Quando la neve distrugge: la tragedia di Rigopiano

rigopiano soccorsiAd un mese dalla tragedia sappiamo tutto. Per giorni e giorni l’attenzione dei media è stata focalizzata sull’Hotel Rigopiano, sepolto dalla neve e dai massi di una montagna franata. Il carosello delle colpe ancora non smette di girare. Dal progettista, che non ha previsto un simile evento, al tecnico comunale che l’ha approvato; dal proprietario ai clienti, in vacanza nonostante in zone limitrofe si piangessero ancora le vittime del terremoto.

I caroselli non mi sono mai piaciuti: girano su stessi senza mai giungere da nessuna parte. Scrivere del Rigopiano, dunque, significa, per me, scrivere dei soccorritori; dei professionisti e dei volontari che, senza risparmiarsi, hanno realizzato un miracolo, il miracolo della vita che resiste, della vita che non cede, della vita nonostante tutte le avversità.

Non fraintendetemi: le persone che sono morte sono emblema d’una tragedia indimenticabile, ma i sopravvissuti, loro sono figli di chi ha tenacemente lavorato affinché vivessero, di chi ha superato freddo, fame, paura, pericolo.

Protezione Civile e Volontari hanno compiuto il miracolo, un miracolo che porta il nome di tutte le persone salvate, ma soprattutto di quei bambini estratti vivi dalle macerie. Su di loro, sui bambini, sull’espressione della debolezza, dell’innocenza e del futuro che rappresentano è giusto stringere l’inquadratura. E quei bambini esistono grazie agli angeli della neve, quelle meravigliose persone che hanno scavato per salvarli.

di Raffaella Bonsignori

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