“La mia Avanguardia”: Adriano Tilgher ricostruisce la storia di Avanguardia Nazionale, 1968-1975

“La mia Avanguardia”: Adriano Tilgher ricostruisce la storia di Avanguardia Nazionale

Adriano Tilgher, in questo suo ultimo libro, ricostruisce la storia del movimento di destra “Avanguardia Nazionale” e, più in generale, di quegli anni cruciali della Repubblica che vanno dal mitico ’68 al 1975. Sono gli anni della contestazione generale, dei fremiti libertari del movimento studentesco ma anche delle “stragi di Stato” (da Piazza Fontana all’ “Italicus”), del malessere sociale, del terrorismo (nel 1970 nascono le Brigate Rosse).

Il 27 novembre 1975, 72 presunti dirigenti e militanti di Avanguardia vengono arrestati con l’accusa di violazione della legge Scelba del ‘53 (per ricostituzione del disciolto Partito Nazionale Fascista: il processo si terrà poi nel ’76, portando, in ultimo, allo scioglimento dell’organizzazione)

Avanguardia nazionale era nata nel 1970 ma le sue premesse risalgono a prima, esattamente all’ “incredibile ‘68”, quando il diffondersi, in tutta Italia, della contestazione studentesca e giovanile evidenzia un malessere da tempo serpeggiante nel Paese. Il 1 marzo del ’68, la storica “battaglia di Valle Giulia”, alla facoltà di Architettura di Roma occupata, tra studenti di sinistra e di destra contro gli agenti di P.S. (a difesa dei quali si schiererà il “controcorrente” Pasolini), evidenzia un fenomeno nuovo: l’alleanza degli studenti che pure appartengono ad aree tra loro antagoniste.

I giovani, tra i quali quelli del “FUAN-Caravella” di Adriano Tilgher, dissidenti dal MSI, ed i vari gruppi di “filocinesi”, nemici dichiarati del PCI dall’altra, danno vita a una manifestazione in cui non alzano bandiere di partito o di movimento e nel successivo scontro con la polizia sulle scalinate di Valle Giulia, evitano di combattersi tra loro.

Nei giorni successivi, dal 2 al 10 marzo, ricorda l’ Autore, si sviluppano trattative tra “Caravella” e “cinesi” per costruire un’unità d’azione, nell’interesse degli studenti per il rinnovamento dell’ Università, che escluda il PCI, ritenuto mero pilastro del sistema.

Le trattative falliscono, e il 16 marzo 1968 alla “Sapienza” l’intromissione, nelle vicende delle Facoltà occupate del PCI da un lato, e del MSI dall’altro, porterà di nuovo a uno scontro “di vecchio stampo”, tra attivisti di sinistra e di destra, con la polizia “terzo incomodo”.

Qualcosa di simile accadrà ancora nel “Secondo ‘68”, e cioè a febbraio ’77, sempre alla “Sapienza”: quando PCI e CGIL tenteranno, senza riuscirci, di imporre il loro ordine al “Movimento del ‘77” organizzando il comizio di Luciano Lama davanti al Rettorato. Ma il fatto veramente rivoluzionario, secondo Tilgher, era che i giovani della “Caravella” (usciti poi, in gran parte, dal MSI) avevano finalmente deciso di posporre la lotta al comunismo a quella contro l’ “establishment” .

Non era la prima volta che si tentava un’alleanza tra forze politiche minori di opposte ideologie ma a Roma, in quell’inverno del ’68, si trattava di ben altro, secondo Thilgher: era un tentativo d’intesa stabile tra la sinistra estrema e la destra non “ufficiale” contro il gioco sporco di alimentare artificiosamente – col consenso, dietro le quinte, di tutti i partiti – lo scontro tra opposti estremismi e tra “fascismo” e “antifascismo” , sulla pelle di tanti giovani (dai morti del rogo di Primavalle del ’73 a quelli di Via Acca Larenzia del ’78, passando per le tante stragi da Piazza Fontana in poi) solo per lasciar il potere nelle mani delle stesse forze politiche.

In questa ottica di superamento della vetusta – quanto comoda- contrapposizione fascismo-antifascismo e delle stesse etichette politiche “destra e sinistra”, che Tilgher riteneva superate, l’autore ricostruisce le vicende della rivolta di Reggio Calabria del 1970- ’72.

Avanguardia Nazionale era nata nei primi mesi del ’70 come organizzazione di destra anti sistema, ma – puntualizza l’ Autore – non era basata su una legittimazione della violenza in stile nazista o leninista; in essa confluirono giovani di destra, in gran parte transfughi del MSI, accomunati dal rifiuto dello snaturamento che, da decenni, l’identità socio culturale dell’Italia sta subendo, divenuta quasi “colonia di fatto” degli USA.

A fine anni ’60 molti sono i segnali di malessere provenienti da un Sud in perenne ebollizione. La rivolta che esplode a Reggio a luglio del ’70 ha, in realtà, molteplici cause ma determinante è l’accordo tra i partiti (specie DC e PSI, all’epoca guidato da Giacomo Mancini) per spostare il capoluogo regionale da Reggio a Catanzaro, assegnando, invece, l’ Università a Cosenza; sullo sfondo, decenni e decenni di mancate promesse statali sul decollo economico del Mezzogiorno.

La rivolta di Reggio durerà piu’ di due anni, con scene cittadine degne di Belfast (intervengono addirittura tanks e paracadutisti), almeno 4 morti, parecchi arresti e condanne al carcere e al confino. Significativo, sottolinea l’Autore, è che ad essa partecipi spontaneamente tutto il popolo reggino, compresi esponenti di rilievo di tutti i partiti locali, dal sindaco DC Battaglia al deputato missino Ciccio Franco, dall’alto deputato comunista, Catanzariti, all’ex-partigiano Perna.

Mentre a Reggio prosegue la rivolta, la notte del 7 dicembre 1970 è quella in cui dovrebbe scattare il “golpe Borghese”, il tentativo di colpo di Stato guidato dall’ex comandante della X Mas Junio Valerio Borghese, figura mitica della Seconda guerra mondiale e della RSI, uomo di riferimento di ampi settori di destra che Borghese ha cercato di coagulare nella sua organizzazione, il Fronte Nazionale .

Sul golpe Borghese, bloccato all’ultimo momento, esiste un’ampia bibliografia (importante, anzitutto, il libro dello scomparso Gianpaolo Pansa, “Borghese mi ha detto”, oggi pressoché introvabile). Quella notte, i giovani di Avanguardia sono in attesa, in forte tensione, nella sede di Via dell’Arco della Ciambella, nel centro storico di Roma. Tilgher dice di non sapere, tuttora, se effettivamente quella notte doveva scattare un vero colpo di Stato o qualcos’altro, sorvola sui retroscena organizzativi del golpe e sui motivi della laconica comunicazione di annullamento che, a mezzanotte, lui e gli altri militanti ricevono in sede. Vuole però sottolineare che, se anche il piano fosse scattato, Avanguardia, d’accordo con Borghese, non avrebbe mai consentito che il potere passasse a una giunta militare (come invece sarebbe stato in seguito, a Santiago del Cile nel ’73 e a Buenos Aires nel ’76; e come era stato per accadere in Italia stessa nel ’64, col presunto “golpe” del gen. De Lorenzo).

Borghese muore a fine agosto ’74 in Spagna, dove è fuggito dopo il fallimento del golpe; il 2 settembre Tilgher è tra i militanti di destra che riescono a vivacizzare il suo funerale, che le autorità vorrebbero tenere sotto tono, celebrato nella basilica di S. Maria Maggiore. Poco piu’ di un anno dopo, a novembre del 75, inizierà la ricordata istruttoria penale a carico dei militanti di AVN sulla quale, sino al processo del ’76, Adriano Tilgher sta per pubblicare un altro libro.

In equilibrio tra letteratura memorialistica e saggio storico, “La mia Avanguardia” vorrebbe colmare i vuoti nelle ricostruzioni storiche di quegli anni, ricorrendo non solo alla memoria ma anche ad un’ampia documentazione fotografica, copie di testi, documenti e volantini di AVN dei quali non era rimasta quasi più’ traccia.

Fonte foto copertina: lettera43.it

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