Intervista al clarinettista Domenico Calia: Un talento Made in italy

calia

Quando ascolti Domenico Calia, clarinettista apprezzato dai nomi eccellenti del panorama musicale italiano ed europeo, ti stupisci dal fatto che ogni singola nota possa essere così espressiva. Più lo ascolti più riesci a vedere come forma, colore, vibrato, attacco e dinamica possano essere combinati per produrre delle note così belle!

Quanto è stata importante la musica durante la sua infanzia?

Ho iniziato da bambino, quando avevo 8 anni, avvicinandomi da subito alla musica suonando il clarinetto nella banda musicale di Chiusa Sclafani. I miei maestri, avendo riscontrato in me doti particolari e una fortissima passione per la musica, mi suggerirono di studiare privatamente lo strumento. Iniziai così a seguire a Palermo le lezioni di Vittorio Luna, primo clarinetto nell’Orchestra Sinfonica Siciliana. La musica per la mia crescita è stata molto importante sia a livello culturale sia emotivo. Ogni nota fin da quando ero bambino per me rappresentava qualcosa di importante, aveva un senso speciale, mi dava emozioni e riusciva a fare esprimere le mie sensazioni sia positive che negative. Anche se per me all’ inizio rappresentava solo un gioco, un modo per evadere in un mondo immaginario dove ogni suono rappresentava un colore, un numero, una sfumatura del cielo.

Nessuno è nato come musicista. Ha bisogno di motivazione e influenza per trasformarsi in uno di essi?

Sul fatto che nessuno è nato musicista le do perfettamente ragione, ma le doti naturali affiancate ad uno studio costante ed adeguato fanno raggiungere degli ottimi risultati. Più che motivazione, un musicista cerca di trasmettere delle emozioni forti a chi lo ascolta, rendendoli partecipi in ogni esibizione e cercando un modo che permetta ad ogni ascoltatore, di navigare con la mente in un mondo immaginario del tutto intimo e personale

Perché ha scelto il clarinetto come strumento?Cosa trova di unico in questo strumento? Cosa le piace di questo?

Il clarinetto è stata una scelta un po’ causale. Da piccolo mentre giocavo con i miei compagni di scuola, spesso mi trovavo a passare per la via in cui abitava il mio primo maestro e mi fermavo ad ascoltare, a volte anche per ore. Mi colpiva il suono dolce e delicato.

Il clarinetto è uno strumento affascinante che riesce più di altri  ad avere una vasta gamma sonora; dai suoni impercettibili “microsuoni” a suoni fortissimi. La cosa che mi è sempre piaciuta del Clarinetto è che riesce a calarsi in diversi generi musicali ottenendo sempre degli ottimi risultati; dal classico, al contemporaneo, al jazz, al klezmer…..

Il suo repertorio spazia con grande disinvoltura dalla musica classica a quella contemporanea. Secondo lei lo studio di diversi stili musicali serve ad allargare gli orizzonti mentali? Ovvero, più ci apriamo a tutto tondo, meglio saremo in ogni cosa?

Nasco e mi reputo un esecutore classico. Amo autori come Mozart ma non solo, Verdi, Saint Seans, Weber e tanti altri, ma non nascondo che quando eseguo brani di musica contemporanea mi sento un musicista completo. La scoperta di nuove tecniche e di nuovi effetti è infatti molto stimolante e rende lo studio sempre più interessante. Non so spiegarlo, ma per me è del tutto naturale passare durante un concerto da una sonata dell’800 (molto lineare e con un determinato tipo di suono) ad un pezzo di musica contemporanea dove devi eseguire frullati, glissati, doppi suoni e tanto altro. Secondo me riuscire a suonare diversi repertori cha vanno dall’800 ai giorni nostri serve per crescere per non rimanere ancorati solo al passato, per fare in modo che nessuno dei tuoi spettatori rimanga deluso da un repertorio standard o solo classico o solo contemporaneo; ma dare la possibilità di gustare un’ evoluzione dello strumento dalla sua nascita ai giorni nostri.

Quale genere musicale le è più “affine”?

Non so perfettamente, visto che dalle ultime mie incisioni discografiche la critica è stata molto favorevole sia sui dischi di contemporanea sia sul disco Mozart/Weber. Lascio la preferenza al pubblico che mi segue.

Lei è noto per essere esecutore di tecniche musicali “innovative”. Che rapporto ha con i compositori contemporanei?

Il clarinetto è uno strumento duttile come dicevo poco fa, posso dire che per me è del tutto naturale affrontare il repertorio contemporaneo, da un po’ di anni collaboro con diversi compositori contemporanei e con loro sperimentiamo insieme effetti nuovi. Si usano diverse tecniche nella musica contemporanea, dai glissati al frullato, dal suono rotto al suono ombra, dai suoni multipli ad una sequenza di suoni su un pedale, ma per capire meglio ciò di cui sto parlando consiglio di ascoltare il mio disco di contemporanea “ work for Contemporary Clarinet” edito e distribuito da DaVincs Classic.

Avventurarsi nell’espressività del fare musica trova più soddisfazione nell’insegnamento o sul palco?

Io attualmente faccio entrambi; sono realtà molto diverse con risultati e soddisfazioni pertanto differenti. Per me la musica è un modo per esprimermi. L’ insegnamento è un’ altra cosa. Insegnare ai ragazzi a far musica mi rende un artista completo; spiegare agli altri cosa faccio io ecc.. è importante pure perché spesso anche io apprendo da loro.

Cosa rappresenta una buona performance dal vivo secondo lei? Qual è il suo approccio allo spettacolo sul palco?

Le buone performance sono un dovere dell’artista verso un pubblico che ti ascolta, che è venuto a sentirti, io negli ultimi anni ho un approccio sereno, il pubblico è un stimolo a fare sempre meglio e di più, cercando loro sempre di trasmettere emozioni e sensazioni e portarli verso un mondo immaginario dovuto all’ ascolto.

Cosa significa per lei la parola “interpretazione”?

Interpretazione in musica è una parola molto particolare e importante perché tutti possono suonare e fare musica, ma ognuno da un’impronta del tutto personale, e così ogni esibizione prende forma ed esprime cose diverse.

La musica di ogni genere è ormai accessibile gratuitamente sulla rete. Secondo lei è ancora necessario incidere registrazioni di musica classica? Perché?

Incidere un disco oggi ha un valore diverso rispetto al passato. Qualche anno fa un disco era un’ alta fonte di guadagno per l’ artista, oggi è un pò diverso; molta musica in rete per esempio è uno strumento per l’ artista per lasciare un documento, una testimonianza fisica, tangibile al pari di un libro per uno scrittore. Il disco ci offre la possibilità di scrivere il nostro Romanzo e lasciare parte della nostra storia.

Vero o Falso: Riesce a fare a meno un giorno del clarinetto?

Ad essere sincero no. Se dovesse capitare quel giorno che non posso suonare la vivo male, mi sento giù di morale. La musica non è solo lavoro; e questa è una frase che dico spesso a tutti i ragazzi che si approcciano a questa realtà, musicista si nasce.

Vero o Falso: la gente deve essere educata all’ascolto della musica classica prima di apprezzarla del tutto?

È una delle cose per cui mi batto da sempre. Oggi con la tecnologia e con i mezzi attuali c’è grande disponibilità di musica, ma non abbiamo l’abitudine ad un ascolto attento e consapevole. Il tutto dovrebbe iniziare dalla scuola (uno dei motivi che mi spingono ad insegnare), perché è un vero peccato ascoltare musica e non essere consapevoli di ciò che si sta ascoltando perdendo il massimo piacere che la buona musica sa trasmettere.

Vero o Falso: la musica è stata il suo primo amore?

Si come dicevo prima, mi sono avvicinato alla musica fin da bambino.  Effettivamente è il mio primo amore. Dal mio primo approccio non mi sono mai più allontanato; anche nei periodi bui della mia vita, è stata l’ unica cosa che non mi ha mai tradito ne smentito.

Vero o Falso: ha mai pensato ad una carriera alternativa?

Effettivamente no, mi sono sempre pensato un musicista, nello specifico un clarinettista. I miei desideri si sono quasi tutti realizzati. Fin da piccolo mi vedevo e aspiravo a diventare un orchestrale … un sogno quasi realizzato ma non del tutto esaudito. Oggi non soffro più questa situazione visto che alla fine sto proseguendo con la mia carriera da solista. Un 2019 da incorniciare, che mi vedrà protagonista in diverse formazioni ed orchestre sia italiane che estere. Infatti  mi sposterò dall’Italia verso la Romania, la Repubblica ceca e la Francia, sia da didatta che da solista, collaborando con  grandi Direttori d’orchestra e musicisti che fino a qualche anno fa per me erano solo un sogno.

Conclusioni

C’è qualche consiglio che vorrebbe dare a un clarinettista in erba?

Io ho molti alunni sparsi per l’ Italia a cui cerco non solo di comunicare a livello musicale, ma soprattutto a livello umano. Avvicinarsi alla musica in un epoca cosi difficile, con tantissime possibilità di finire in strade sbagliate, offre la possibilità di allontanarsi da ogni tentazione pericolosa, impegnando il tempo dei ragazzi in attività che offrono un arricchimento formativo della persona.  

Fonte foto: domenicocalia.com

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.