Islamismo e Califfato verso nuovi assetti geopolitici Iraq, Siria e Iran. La guerra continua

carta geo2La presa di Mosul da parte delle milizie dell’ISIS o ISIL ( Islamic State in Iraq and Levant è più preciso rispetto ad Islamic State of Iraq and Syria) apre scenari sempre  più complessi nelle aree del Medio Oriente.  

Chi da tempo parla di “primavera Jhadista” ha colpito nel segno. Dopo le catastrofiche  guerre portate dagli USA in Iraq e Afganistan, ne hanno beneficiato islamisti estremi, che sembrano puntare alla costruzione di uno Stato Islamico dell’Iraq e Grande Siria (ISIS), una sorta di Califfato.

Da un anno a questa parte le milizie dell’ISIS,  hanno conquistato ampi territori, che comprendono  parte orientale della Siria e la parte occidentale e settentrionale dell’Iraq.

Secondo le fonti di analisti, dopo quattro giorni di combattimenti, le forze di sicurezza irachene hanno abbandonato i loro posti a Mosul e miliziani ISIS ha conquistato basi militari, banche e uffici governativi. I jihadisti hanno sequestrato enormi depositi di armi, munizioni e veicoli, apparentemente tra cui sei elicotteri Black Hawk e 500 miliardi di dinari ($ 430ml) in contanti appena stampati.

Negli ultimi sei mesi ISIS ha catturato e tenuto Falluja, una delle città dove più dura fu la resistenza delle truppe fedeli a Saddam, a meno di un’ora di auto a ovest di Baghdad; ripreso parte di Ramadi, capitale della provincia di Anbar; e ha combattuto per Samarra, una città a nord di Baghdad, che vanta uno dei santuari più sacri dell’Islam sciita. Praticamente ogni giorno i suoi combattenti partono bombe a Baghdad, per mantenere le persone in uno stato di terrore.

La velocità e la forza dell’avanzata dell’ISIS è confermata dal fatto che sacche di resistenza sunnite che hanno continuato a combattere gli americani  dopo il 2003 continuano a combattere contro il contro il regime sciita di Nuri al-Maliki.

Secondo fonti di intelligence, ISIS può contare di almeno  6.000 combattenti in Iraq e 3.000-5.000 in Siria, tra cui forse 3.000 stranieri; quasi un migliaio sono segnalati provenienti dalla  Cecenia e, molti provenienti dalla Francia, Gran Bretagna ed altri Paesi Europei.

Al comando c’è Abu Bakr al-Baghdadi, uno jihadista iracheno, definito il nuovo Osama Bin Laden su cui pende una taglia di 10 Milioni di dollari da parte degli USA. Poco si sa di lui, ma si ritiene che è nato a Samarra, a nord di Baghdad, nel 1971, si dice che fosse un professore di educazione, membro dei Tribunali della Sharia, in cui dimostrò particolare crudeltà  soprattutto nei confronti dei sospettati di essere nemici dell’Iraq e legati ad altre fazioni. Dopo l’invasione guidata dagli Usa del 2003 si unì alla rivolta scoppiata in Iraq.

Nel 2010 è emerso come il leader di al-Qaeda in Iraq, uno dei gruppi che più tardi si è trasformato in ISIS.  Baghdadi è considerato come un comandante di battaglia e tattico, che gli analisti dicono rende l’ISIS per i giovani jihadisti più attraente di al-Qaeda, che è guidata da Ayman al-Zawahiri, un teologo islamico.

Ha partecipato alla rivolta in Siria contro Assad, e invece di combattere semplicemente come un ramo di al-Qaeda (“la base” in arabo), come ha fatto prima del 2011, l’ISIS sembra essersi staccato da Al Quaeda,  mirando ad un controllo del  il territorio, con l’idea di costituire un proprio sistema di giustizia,  imponendo il proprio codice morale strettamente legato alla religione.

In altre parole, si sta creando un proto-stato sul territorio governato a cavallo di confine tra Siria e Iraq. “Questa è una nuova strategia, più pericolosa dal 2011”, dice Hassan Abu Haniyeh, un esperto giordano sui movimenti jihadisti. Se ISIS riesce a mantenere il suo controllo in Iraq, controllerà un’area delle dimensioni della Giordania con all’incirca la stessa popolazione (6m o giù di lì), che si estende 500 chilometri dalle campagne da est di Aleppo in Siria, fino all’IRAQ occidentale.

Ovviamente si stanno attivando le diplomazie occidentali soprattutto quella statunitense che continua a muoversi come un elefante in una cristalleria. Si ipotizza addirittura un accordo tattico con degli USA con l’Iran per contrastare le milizie dell’ISIS.

Come si sa il Presidente degli Stati Uniti Obama è alla fine del suo mandato, un’anatra zoppa “lame duck”, e quindi può muoversi relativamente senza un appoggio completo del Congresso, e quindi la situazione potrebbe sfuggire di mano.

Il problema è che un ruolo importante continuano a giocarlo l’Arabia Saudita, il Kuwait, L’Oman che sono sponsor delle varie fazioni.

A questo punto gli sciiti iraniani hanno deciso di intervenire inviando gruppi di pasaradan (guardiani della rivoluzione) per salvaguardare i luoghi sacri degli sciiti e quindi combattere contro l’ISIS.

Sembra strano a dirsi, ma gli interessi degli USA, decisi a salvaguardare le fonti di approvvigionamento petrolifero dell’IRAQ che, dopo la seconda Guerra del Golfo hanno avuto una forte riduzione ed attualmente sono in fase di ripresa, finiscono per convergere con quelli dell’IRAN.

Come potrebbe avvenire questa collaborazione? Secondo fonti di intelligence con l’utilizzo da parte Usa dei droni, mentre a terra il problema sarebbe affrontato tra truppe iraniane o a milizie collegate.

Il problema come si è evidenziato prima in Afghanistan con i Talebani, in Libia per la caduta di Gheddafi, e poi in Siria contro Assad che finanziare queste milizie è molto rischioso perché sono sempre più difficili da controllare.

La Russia nel frattempo ha stabilito il suo potere in Crimea e sta giocandosi la carta Ucraina. Tutti paesi geopoliticamente coinvolti nell’area.  Non è chiaro la strategia dell’Unione Europea, che sembra seguire da lontano gli eventi, ma soprattutto quello della Cina. Senza contare il ruolo dei Curdi e quello della Turchia che sono direttamente interessati agli equilibri della regione.

Tutto in evoluzione quindi solo che nel frattempo, il numero dei morti tra i civili aumenta vertiginosamente. Ma non importa sono “vittime collaterali “.

di Gianfranco Marullo

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