La conversione di Huysmans e la necessità di andare controcorrente

Huysmans

Nel 1884 Joris-Karl Huysmans pubblica À Rebours, che tradotto alla lettera significa “al contrario” o “al rovescio”, e che nelle edizioni italiane del romanzo diventa Controcorrente. Controcorrente come la scelta del protagonista di tagliare i ponti con la società parigina per ritirarsi in solitudine nella bicocca di Fontenay; controcorrente come la scelta di Huysmans di scrivere un romanzo che si pone in contrapposizione con la corrente letteraria predominante.

Huysmans e il Naturalismo

Era l’epoca del Naturalismo; l’autore stesso era un naturalista prima che questo romanzo gli spalancasse le porte del decadentismo, e successivamente dello spiritualismo.  Era vicino alla cosiddetta «banda Zola». Con essa condivideva soprattutto il disagio nei confronti della promiscuità e della perdita d’identità che caratterizzavano la città moderna post Rivoluzione Industriale. Tuttavia Huysmans riteneva che la corrente naturalistica avesse un grande limite: «ammetteva a malincuore l’eccezione e si limitava perciò a ritrarre la vita di tutti i giorni sforzandosi, col pretesto di riprodurre il vero, di creare personaggi quanto possibile somiglianti al tipo medio dell’umanità».

Ma l’eccezione fa parte del vero, così a un certo punto Huysmans dà vita al duca Giovanni Des Esseintes, che è tutto tranne un uomo medio. Ultimo discendente della sua nobile stirpe, ha un’intelligenza e una sensibilità eccezionali; purtroppo il suo inguaribile pessimismo ne fa un tipo isolato, refrattario a ogni forma di socializzazione e ostile a qualsiasi forma di mediocrità. Considera i parenti aristocratici delle vecchie mummie noiose, i giovani della sua età o dei «bellimbusti di scarsa intelligenza» o degli ipocriti, gli uomini di lettere capaci solo di chiacchiere piatte.  Tutti soggetti convenzionali con cui non può trovare punti d’incontro perché lui riesce solo a nuotare controcorrente

La nevrosi e il fallimento del pessimismo

L’insofferenza nei confronti di chi gli è incompatibile trasforma Des Esseintes in un misantropo, che trova il suo posto ideale solo in una bicocca isolata da allestire e abitare secondo i suoi desideri. La biblioteca, la cura maniacale dell’arredamento, la tartaruga con le pietre incastonate nel guscio, i profumi, le opere d’arte… Tutto concorre al trionfo di una bellezza da godere in piena solitudine. Ma la solitudine può essere dannosa per una mente inquieta. Come la sua defunta madre, Des Esseintes è affetto da nevrosi per questo a un certo punto il medico gli impone di tornare in società, uscire, distrarsi. 

La notizia sconvolge gli equilibri di Des Esseintes, che improvvisamente si ritrova di nuovo fuori posto. Con il ritorno in società la vita costruita secondo l’ottica pessimistica non è più praticabile. Restano solo due alternative: l’anarchia o la conversione religiosa. Il protagonista tenta la seconda strada, ma per abbracciarla dovrebbe abbandonare i suoi dubbi e lasciarsi andare alla corrente cristiana. Non ci riesce e il romanzo si chiude all’insegna della sconfitta: «Signore, abbiate pietà del cristiano che dubita, dell’incredulo che vorrebbe credere, del forzato alla vita che s’imbarca da solo nella notte, sotto un cielo che non rischiaran più i consolanti fari dell’antica speranza!».

La conversione di Huysmans 

La stessa sfida si presenta a Huysmans, ma a differenza del suo personaggio egli realizzerà con successo la sua conversione. Dopo l’uscita del romanzo in un articolo pubblicato sul Constitutionnel, Barbey d’Aurevilly scrive: «Dopo un libro come questo [À Rebours], al suo autore non resta più che scegliere tra la bocca d’una pistola e i piedi della croce». Evidentemente il critico intuisce già che l’opera rappresenta un punto di non ritorno per chi l’ha scritta, e che tra i suoi ingredienti c’è già il seme della conversione. Un seme sfuggito inconsapevolmente a Huysmans durante la stesura, i cui germogli si vedranno solo otto anni dopo, durante un ritiro spirituale nella tappa d’Igny.

Vent’anni dopo in una nuova prefazione all’opera l’autore scriverà:«L’orientarsi così chiaro, così netto di À Rebours verso il cattolicesimo, mi resta, confesso, incomprensibile. […] Mai fui religioso in gioventù. […] quando scrivevo À Rebours non mettevo mai piede in una chiesa, non conoscevo un solo cattolico militante, non un prete. Nulla mi spingeva verso la Chiesa; […] Quasi otto anni trascorsero prima che le sementi di questo libro germogliassero». Ma si sa, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo e nella vita di  Huysmans quell’imprevisto è proprio la sua opera più grande.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay 

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