Il patrimonio genetico dei semi al sicuro sotto i ghiacci artici

SvalbardGlobalSeedVault

In parti remote del globo qualcuno tenta di mettere al sicuro il  patrimonio genetico dei semi commestibili, proprio nel momento in cui la FAO lancia l’allarme per la perdita dell’agro-diversità.

La maggior parte dei terreni coltivabili del mondo sono attualmente dedicati alla coltura di tre sole specie di cereali: frumento, mais e riso. Mentre il loro prezzo  subisce continue impennate, a causa delle speculazioni sui futures che avvengono nella borsa di Chicago, quella “dei cereali” per eccellenza, molte specie sarebbero già estinte se non fosse per il lavoro meticoloso di alcuni gruppi di scienziati che lavorano nelle circa cento banche per la conservazione del germoplasma.

Dette più semplicemente banche dei semi, ne esistono in tutto il mondo, compresa l’Italia. Lo scopo è quello della salvaguardia della varietà biologica e i motivi che stanno alla base sono molteplici. Innanzitutto le nostre abitudini alimentari minacciano l’esistenza di molti semi: le leggi del mercato fanno sì, ad esempio, che su circa un migliaio di specie di fagiolo esistenti (chi ha mai sentito parlare del fagiolo del deserto peruviano?), se ne trovino in commercio solo 4 o 5 tipi, quelli ritenuti comunemente più buoni e quindi più venduti. Cosa succederebbe se nessuno coltivasse più le altre 995 specie e se ne perdesse per sempre la conoscenza? I cambiamenti climatici, le carestie, la desertificazione e le inondazioni potrebbero sterminare una particolare varietà di cereale sconosciuta ai più.  Senza tralasciare l’ipotesi più tragica di una guerra nucleare che contamini senza rimedio vaste aree del pianeta.

Argomento controverso, ma che va tenuto in considerazione pro futuro, è anche quello del miglioramento genetico delle colture. Tra qualche decennio semi inutilizzati da tempo potrebbero rivelarsi estremamente utili per essere innestati su colture rese deboli dalle modificazioni dell’ecosistema. Alcune coltivazioni che rischiavano di scomparire dalla faccia della Terra, dopo essere state attaccate da parassiti resistenti a qualsiasi rimedio, sono state salvate proprio grazie all’innesto con specie rese più forti dalla modificazione genetica. Molti di noi penseranno che la Natura debba fare il suo corso, che avrebbero dovuto lasciarle morire. A rendere la questione più complessa c’è però il fatto che magari l’alimento in questione è l’unico in grado di sfamare interi villaggi del terzo mondo. Il caso più famoso è quello delle banane in Uganda -ma succede anche con una varietà di pomodori in Sicilia- : rese sterili da un fungo resistente ai comuni pesticidi, sono state salvate grazie ad una varietà ogm immune dai funghi patogeni, messa a punto grazie ad una collaborazione con l’Universita’ Cattolica di Lueven, in Belgio.

Una delle iniziative più curiose e spettacolari è la Svalbard Global Seed Vault, costruita nel 2006 nelle remote Isole Svalbard, un arcipelago di neve e ghiaccio situato a 1200 chilometri dal Polo Nord. E’ stata finanziata dal governo norvegese ed è nata dalla cooperazione tra le nazioni del Nord, il Fondo mondiale per la diversità delle colture e il Nordic Genetic Resource Center. Portato a termine nel 2008, il bunker penetra per 120 metri all’interno della montagna ed è progettato per resistere ad attacchi terroristici e nucleari, umidità, inondazioni e si trova su un’isola esente da rischio sismico.

La Svalbard Global Seed Vault contiene oltre 10mila campioni di semi e trecento specie provenienti per la maggior parte dal nord Europa, ma anche dal Sudafrica. Ogni anno il patrimonio di questo deposito viene ampliato. Ad oggi le specie di semi commestibili conosciute ammontano all’incirca ad un milione e mezzo. La banca ne può contenere fino a quattro milioni e mezzo e la Norvegia ha destinato una piccola parte del suo bilancio annuale all’acquisto di sementi provenienti da tutto il mondo, per metterle al sicuro sotto la coltre di ghiaccio.

Eleonora Alice Fornara

Foto: kitchencaravan.com

 

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