Il secolo del nuevo tango. Cento anni di Astor Piazzolla

astor piazzolla

Pochi artisti hanno saputo segnare la storia della musica del Novecento come Astor Piazzolla: un segno lasciato non solo nelle sale da concerto o negli studi di registrazione, ma per le strade e nelle piazze, in ogni luogo e occasione dove potesse emergere quella latinità fatta di slancio e lacerazione, di creatività e introspezione.

Stereotipi, forse: resta il fatto che, malgrado gli sforzi dei suoi (numerosi) detrattori, la musica di Piazzolla ha finito per diventare il suono della nuova Argentina – alle cui istanze di novità e apertura, in senso anche sociale e politico, il nuevo tango ha saputo dar forma musicalmente.

“el asesino del Tango”

Per quanto strano possa sembrare ai nostri occhi, il successo di Piazzolla giunse relativamente tardi, specie in Argentina. Nato nel 1921 e trasferitosi poco dopo a New York, allievo di musicisti come Alberto Ginastera e Nadia Boulanger, egli riuscì a rivitalizzare un genere tradizionale unendovi la complessità ritmica, armonica e strumentale della musica colta; facendo questo seppe attirarsi, prima che il plauso delle platee di mezzo mondo, le critiche e il boicottaggio di tutta quella parte di cultura argentina legata a una visione immobilistica delle forme di danza e musica.

Proprio qui risiede il nodo cruciale: il tango è una danza o un genere musicale? 

Pur non escludendo in toto la prima, Piazzolla propende decisamente per la seconda scelta: il nuevo tango(a volte chiamato anche tango nuevo, espressione che tuttavia designa più specificamente un moderno stile di danza) è sì una forma di spettacolo, ma da ascoltare innanzitutto, dotato di una dignità e autonomia pari a quelle della musica colta. Proprio per questo tentativo di  innovazione, colui che è oggi probabilmente il compositore di tango più apprezzato e suonato nel mondo venne a suo tempo definito el asesino del Tango (l’assassino del tango).

Piazzolla e l’Italia

Con Piazzolla il tango, più che un semplice genere, diventa un mondo sonoro da cui far scaturire prospettive e sperimentazioni ogni volta diverse. Nasce così, a partire da una collaborazione con il poeta uruguaiano Horacio Ferrer, il tango-canzone, capace di destare l’interesse non solo del grande pubblico, ma anche di star internazionali.

Nel considerare ciò che lega Astor Piazzolla all’Italia (oltre alle origini toscane della madre), non si possono infatti dimenticare la collaborazione con Mina, che volle registrare con lui il brano Balada para mi muerte, e quella più stabile con Milva, al suo fianco in numerose tournée; ma anche lo stretto legame con Aldo Pagani, suo manager all’apice del successo internazionale, e le colonne sonore per i film di Bellocchio e Rosi – nonché quella, propostagli da Bertolucci ma realizzata solo in parte, per Ultimo Tango a Parigi.

Un classico da riscoprire

Numerose sono le composizioni di Piazzolla divenute celeberrime; tra queste, spiccano probabilmente Libertango e Oblivion, capaci di rivivere in una miriade di arrangiamenti per gli strumenti più vari. Ma tra i brani più significativi possiamo citare anche la toccante Ave Maria (composta proprio per il film Enrico IV di Bellocchio e interpretata per la prima volta da Milva), i quattro affreschi cittadini delle Cuatro Estaciones Porteñas (le Quattro Stagioni di Buenos Aires), e il ciclo Histoire du Tango, per flauto e chitarra, capace di condensare efficacemente la storia del genere in quattro movimenti.

Se la figura di Piazzolla resta indissolubilmente legata al suo bandoneon (e al quintetto con cui amava esibirsi, comprendente anche pianoforte, violino, chitarra e contrabbasso), una delle peculiarità della sua musica è proprio quella di aver saputo esprimersi tramite ogni tipo di strumento – purché dotato di adeguato spessore non tanto tecnico, quanto espressivo.

In questo 2021 italiano (giustamente) dominato dall’anniversario dantesco, può essere bello dedicarsi anche alla scoperta o riscoperta di uno dei classici della musica del nostro tempo, capace come pochi altri di elevare un genere tradizionale a linguaggio universale.

Fonte foto: ilmanifesto.it

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