La faccia poco conosciuta della NATO

natoMai la NATO è stata posta sotto attacco come nelle ultime settimane. Non si è trattato di un attacco militare, fortunatamente, ma di un attacco politico, potenzialmente persino più pericoloso. L’ultima a sferrarlo è stata Marine Le Pen, candidata del Front National all’Eliseo, la presidenza della Francia. Fino a qualche giorno fa lo aveva fatto Donald Trump, neopresidente degli Stati Uniti d’America.

Dunque fuoco incrociato sulla NATO. Paradossalmente da entrambe le sponde dell’Atlantico. E pensare che NATO significa Patto Atlantico. Per la precisione: North Atlantic Treaty Organization, in italiano Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico. Trump e Le Pen non sono gli unici ad attaccare il trattato. Diversi altri politici, soprattutto in Europa, si esercitano al tiro al bersaglio. Con la logica del “tanto peggio, tanto meglio” stanno mettendo a repentaglio ciò che è stato faticosamente creato dalla fine del secondo conflitto mondiale: il Patto Atlantico, l’Unione Europea, la BCE, Banca Centrale Europea e l’Euro, la moneta unica, sua sorvegliata speciale. Tutto ciò è oggi oggetto di discussione, critiche, attacchi. E sembra sia stato dimenticato il contributo fondamentale dato da queste istituzioni allo sviluppo e alla pace.

Allargamento ad est della NATO

Allargamento ad est della NATO

La NATO è sorta nel 1949 come trattato di collaborazione alla difesa. Il pericolo allora veniva dall’Unione Sovietica. I rapporti, tutt’altro che idilliaci, tra i due blocchi avrebbero portato alla Guerra Fredda e sarebbero culminati con la costruzione del Muro di Berlino. Per anni l’Alleanza Atlantica è stato un baluardo di sicurezza e di difesa schierato contro i paesi del Patto di Varsavia. Un dispositivo in costante allerta e addestramento, formato da corpi delle forze armate dei paesi partecipanti, corpi nazionali “precettati” ovvero assegnati alla NATO e pronti ad intervenire secondo piani e procedure progressivamente adeguate alla minaccia, da interventi mirati e in linea con la strategia della “risposta flessibile”, fino alla “risposta massiccia”.

Erano gli anni dei negoziati SALT (Strategic Arms Limitation Talks) per la riduzione degli armamenti nucleari dei due blocchi che hanno tenuto col fiato sospeso milioni di persone. Lo spaventoso potenziale distruttivo degli arsenali contrapposti rappresentava infatti il “deterrente”, elemento imprescindibile della politica della dissuasione basata sulla minaccia delle armi. Tutto questo è forse stato dimenticato?

Oggi la NATO consta di 28 paesi ed ha un budget di circa un miliardo di euro. Ed è proprio questo budget che viene criticato da chi, come Trump, afferma che le modalità del contributo devono essere sottoposte a revisione.

Ma quello che non si dice, che non è stato spiegato alla gente o si è dimenticato di farlo, è il ruolo apparentemente secondario che il Patto Atlantico ha svolto e svolge: quello di essere un patto di non belligeranza tra le nazioni partecipanti all’alleanza. Ciò vuol dire semplicemente una cosa: non è possibile che due qualsiasi delle nazioni NATO si facciano la guerra. Punto. Non è possibile perché scatterebbero subito meccanismi atti ad impedirlo. Questo patto di non aggressione reciproca ha contribuito ad assicurare la pace tra nazioni che fino a qualche anno prima si erano massacrate nelle trincee di confine e sui fronti di battaglia. In considerazione di questo ruolo tutt’altro che secondario, di questa sua faccia “poco conosciuta” è possibile affermare che la NATO è stata, ed è, molto di più dell’accordo di collaborazione alla difesa comune che scatta contro qualsiasi minaccia si palesi dall’esterno anche verso uno solo degli Stati aderenti.

Soltanto qualche giorno fa Romano Prodi parlando di Europa a 60 anni dai trattati di Roma ha affermato: “Da presidente della Commissione mi è stato rimproverato l’allargamento da 15 a 25 paesi. Pensate cosa succederebbe oggi se la Polonia fosse nella stessa situazione dell’Ucraina”. Evidentemente il patto di non belligeranza che ha salvaguardato gli Stati aderenti all’Alleanza Atlantica, non ha funzionato allo stesso modi per gli Stati dell’ex Patto di Varsavia. E qui bisognerebbe aprire una parentesi: parlare di democrazia, della percezione che se ne ha, del suo valore e significato, della sua diffusione sul pianeta Terra.

1989: Abbattimento del Muro di Berlino

1989: Abbattimento del Muro di Berlino

Il vero problema odierno della società europea è che non riesce a tradurre i valori comuni, quelli, per intenderci, che l’hanno portata ad abbattere il Muro di Berlino, in obiettivi e propositi lungimiranti e progressisti. La vera crisi che attanaglia l’Europa, aldilà di quella economica o migratoria, è la crisi di leadership che le impedisce di produrre una nuova generazione di giovani politici in grado di contrastare il consenso che riscuotono i partiti nazionalisti, populisti e xenofobi. Quanto in basso dovremo precipitare perché questo avvenga?

L’Europa odierna è sorta dalle macerie della seconda guerra mondiale. Una guerra micidiale che ha provocato decine di milioni di morti. Smantellare in nome della sovranità nazionale, dei protezionismi e della difesa dei confini, ciò che di buono è stato fatto da allora significa non solo aver dimenticato la storia, ma anche non averne fatto tesoro riconoscendo il valore supremo della pace. Significa, paradossalmente, rischiare di ritornare a farsi la guerra, a farsi le guerre, precipitando in un passato buio e doloroso, troppo in fretta dimenticato.

I leader dei partiti nazionalisti che si sono incontrati a Coblenza il 21 gennaio scorso invece di una scintillante sala congressi avrebbero dovuto scegliere per l’incontro una tetra baracca di uno dei tanti campi di concentramento disseminati in gran parte dell’Europa centrale. Scusate la retorica.

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