Il referendum che fece storia: 40 anni di divorzio

divorzio unitàSono passati quaranta anni. Era il 12 maggio 1974 e gli italiani per la prima volta nella storia repubblicana votavano per un referendum. Divorzio si o divorzio no.

L’affluenza è di quelle che oggi ci sognamo la notte: vota l’87,7% degli aventi diritto. Vince il no. La legge resta in vigore.

La proposta di referendum era stata avanzata dalla Democrazia Cristiana per abrogare la legge 898/1970, nota anche come legge “Fortuna-Baslini”. A sostegno della DC – e quindi favorevoli alla’abrogazione – si schierarono il Movimento Sociale Italiano, il Südtiroler Volkspartei e il Partito democratico italiano di unità monarchica. A favore del mantenimento della legge comunisti, socialisti, liberali, radicali e repubblicani.

Vinsero i no con uno schiacciante 60% e più di qualcuno disse che l’Italia “ha fatto un passo verso la modernità”. Il risultato fu effettivamente un passo in avanti per una società le cui basi affondavano profondamente nel chiuso nucleo familiare, punto di riferimento della vita dell’individuo.

La legge subì dei cambiamenti nel 1987 quando gli anni di separazione necessari al conseguimento del divorzio passarano da cinque a tre. La disciplina in materia è tuttora in evoluzione, in quanto dal 2012 è in discussione alle camere la proposta di introduzione del cosiddetto “divorzio breve”, che accorcerebbe ad un anno la durata del tempo di separazione.

Il divorzio italiano ha alcune caratteristiche peculiari. Carlo Rimini, ordinario di diritto privato all’Università di Milano, sulle pagine de La Stampa spiega come in Italia il divorzio si basi “sull’accertamento da parte del giudice della assoluta intollerabilità della convivenza”. Il divorzio non si può concedere al consorte, ma può essere richiesto anche unilateralmente e non solo consensualmente come, ad esempio, negli Stati Uniti. Inoltre non rilevano le prove di eventuali adulteri o di colpe di una parte.

Con gli anni, oltre agli istituti giuridici, si sono sviluppati fenomeni sociali piuttosto particolari. Sono nate agenzie di divorce planner, che, previo lauto pagamento, si occupano di tutti gli aspetti dell’addio tra i due coniugi. C’è chi offre i servizi legale, psicologico, immobiliare per la ricerca di una nuova abitazione e addirittura quello di personal trainer per mantenere la forma fisica nel periodo di stress. Insomma dei veri e propri speculatori sulla fine del matrimonio.

Ma in quel lontano 1974 il passo in avanti fu duplice. A distanza di 26 anni dall’entrata in vigore della Costituzione, che all’articolo 75 prevede l’istituto del referdum abrogativo, per la prima volta gli italiani poterono essere partecipi di uno strumento di democrazia diretta che li portava a prendere una posizione netta in merito ad una questione scottante. È vero anche che il peso del referendum è andato poi perso con il tempo, a causa dell’uso eccessivo che la politica ne ha fatto: in quaranta anni hanno avuto luogo 66 consultazioni referendarie e, a posteriori,  forse non tutte erano proprio indispensabili.

di Francesco Galli

foto: raistoria.rai.it.

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