“Il ritratto di Dorian Gray”: l’artista, l’arte e la bellezza

Dorian Gray

«L’artista è il creatore delle cose belle. Rivelare l’arte e nascondere l’artista è lo scopo dell’arte» afferma Oscar Wilde nella prefazione di Il ritratto di Dorian Gray. Ritroviamo più o meno lo stesso concetto nelle parole che il pittore Basil Hallward pronuncia nel primo capitolo: «ogni ritratto dipinto con sentimento è un ritratto dell’artista non del modello. Il modello è semplicemente l’accidente, l’occasione. Non è lui che viene rivelato dal pittore; è piuttosto il pittore che, sulla tela dipinta, rivela se stesso». Anche se nella prefazione si parla di nascondere l’artista e Basil parla di rivelazione, il concetto-fulcro è sempre che l’opera è una manifestazione profonda dell’essenza del suo creatore; uno specchio che costringe l’artista a scavare in se stesso e a scontrarsi con le proprie pulsioni e fragilità. 

L’arte e l’artista

Nella realizzazione del ritratto di Dorian, Basil si abbandona completamente. «La ragione per cui non voglio esporre questo quadro è che temo di avervi mostrato il segreto della mia anima» afferma serio, un attimo prima che Lord Henry Wotton ridendo gli domandi «E qual è?». Alle forme e ai colori Basil ha mescolato l’inaccettabile ossessione che mina la sua indipendenza. Per questo nonostante le insistenze di Lord Henry Wotton vuole continuare a tenere nascosto il quadro. 

Trattandosi dell’opera-manifesto dell’Estetismo, in Il ritratto di Dorian Gray l’ossessione — e di conseguenza l’arte — non può che essere suscitata dalla bellezza. «Mi girai su un fianco e vidi per la prima volta Dorian Gray. Quando i nostri occhi s’incontrarono, mi sentii impallidire. Fui invaso da uno strano terrore. Sapevo di essermi imbattuto in una personalità così affascinante che, se glielo avessi permesso, avrebbe assorbito tutta la mia natura, e tutta la mia arte. Io non volevo alcuna influenza esteriore nella mia vita. […] Sono sempre stato il padrone di me stesso; almeno lo ero stato sempre, finché non incontrai Dorian Gray». Questo incontro fortuito rappresenta il grande imprevisto di Basil, l’inatteso principio di una crisi personale e artistica. 

Dorian e la nuova arte

«Lui traccia per me, inconsciamente, le linee di una scuola nuova, una scuola che avrà in sé tutta la passione dello spirito romantico, tutta la perfezione dello spirito greco». In Dorian, Basil trova quell’armonia dell’anima e del corpo che fa da contrappeso alla volgarità del realismo e al vuoto dell’idealismo. Un binomio di bellezza e purezza che è quanto di più alto un artista possa trovare nella realtà sensibile. Una combinazione che non si limita al ritratto, ma investe e nobilita tutta l’arte di Basil Hallward. 

Diventa «motivo d’arte», ispirazione «di una maniera nuova»: «Ricordi quel mio paesaggio, per il quale Agnew mi offrì un prezzo così alto, ma dal quale non volli separarmi? È una delle cose migliori che abbia fatto. E sai perché? Perché, mentre lo dipingevo, Dorian Gray mi sedeva accanto. Un misterioso influsso passava da lui a me, e per la prima volta vidi nella semplice boscaglia la meraviglia che avevo sempre cercato, e che sempre mi era sfuggita». Una meraviglia a cui Wilde prepara il terreno fin dall’inizio del libro.

L’eternità della bellezza

Il primo capitolo si apre sullo studio del pittore, dove elemento bucolico e lusso si mescolano per formare una cornice paradisiaca da godere con tutti i sensi. L’«intenso odore delle rose» e la «fragranza di lillà», le «lunghe tende di seta tussorina», la grande finestra da cui entra l’«implacabile mormorio delle api», l’«indistinto mugghio di Londra» simile alla «nota di bordone di un organo lontano»… Lo studio è dunque pervaso da una bellezza prodigiosa che culmina nel ritratto posto al centro della stanza. Basil è completamente assorbito sia dalla bellezza del quadro che da quella del giovane in carne e ossa. Vorrebbe preservare entrambe più a lungo possibile. Ma si sa, la bellezza suscita vanità e la vanità corrompe le anime, soprattutto se appartengono a giovani appena affacciati alla vita che incappano in un dandy cinico e ammaliatore come Lord Henry Wotton.

Basil tenterà di impedire l’incontro tra il Lord e Dorian, ma non ci riuscirà e la decadenza morale del giovane Gray prenderà il via come un processo inarrestabile che lo porterà alla rovina, e poi alla morte. Alla fine di lui resterà solo un «cadavere vizzo, rugoso e ributtante», ma la sua bellezza non andrà perduta. Rimarrà impressa per sempre nel ritratto, che dopo essere divenuto orribile specchio di una profonda corruzione morale, recupera definitivamente il suo aspetto originario e nella tragedia dell’uomo trova il suo lieto fine.  
Foto di StockSnap da Pixabay

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