Il regno di Dio in terra

Regno-di-DioSanto, Santo, Santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria” (Is 6, 3). La Chiesa in preghiera ogni giorno ripete nella Messa questa solenne acclamazione. Sono i versetti che accompagnano una visione di Isaia, nel corso della quale il Signore si manifesta al Profeta per rivelargli la missione da compiere. Dinanzi alla Maestà di Dio, Isaia confessa tutta la sua miseria ed anche il peccato del popolo: “Io sono perduto perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito” (Is 6, 5).

Si presentano subito dinanzi a noi due realtà molto contrastanti tra loro: la maestà e la santità di Dio contrapposte alla peccaminosità dell’uomo. Ed è proprio questo il contesto, antico e sempre nuovo, nel quale si inserisce a pieno titolo la difficile missione di Isaia, quella di annunziare con coraggio ad un popolo peccatore le meraviglie del Signore. Ma la grazia di Dio è sempre stata più grande del peccato dell’uomo. Infatti, un serafino purifica il peccato del profeta toccandogli le labbra con un carbone infuocato: “È scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato” (Is 6, 7). Da questo momento in poi, l’uomo che prima era indegno, ora alla chiamata di Dio risponde: “Eccomi, manda me!” (Is 6, 8). Le letture di questa Domenica sembrano cercare un’analogia tra gli avvenimenti dell’antico e quelli del nuovo Testamento. Infatti, nel Vangelo di questa Domenica è Pietro a parlare (Lc 5, 1-11). La scena si svolge su lago di Genesaret, dopo una pesca miracolosamente abbondante. Anche Pietro, come Isaia, manifesta la sua indegnità, gettandosi alle ginocchia di Gesù: “Signore, allontanati da me perché sono un peccatore” (Lc 5, 8).

Isaia assiste alla manifestazione di Dio nel tempio; Pietro e gli altri discepoli – ed ecco l’analogia – adorano Dio stesso nella persona di Gesù Cristo, sul lago di Genesaret. Se Isaia fu purificato dal fuoco, Pietro è rasserenato dal Maestro che gli dice: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5, 10). Ad Isaia e a Pietro, oggi si unisce anche S. Paolo che nella seconda lettura (1Cor 15, 1-11) ricorda il tempo in cui perseguitava i cristiani. Ma la grazia di Dio è sempre stata più grande del peccato dell’uomo e “Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto” (1 Cor 15, 8). Carissimi, abbiamo meditato la Parola di Dio per irrobustire la consapevolezza che Dio sa entrare nella storia dell’uomo e della Chiesa con la sua grazia rinnovatrice ed oggi Egli vuole entrare anche nella mia storia personale per trasformarla e purificarla. Dalla Parola di Dio abbiamo imparato anche che la nostra personale vocazione si realizza pienamente se viviamo in grazia di Dio e se testimoniamo con autenticità l’amore ricevuto da Dio nel giorno del Battesimo. Perché tutto questo possa realizzarsi convenientemente per la gloria di Dio e per la nostra ed altrui santificazione, ci viene chiesta una maggiore apertura verso Dio e verso i fratelli, uscendo da noi stessi, mortificando il l’egoismo, abbandonando le paure, le difese, le autoreferenzialità per costruire in tal modo rapporti sempre più reciproci, rivolti al bene spirituale e sociale di tutti e di ciascuno. È l’augurio che rivolgo a ciascuno di voi, ma vuole essere anche un serio impegno per interessarci maggiormente della nostra santità e per sforzarci di vivere come Isaia, Pietro, Paolo, i nostri Santi, in modo che la santità personale e comunitaria sappia rivelare a chi ci osserva che il Regno di Dio è presente come il lievito evangelico che va a rinnovare e a trasformare tutta la comunità cristiana.

Dobbiamo sentire in modo sempre più consapevole la necessità di essere “Popolo di Dio” che crede ed ama. Stiamo vivendo l’Anno della fede, un tempo forte durante il quale siamo invitati a sostare per rinfrancarci. Impariamo, perciò, a conoscere le ricchezze inesauribili della nostra fede, attraverso la quale Dio vuole illuminarci e salvarci. Prepariamo i nostri cuori ad accogliere le verità divine eliminando dalla nostra mente ogni tipo di pregiudizio umano. Oggi Gesù ci ha esortato a “prendere il largo”, senza timore e con coraggio. Ci chiede di raggiungere un’intimità fervida con Lui e di condurre altri alla luce della fede attraverso la nostra vita di fede. Tocca a voi, laici, “testimoniare come la fede cristiana costituisca l’unica risposta pienamente valida ai problemi e alle speranze che la vita pone ad ogni uomo e ad ogni società” (esortazione apostolica “Vocazione e Missione dei Laici nella Chiesa e nel Mondo”).

Tutto questo potrà realizzarsi se saprete “superare in voi stessi la frattura tra il Vangelo e la vita, ricomponendo nella quotidiana attività, in famiglia, sul lavoro e nella società, l’unità di una vita che nel Vangelo trova ispirazione e forza per realizzarsi in pienezza” (Christifideles Laici, 34). Così anche noi, come i tre personaggi delle letture bibliche odierne, contribuiremo a diffondere il Vangelo che Dio affida anche al nostro impegno e alla nostra responsabilità. Perché anche noi possiamo contemplare la sua santità, convincerci che Dio è amore che la nostra peccaminosità è stata redenta. Quando questa consapevolezza toccherà le nostre labbra e i nostri cuori, vorrà dire che Dio manda anche noi. Ciascuno in modo diverso, ma manda! 
E a ciascuno dona la grazia. Che questa grazia non sia vana! Allora anche l’Eucaristia troverà pienamente la sua dimensione e il suo reale significato.

di Frà Frisina

foto: parrocchiavernole.org

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