Il viaggio, la coscienza, il paranormale

Niente nasce da niente. L’abilità nasce dall’esercizio, la conoscenza dallo studio, il bambino dai genitori, l’universo dal Big Bang. Non esiste causa senza effetto e non c’è effetto che non conservi dentro di sé la propria causa. Così dall’abilità si deduce la costanza dell’esercizio, dalla conoscenza il percorso di studi, dal bambino le caratteristiche dei genitori, dall’ordine dello spazio siderale gli elementi che hanno costituito l’esplosione originaria.

La letteratura, così come la vita, si regge tutta sul rapporto tra causa e effetto. C’è sempre un evento improvviso che ribalta la situazione e scatena una serie di vicissitudini. Nel dispiegarsi dell’azione il personaggio va incontro a un cambiamento che si svela piano piano, ma che in realtà sta già tutto nella prima reazione all’evento che lo ha scatenato.

La rottura dell’equilibrio iniziale dà luogo a un vero e proprio battesimo del fuoco. Chi ne è soggetto deve raccogliere tutto il suo coraggio e imbarcarsi in un viaggio difficile alla fine del quale si scoprirà trasformato. Può essere una lunga navigazione come quella dell’Ulisse di Omero o una discesa nelle profondità di se stessi come quella dell’Ulisse di Joyce. A questa seconda categoria appartiene sicuramente il viaggio esistenziale che Henry James ci narra in Giro di vite

Influenzato da Joyce e Proust, dalla filosofia di Tein e dalla corrente pragmantica di cui suo fratello William è uno dei maggiori esponenti, James è uno degli intellettuali di fine Ottocento che si misurano con il grande tema del flusso di coscienza. Con Giro di vite dà vita a una ghost story che utilizza il paranormale per far emergere una topografia interiore dell’individuo, fatta di stati d’animo che rendono l’essere umano sempre diverso pur restando sempre lo stesso. 

La vicenda ruota tutta intorno a una giovane istitutrice di cui non viene mai menzionato il nome. Più che essere la protagonista del romanzo lei è il romanzo. Ne è il personaggio principale, la narratrice, perfino lo scenario. Tutta la storia trae origine e si sviluppa nell’ambito del suo stesso flusso di coscienza, che si presenta come un diamante dalle mille sfaccettature. I luoghi e gli altri personaggi non sono altro che la concretizzazione di queste sfaccettature: elementi in cui l’autore scompone gli stati d’animo dell’Io per poter indagare meglio il meccanismo che li tiene insieme.

Il viaggio intrapreso dall’istitutrice dunque è un viaggio interiore, un continuo scivolare tra uno stato di coscienza e l’altro. Figlia di un pastore protestante, appena uscita di collegio viene assunta da un aristocratico per occuparsi dell’educazione dei suoi nipoti. L’incontro con quest’uomo provoca in lei un turbamento profondo. Per la prima volta si trova fuori dal guscio di pudicizia e castità in cui è sempre vissuta. Si misura con l’amore e con una pulsione erotica che va contro il suo codice morale. Le si scatena dentro un dissidio inaspettato che dà vita a un paesaggio interiore popolato da fantasmi.

Il suo lato più razionale è rappresentato da una governante sempre in buona fede ma incapace di guardare oltre le apparenze. La sua innocenza corrotta si incarna nei piccoli Flora e Miles, bambini dall’aspetto angelico e dall’animo ambiguo. Le pulsioni erotiche prendono le sembianze del signor Quint e della signorina Jessel, spettri malefici che attentano alla purezza dei bambini. Tutte queste proiezioni sono coinvolte in un complicato gioco di specchi. Specchi che riflettono lo stesso soggetto da diversi punti di vista e lo scompongono in parti che razionalmente non riescono più a trovare una coerenza. 

Se la ragione non riesce a rimettere insieme i pezzi allora bisogna ricorrere alla sfera dell’occulto. Il paranormale è ciò che porta all’apertura di quello che William James chiamava il terzo occhio. Il sesto senso che capta ciò che la vista e gli altri organi sensoriali non sono in grado di cogliere. Accettare che i fantasmi del signor Quint e della signorina Jessel siano reali è l’unico modo per dare un senso all’intera vicenda, e quindi sostanziare anche stati di coscienza che altrimenti risulterebbero inspiegabili e inaccettabili.

Dunque l’accettazione del paranormale per l’istitutrice non è altro che il superamento di una visione ottusa di sé. Significa avere il coraggio di partire alla scoperta di se stessa anche a costo di scoprisi diversa da quello che credeva. Meno pura, più corrotta, ma anche più vera. Solo passando dal suo lato oscuro potrà arrivare al termine del viaggio che il turbamento amoroso le ha imposto ridefinendo in modo inedito i confini della sua identità.

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