La Cassazione condanna l’icona dell’antimafia Saverio Masi

Nuova udienza del processo per la trattativa Stato-mafia a PalermoIl presidente della Quinta sezione penale di Roma ha condannato il Maresciallo Saverio Masi (capo scorta del giudice Antonio Di Matteo) in via definitiva a una pena di sei mesi, per falso materiale e truffa ai danni dello Stato, rigettando il ricorso dell’avvocato Giorgio Carta.

Ecco cosa si legge nel dispositivo della sentenza: “La corte suprema di Cassazione, Quinta Sezione all’udienza Pubblica Udienza del 24/04/2015 ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso numero registro generale 2014-012777-00 proposto da: Masi Saverio avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo, numero registro 2011-003908 in data 08/10/2013. In grado di appello dell’altra del giudice udienza preliminare di Palermo numero registro 2008-012032 in data 17/05/2011. La Corte suddetta: rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali”.

L’esito della sentenza era previsto per lunedì 27 aprile, ma fin dalle prime ore del 26 si era diffusa la notizia della sentenza, sebbene non ancora comunicata in via ufficiale al legale stesso.

Il Maresciallo non rischia di finire dietro le sbarre, tuttavia “l’Arma può decidere in via discrezionale si degradarlo o radiarlo” aveva spiegato l’avvocato Carta nei giorni scorsi.

Ma i guai per l’eroico carabiniere non finiscono qui. Il 19 gennaio, Masi, il collega Salvatore Fiducia  e lo stesso legale, erano stati denunciati presso la Procura di Roma per diffamazione dagli ex vertici del nucleo operativo di Palermo: Giammarco Sottili, Michele Miulli, Fabio Ottaviano e Stefano Sancricca. La denuncia era arrivata a seguito di una conferenza stampa presso lo studio romano del legale.

In quella occasione, avevano accusato gli ex vertici del carabiniere di aver ostacolato le indagini che avrebbero portato all’arresto di Provenzano (catturato nel 2006) e il latitante Matteo Messina Denaro.

La denuncia si era poi estesa ad otto giornalisti, tra cui Santoro, Padellaro e Ruotolo che avevano diffuso la notizia.

Ben presto la fiamma aveva acceso una “guerra” tra le due Procure: quella di Palermo e quella di Roma. I primi avevano eccepito l’incompetenza a indagare da parte di quella capitolina, ma alla fine la Cassazione ha dato ragione alla Procura diretta da Pignatone.  Il mistero si infittisce.

Pare che la procura di Bari abbia chiesto il rinvio a giudizio per diffamazione nei confronti di Masi, accogliendo l’accusa dei superiori, mentre ancora a Palermo il fascicolo è aperto.

Adesso c’è da chiedersi cosa succederà nei prossimi giorni e soprattutto che ne sarà della sua preziosa testimonianza di Masi in merito al processo sulla Trattativa Stato/Mafia.

Intanto a migliaia si sono schierati a fianco del Maresciallo, considerato una vera e propria “icona” dell’antimafia per esprimere piena solidarietà.

di Simona Mazza

Foto LaPresse

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