La donna del quadro di Leonardo non sarebbe la Gioconda

gioconda-leonardoIl più famoso quadro di Leonardo da Vinci, esposto al Museo del Louvre di Parigi, non raffigura “Monna” Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo (quindi: la “Gioconda”), come tradizionalmente ritenuto. Questo, almeno, è il parere dello studioso romano Roberto Zapperi e di due fotografe e geomorfologhe italiane, supportate dal professor Carlo Pedretti. Ma andiamo con ordine.

L’identificazione tradizionale deriva da un’asserzione dell’artista e scrittore toscano Giorgio Vasari che, in un passo delle sue “Vite” riferito al 1502-1503, scrisse: “Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie, e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto, la quale opera oggi è appresso il re Francesco di Francia in Fontanableò”. In effetti il quadro esposto al Louvre fu portato con sé da Leonardo stesso intorno al 1516, quando si trasferì in Francia  e, poi, intorno alla metà del XVI secolo, sembra che sia stato esposto nel castello reale di Fontainebleau.

L’esistenza, in Firenze di un ritratto di Lisa del Giocondo è confermata da un appunto del cancelliere fiorentino Agostino Vespucci del 1503. In realtà, dubbi sulla veridicità dell’identificazione tradizionale ci sono sempre stati e molti storiografi hanno ritenuto e continuano a ritenere che il vero ritratto di Mona Lisa non giunse mai in Francia. Lo stesso Vasari, infatti, descrive il  quadro esaltando la peluria delle sopracciglia magnificamente dipinta (ma la Gioconda non ne ha) e le fossette sulle guance della dama (pure assenti).

L’affermazione che il ritratto di Monna Lisa del Giocondo giunse in Francia deriverebbe da un documento del 1525, dove  si menziona per la prima volta “la Joconda” tra alcuni dipinti in possesso di Gian Giacomo Caprotti, detto Salaì, allievo di Leonardo e che seguì il maestro in Francia. Ma, attenzione: esistono con certezza almeno tre copie della Gioconda del Louvre, attribuite ad allievi leonardeschi come il Salaì. Era infatti abitudine dell’allievo, nel cinquecento, di provare a ricopiare i quadri del maestro e, pertanto, l’indicazione del documento citato non è probante.

Di certo, si sa che, il 10 ottobre 1517, il cardinale Luigi d’Aragona e il suo segretario Antonio de Beatis incontrarono Leonardo sulle rive della Loira, presso il castello di Cloux, dove risiedeva, e il maestro mostrò loro i tre quadri che aveva portato seco dall’Italia e che, in parte, stava ancora modificando: la Sant’Anna, il San Giovannino e un ritratto di una dama fiorentina, eseguito dal naturale, su richiesta di Giuliano de’ Medici. Quest’ultimo quadro – cioè la Mona Lisa attualmente esposta al Louvre – quindi, non poteva essere quello commissionato a Leonardo nel 1502-1503 da Francesco del Giocondo.

Secondo lo storico e critico d’arte Roberto Zappieri, a lungo redattore al Dizionario biografico dell’Enciclopedia Treccani, insieme alla moglie, Ingeborg Walter, doveva trattarsi di Pacifica Brandani da Urbino, morta poco dopo aver dato alla luce il futuro cardinale Ippolito de’ Medici, avuto in modo illegittimo nel 1511 proprio da Giuliano de’ Medici, duca di Nemours. Giuliano l’aveva commissionato a Leonardo per darlo al figlio, che non aveva mai conosciuto la madre. Deceduto il committente (1516) prima di averlo potuto  ritirare, Leonardo avrebbe portato l’opera con sé in Francia. Zappieri smentisce pure l’ipotesi che la fiorentina Lisa Gherardini possa essere stata un’amante segreta del Medici, perché quest’ultimo, tra il 1494 e il 1512, era stato bandito da Firenze.

Il fatto che Pacifica Brandani fosse di Urbino e non “una dama fiorentina”, come asserito dal Cardinale d’Aragona, indicando la donna del quadro oggi esposto al Louvre è facilmente spiegabile. Il Cardinale d’Aragona può averlo arbitrariamente supposto dal fatto che il  committente (il Medici) era fiorentino, così come l’asserzione che il dipinto fosse stato eseguito dal naturale. Leonardo, infatti – secondo Zappieri – difficilmente può aver raccontato ai suoi ospiti chi fosse esattamente la donna ritratta, essendo pur sempre, quest’ultima, la madre di un figlio illegittimo.

Recentemente, alcune ulteriori scoperte, supportano clamorosamente l’ipotesi del Zappieri circa l’origine urbinate della dama ritratta nel quadro più famoso del mondo. Il professor Carlo Pedretti, tra i maggiori esperti viventi delle opere di Leonardo Da Vinci, nonché professore emerito di Storia dell’arte italiana e titolare della cattedra di studi su Leonardo all’Università di Los Angeles, ha presentato uno studio di Rosetta Borchia, pittrice e fotografa, e di Olivia Nesci, geomorfologa, le quali ritengono che i paesaggi raffigurati nel dipinto sarebbero quelli del Montefeltro, nell’antico Ducato di Urbino. Sarebbero infatti riconoscibili il fiume Marecchia e il massiccio del Fumaiolo oltre che tutta una serie di luoghi ben precisi.

Borchia e Nesci avrebbero anche ritrovato i disegni preparatori dello sfondo del celebre quadro –  un vero e proprio “Codice Da Vinci” – e affermano che il genio del Rinascimento abbia utilizzato una tecnica di rappresentazione prospettica tale da poter raffigurare un intero territorio nei soli 53 centimetri di larghezza dell’opera. Le due ricercatrici non hanno dubbi: poiché – probabilmente – Leonardo non aveva mai visto di persona il soggetto da ritrarre (così come il piccolo Medici, cui il quadro era destinato), non poteva che caratterizzare il dipinto raffigurando, sullo sfondo, i luoghi d’origine della donna: il Montefeltro, appunto. Assolutamente geniale!

di Federico Bardanzellu

2 Risposte

  1. Ravecca Massimo

    L’ipotesi principale riguardo al personaggio ritratto è che sia il ritratto di una signora fiorentina, stranamente non consegnato al committente. […]. Carlo Vecce è arrivato ad affermare che, iniziato il ritratto di Lisa Gherardini a Firenze e lasciatolo a mezzo, Leonardo ne avrebbe mutato il soggetto a Roma terminandolo come ritratto di Isabella Gualandi. […]. C’è chi vi ha visto una donna incinta. Martin Kemp vi scorge un’analogia tra la futura madre e l’acqua sullo sfondo come madre della Terra, chi un ideale di bellezza universale, chi un compendio dell’arte e delle conoscenze di Leonardo:
    Monna Lisa contiene nel suo corpo il mondo, è il paesaggio Ma forse il quadro è anche e contemporaneamente un abile gioco di prestigio, un artificio sofisticato, un complesso trucco pittorico, per raffigurare non una persona vera, ma un volto ideale, un concetto. La stessa luce che pervade il dipinto è artificiale, frutto delle conoscenze di ottica dell’autore: L’illuminazione del volto non corrisponde affatto all’illuminazione naturale di una loggia, che dovrebbe ricevere la maggior parte della luce dal lato aperto verso l’esterno. Nel ritratto, tuttavia, Lisa è illuminata da una fonte di luce situata in alto a sinistra, oltre il margine del quadro e non troppo lontana dalla sua superficie. L’illuminazione del volto, veicolo per eccellenza dell’espressione dell’anima, risulta quindi frutto di un artificio. (F. Zöllner, Leonardo da Vinci, Taschen, 2011, trad. it. B. Baroni, L. Butani, S. Candida, F. Pilli, V. Tipertelli, p. 161). […]:l Mario Alinei (1926) ha sostenuto, basandosi su una sua esperienza personale connessa alla morte di una persona cara, e analizzando la personalità e le opere di Leonardo, che sia il ritratto di una giovane donna morta, con gli occhi ancora aperti.
    Sia il ritratto di una donna incinta, che l’autoritratto al femminile di Leonardo, che l’idea di Alinei contengono temi ricorsivi. Nella prima ipotesi abbiamo un volto nascente dentro un altro, nella seconda un volto ne nasconde un altro, nella terza: La Gioconda è, di fatto, due volte finta: finta in quanto opera d’arte, ma finta anche come morta che si finge viva. […]. Proprio come nel gioco di prestigio, in cui non siamo noi a vedere, ma qualcuno che ci fa vedere ciò che vuole. […]. La Gioconda ci appare, così, come una nuova e straordinaria interpretazione della Medusa che Leonardo disegnò da giovane, […] Una Medusa moderna ed eterna, […], ci fa prima sentire il profumo dell’amore, e poi ci conduce a sfiorare la morte lasciandoci, smarriti, sull’orlo di un abisso. (M. Alinei, Il sorriso della Gioconda, Il Mulino, Bologna, 2006, pp. 122-3).
    Nell’inquietante e suggestiva ipotesi di Mario Alinei, la prima opera andata perduta di Leonardo e collegata con l’ultima. Leonardo per soddisfare l’ipotesi di Alinei potrebbe “semplicemente” aver fatto un ritratto ideale di una giovane donna morta basandosi sulle sue esperienze di anatomista. . Alinei potrebbe aver visto giusto. Le varie teorie non si escludono a vicenda, che siano state avanzate e validamente sostenute è comunque significativo. […] Cfr. ebook/kindle. Leonardo e Michelangelo: vita e opere.. Grazie.

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    • OMG

      …si potrebbe gentilmente sapere perché spammi questo messaggio in qualsiasi pagina in rete dove viene nominato Michelangelo?!

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