza da parte delle autorità, ci si può rendere conto di come alcuni provvedimenti, severi e tempestivi, siano riusciti ad arginare l’emergenza in tempi molto più brevi rispetto a quelli di altri Paesi con una popolazione non elevata.

 Già il 19 Marzo, quando la situazione nel territorio nazionale era ancora relativamente tranquilla, il Governo guidato da Jacinda Adern aveva ordinato la chiusura dei confini, arrivando poi a dare il via al lockdown il 25, nonostante i contagiati totali fossero, in quel momento, di poco superiori ai 100. Chiusi quindi fin da subito tutti gli esercizi commerciali non essenziali, così come uffici, scuole, chiese e parchi gioco, con un enorme dispiegamento di pattuglie della polizia nelle strade, per controllare gli spostamenti dei cittadini e monitorare il rispetto delle regole.

Anche dal punto di vista sanitario gli sforzi sono stati importanti, soprattutto se considerati in relazione alle disponibilità precedenti. Basti pensare che a fine febbraio i posti letto in terapia intensiva nel Paese erano in totale 173, ora, dopo gli ampliamenti negli ospedali, sono arrivati ad essere 563. Inoltre, è stata attuata una precisa procedura per tenere sotto controllo chi è venuto a contatto con individui poi risultati infetti: obbligo di auto-isolamento domestico e telefonate periodiche a casa per sincerarsi dello stato di salute del soggetto.

Per di più, anche adesso che i casi sembrano in netta discesa, la prima ministra non sembra assolutamente intenzionata ad abbassare la guardia. L’attuale regime di quarantena e restrizioni resterà in vigore almeno per altre due settimane, mentre probabilmente i confini rimarranno chiusi finché nel resto del mondo l’emergenza non sarà risolta.

“Essere stati così repentini e severi ci ha ripagati dello sforzo” ha dichiarato la stessa Adern, spiegando con chiarezza che “non sono state prese decisioni per quando usciremo del tutto dal lockdown. Più persone rispettano le regole, più è probabile che possiamo uscirne nei tempi prestabiliti”, lanciando poi un messaggio di speranza ed incoraggiamento al suo popolo, per far sì che tutti capiscano l’importanza di queste misure, “siate orgogliosi degli sforzi che state facendo, perché in questo modo fate la differenza. Ora è il momento di rimanere concentrati, di non mollare”.

Ed in effetti sembra proprio che i neozelandesi abbia preso con grande serietà la questione. Finora, sono solamente circa 400 le persone fermate in strada dalle forze dell’ordine per il mancato rispetto delle regole sugli spostamenti. Alcuni dati elaborati da Google hanno mostrato un calo del 91% degli spostamenti per attività ricreative e del 50% relativamente alle uscite per acquistare beni e servizi essenziali.

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