Il teatro nell’anima. “Io, Ludwig van Beethoven” di Corrado D’Elia

Il 19 aprile, in serata unica al teatro TresArtes di Vittuone, Corrado D’Elia, a pochi giorni dal debutto del suo nuovo spettacolo Poesia. La vita, che andrà in scena dal 3 al 13 maggio al teatro Leonardo MTM di Milano, è tornato ad un suo “classico”, Io, Ludwig van Beethoven, spettacolo che porta in palcoscenico da anni e che continua a riscuotere l’apprezzamento di un pubblico entusiasta ed emozionato, come quello che, sempre al Laonardo di Milano, l’ha applaudito dalla fine di dicembre al 14 gennaio 2018.

Ebbi il privilegio di assistere a questo suo splendido monologo nel maggio 2013 al teatro Belli di Roma. In occasione di questa rappresentazione straordinaria mi piace rievocare le impressioni che buttai giù illo tempore, a poche ore dallo spettacolo.

Quando per la prima volta vidi l’olio su tela di Joseph Danhauser, Le mani di Beethoven, eseguito sulla maschera mortuaria, pensai che quel pittore non avrebbe potuto dipingere niente di più vivo, poiché quelle erano le mani da cui era sgorgata la sorgente di musica, di luce e tenebra, di urlo, di disperazione e di gioia che amavo tanto. Impossibile anche solo pensare di chiamarle semplicemente mani, capaci com’erano di muoversi sulla tastiera di un pianoforte, di spingersi oltre se stesse, lasciando che l’aria si riempisse di musica in un effluvio di parole non dette, linguaggio dell’anima.

Ecco, l’anima, il fulcro di questa mia breve recensione. Coerentemente con la musica di Beethoven, è proprio all’anima che parla Corrado d’Elia con il suo Io, Ludwig van Beethoven. Spettacolo davvero unico, pregno di emozioni profonde.

La scenografia è ricercatamente minimalista e tuttavia possente nella sua essenzialità, avvolta dalle luci cangianti che interpretano umori, paure, segreti, malinconie, verità ed esplosioni di vita. Uno sgabello centrale e lui, Corrado d’Elia, seduto su quello sgabello, l’Autore, il Regista, l’Attore. La maiuscola non basta a definire la sua bravura, la sua presenza scenica, la forza della sua recitazione. Si conferma ancora una volta grandioso.

L’opera viene descritta come un monologo; in realtà è un dialogo tra due voci che si eguagliano: quella di Corrado e del suo testo e quella della musica di Ludwig che, nella sapiente scelta di brani curata da Andrea Finizio e Monica Serafini, entra ed esce di scena, a volte con delicatezza, altre volte con prepotenza, sempre seguendo il ritmo che d’Elia ha voluto, cercato, amato, oserei dire.

C’è amore, infatti, c’è passione in quest’opera, lo si percepisce immediatamente. Le mani di d’Elia si muovono nell’aria a mimare sonate, direzioni d’orchestra e le sue parole narrano la vita di Beethoven, episodi salienti ch’egli cuce tra loro con lo stesso filo d’oro con cui sono fatti i sentimenti; le percepisci mentre pulsano nello stomaco, nel cuore, lentamente salendo verso le orecchie, le ultime a sentire quel che hai già sentito con tutto te stesso. L’amore impregna ogni cosa: il pubblico, la recitazione, la musica, il testo.

Amore, proprio così; persino nelle parole uscite dalla penna, anzi dalla matita dello stesso Beethoven. Quando le lessi nella biografia scritta da Riezler, che tanto mi piacque, m’erano sembrate belle, commoventi. Poi le ho sentite recitate da d’Elia e ho capito che sono molto di più: hanno la musica dentro, sanno volare oltre le invisibili barriere d’un male infame che gettò Beethoven in un baratro privo di suoni da dove urlava, disperato, la sua maledetta condizione: “Parlate più forte, gridate, perché io sono sordo!”, scrisse in una lettera al fratello.

Poesia, la vita (locandina)

La sordità di Beethoven. Oh, questa malattia che progressivamente gli strappò la gioia dalle viscere, gli tolse la sete di vivere, lo portò verso l’idea della morte! L’ingiustizia del male che colpì Ludwig brucia anche dentro di noi, fruitori del messaggio artistico; noi, pubblico immerso nell’arte; banale pubblico, forse, di fronte a tanta grandiosità. Uomini e donne seduti in un teatro che pur riescono a vivere nel profondo la disperazione lanciata verso un cielo indifferente, sordo anch’esso; sì, sordo di fronte alla sua vita, che, prima di allora, era solo musica e la musica era solo gioia.

Ecco, la gioia. La scandisce, d’Elia, la segue, ne accoglie il ritorno: il suo tono si fa più vivace, più ricco, ne fa cenno seguendo il tintinnare della pioggia nella Pastorale fino ad esplodere nella nona sinfonia, capace di raggiungere il cielo sordo. Sì, con essa Beethoven raggiunse anche il cielo, lanciando nell’aria i suoi pensieri persi nelle vibrazioni, percependo, commosso, quell’applauso muto disegnato da un agitarsi di braccia, selve di rami fruscianti, rigogliosi, nutriti da quella musica, ricchi di fazzoletti bianchi mossi per lui, come delicati fiori al vento.

Le luci, infine, si affievoliscono; in scena come nella vita; lentamente. Accenna alla vecchiaia, d’Elia; al cambiare delle percezioni, dello spazio, del tempo, della bellezza, inafferrabile bellezza. Una mano che trema, l’altra mano che la ferma. Un gesto, una pausa ed il respiro del pubblico si arresta.

La musica segue il filo della malinconia, del ricordo. Poi scende definitivamente il buio; e le luci trovano il pubblico in piedi, ad agitare fazzoletti bianchi per Corrado d’Elia, proprio come era accaduto alla prima dell’Inno alla Gioia; quindi un applauso scrosciante che, come la musica di Beethoven, va ben oltre le mani, perché proviene dall’anima.

Corrado d’Elia non si smentisce mai, nei suoi spettacoli: regala grandi momenti di teatro. Oggi, con lo spettacolo Poesia, la vita, che sta per debuttare al teatro Leonardo di Milano, ha deciso di portare la poesia nella vita delle persone, rendendola cibo per una quotidianità da cui, purtroppo, è sempre più lontana. “Un antidoto alla banalità. Alla volgarità, all’ovvio” si legge nella presentazione dell’opera. Niente di più vero. Conoscendolo, sono certa che Corrado saprà sicuramente coniugare teatro e poesia ad altissimi livelli, proprio come ha fatto con la musica di Beethoven, giocando amabilmente con l’anima, la sua e quella del pubblico.

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.