Infibulazione: tante domande, nessuna risposta

donna-africanaIeri, nella regione di Daqahlia, sul delta del Nilo, una bambina di tredici anni è morta a causa di un intervento. Non un intervento qualunque. E’ morta a causa dell’infibulazione. La piccola, si presume sia morta per un eccesso di anestetico. Ed  i genitori, nonostante siano stati loro a decidere per la figlia, non si danno pace. “Non lo avrei mai permesso, se avessi saputo”. Queste le parole di Mohamed Ibrahim, il padre della bambina. Dice di non essere stato aggiornato sui rischi di questo tipo di operazione, anche perché la prima figlia, aveva già fatto la stessa pratica, senza alcun problema. Almeno senza alcun problema evidente ai suoi occhi.

L’infibulazione è una pratica traumatica dalle origini molto antiche, che viene effettuata su bambine e adolescenti, in un’età compresa fra i tre mesi ed i quindici anni. Nata secoli fa nei paesi del Medio Oriente e del nord Africa, viene oggi eseguita prevalentemente nei paesi musulmani, anche se non in tutti. È diffusa in molte zone dell’Africa sub-sahariana, in quasi tutta l’Africa occidentale, nella parte meridionale della penisola araba e in alcune aree del sud-est asiatico e dell’America del Sud. L’infibulazione può essere definita come una procedura interreligiosa, dal momento che non appartiene nello specifico ad una religione, proprio perché è una tradizione diffusa in diversi paesi. L’infibulazione viene eseguita per “donare” purezza alle donne sulle quali viene praticata. Consiste nel togliere il piacere sessuale, attraverso l’asportazione del clitoride e la cucitura quasi totale dell’organo genitale. In questo modo la donna rimarrà pura in eterno. Si, in eterno. Perché dopo ogni gravidanza, che una donna infibulata può, nonostante tutto, avere, verrà nuovamente ricucita.

Dalla nostra “finestra occidentale” è difficile vedere l’infibulazione come un atto di bontà deciso dai genitori, nei confronti delle proprie figlie, per donare loro la purezza. E’ difficile immaginare la felicità delle donne infibulate. Soprattutto è difficile pensare che una pratica così poco tollerabile, sia inferta dalle donne, sulle donne. Eppure l’infibulazione esiste. La tredicenne morta ieri è un caso limite. Ma la domanda è: quante delle donne che subiscono questa pratica vivono normalmente la loro vita? Anche quando restano in vita, quanto è da considerarsi davvero vita, quella di una donna privata del proprio piacere? L’infibulazione miete vittime. Non spetta a noi giudicare. Né tantomeno dare risposte. Ma è lecito porsi delle domande.

di Silvia Trupo

foto: Andrez Cotti

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