Indagine di controllo inglese sul mercato dei cambi: ennesima “tegola” per banche e clienti

valute-672--258x258Se, recandoci al mercato, dobbiamo acquistare della frutta, sappiamo che l’unità di misura, in altre parole la misura campione, che dovremo considerare è il chilogrammo. Secondo quanto abbiamo imparato a scuola e come ci confermano gli attuali “sussidiari”, il chilo è l’unità di misura base della massa nel sistema internazionale di unità di misura; definito come la massa del prototipo internazionale del chilogrammo.

Un particolare cilindro di altezza e diametro pari a 0,039 m., di una lega di platino–iridio depositato presso l’Ufficio internazionale dei pesi e delle misure a Sèvres, in Francia. La conservazione del prototipo internazionale è effettuata con i più rigorosi criteri mentre altri campioni dell’unità di massa, servono, tra le altre, a ricostruire il prototipo internazionale nel malaugurato caso questo dovesse divenire inservibile.

Quello della misura della massa si fonda dunque su un rigoroso approccio di tipo scientifico.

Supponiamo ora di voler acquistare dollari per partire quest’estate per le nostre vacanze negli Stati Uniti d’America ovvero, di voler calcolare quale potrà essere la rata del mutuo che dovremo pagare per l’acquisto della nostra casa.

Come nel precedente ed elementare caso della frutta dovremo fare riferimento a misure campione o unità di misura, ma, in questo caso, il rigore scientifico di cui sopra lascia il campo a complesse metodologie di rilevamento e determinazione in cui il “fattore umano” gioca un ruolo determinante; il “benchmark”, l’unità di misura, anziché rimanere identica e costante nel tempo e comunque vigilata e addirittura protetta, scopriamo che può essere artificialmente e dolosamente modificata.

Succede quindi che il nostro chilo di frutta, per la convenienza del venditore disonesto, potrebbe essere in realtà inferiore di qualche grammo o di qualche decina di grammi a quanto effettivamente pagato in ragione di una pesatura artefatta. Pochi grammi sono effettivamente una quantità difficile da apprezzare immediatamente a occhio nudo o con il solo ausilio dei sensi senza un adeguato strumento di precisione, nel caso di specie una bilancia.

Immaginate che questo comportamento fraudolento sia attuato e ripetuto all’interno di un immenso mercato ortofrutticolo nel quale sono vendute, ogni giorno, migliaia di tonnellate di merce. Questi pochi o pochissimi grammi truffati sono in grado di spostare enormi masse di denaro generando quindi altrettanto imponenti illeciti guadagni.

E’ quanto si teme stia accadendo, ancora una volta, nell’ambito dei mercati finanziari.

L’unità di misura, in questo caso, non è il chilogrammo, ma è un tasso di cambio ovvero il rapporto di conversione tra due divise e la materia prima non è la frutta bensì il denaro; le divise aventi corso legale nei vari paesi, l’euro, il dollaro, lo yen e qualunque altra tra le centinaia in circolazione che possano essere quotate e compravendute.

La Financial Conduct Authority del Regno Unito creata con lo scopo di sorvegliare i mercati e perseguire i crimini finanziari, sta indagando in merito a potenziali manipolazioni riguardanti i 4,7 miliardi di dollari che giornalmente costituiscono il mercato mondiale dei cambi.

È quanto sembrerebbe emergere da un’inchiesta condotta da Bloomberg News, secondo la quale l’indicatore WM/Reuters, una delle principali fonti da cui ricavare i tassi di cambio, ci si passi il paragone, la bilancia sulla quale leggere il peso della merce denaro, potrebbe essere stato manipolato da tempo da parte di una o più banche e/o  da loro traders.

Ecco che ci risiamo, una cosa simile era già accaduta di recente per i tassi d’interesse, in particolare per il tasso Libor (London Interbank Offered Rate), circostanza questa che ha portato le competenti autorità a comminare a carico delle tre banche ritenute responsabili una multa di circa due miliardi e mezzo di dollari per tali manipolazioni. Tra le altre cose, ciò ha creato ulteriori tensioni tra Governo Inglese e quelli degli altri paesi europei. La vigilanza sull’industria finanziaria è stata intensificata e la commissione Europea sta valutando se trasferire le attività di vigilanza da Londra a Parigi con il neanche troppo velato intento di cercare di evitare, per quanto possibile, che sia il lupo o suoi parenti stretti a sorvegliare il gregge.

Fin troppo evidente chi sia a sopportare in ultima istanza l’effetto malefico di tali fraudolente alterazioni delle unità di misura e degli strumenti che servono ad apprezzarle e renderle, tempo per tempo, ufficiali.

Recarsi dal benzinaio – si ritiene che analoghe manipolazioni e conseguenti alterazioni dei prezzi possano riguardare anche altre merci, ad esempio il petrolio -, sottoscrivere un fondo, o prendere denaro a prestito dalla banca, ove ve ne siano ancora di disposte ad esercitare il credito, espone conseguentemente a rischi di continue frodi per di più estremamente complesse da accertare e sanzionare adeguatamente.

Reati del genere, per dimensioni e insidiosità implicita, data la pratica impossibilità a essere scoperti con ordinari mezzi di verifica ed indagine (certamente meno che mai da un singolo individuo), risultano particolarmente odiosi e pericolosi giacché, come si può capire, fiaccano ancora una volta il già stremato consumatore e, in ultima analisi le economie locali e internazionali. Minano la già scarsa fiducia dei consumatori verso i mercati e le istituzioni finanziarie e quelle che dovrebbero esercitare controlli su di esse, ostacolano in ultima analisi scambi e relazioni commerciali.

Parliamo naturalmente di un tema molto delicato, sul quale, per il momento, sono state diffuse solo poche informazioni e, segnatamente, non è stato ancora accertato alcuno specifico reato.  Le indagini si presentano difficili anche perché questo mercato delle divise che vede migliaia di transazioni e sfiora i cinque trilioni di dollari al giorno, non è soggetto allo stesso grado di regolamentazione proprio invece di quelli degli strumenti finanziari scambiati in mercati regolamentati (borse valori e merci) .

Si potrebbe forse, non del tutto a torto, dire che ci si trovi in presenza, nella migliore delle ipotesi, dell’ennesimo “abuso” di potere da parte di alcune banche che eserciterebbero la loro attività in maniera impropria e per finalità delittuose.

Eppure, ancora una volta, il rischio è di generalizzare. Non tutte le banche si comportano alla stessa maniera, non tutti i banchieri sono disonesti. Il problema si crea, però, laddove l’avidità individuale o di alcuni diviene il principale motore dell’impresa.

Troppo spesso e con troppa facilità si tende a spostare verso l’alto, sempre più in alto, l’asticella dei profitti da raggiungere: il budget.  A tali sempre più ambiziosi traguardi, spesso oggettivamente irraggiungibili con mezzi leciti, si legano premi di produzione e guadagni extra, non di rado multipli della componente fissa della retribuzione di managers di grandi banche d’affari e non solo.

Intendiamoci, il principio della compartecipazione agli utili dell’azienda deve essere condiviso nella misura in cui proprietà, dirigenza e dipendenti operano assieme per migliorare la produzione e, conseguentemente, ottimizzare la redditività dell’azienda e del lavoro. In altre parole vi è una condivisione d’impegni tesi a raggiungere un equo profitto, vale a dire quello perseguito rispettando le regole, con mezzi leciti e che non lede o va a discapito degli altrui diritti, a maggior ragione se si tratta di diritti fondamentali.

Ciò che non può e non deve essere accettato o giustificato è il profitto perseguito ad ogni costo, con avidità e sprezzo delle altrui ragioni, raggiunto con la frode o l’inganno o ancora abusando di posizioni e ruoli di privilegio; calpestando senza ritegno alcuno diritti e legittimi interessi, riversando talvolta il maggior danno sulle future generazioni. Non è certamente questo uno di quei, pochi, casi in cui il fine possa giustificare i mezzi usati per raggiungerlo.

Come nello sport anche nella finanza il raggiungimento della performance si ottiene talvolta con mezzi illeciti, che alterano le competizioni e vanno a discapito degli altri concorrenti e del pubblico, sempre pagante, che, ignaro, assiste a una gara truccata. Inconsapevole donatore di sangue a buon mercato.

di Kuro Obi

foto: Il Sole 24 Ore

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